In tempi di globalizzazione il cinema indiano ha visto crescere notevolmente il proprio successo all'estero e quella che un tempo era un'industria autarchica si è ritrovata a poter contare su un pubblico molto più vasto, tanto che ormai gli incassi internazionali possono cambiare radicalmente gli esiti commerciali di un film (come del resto succede da molto prima coi prodotti hollywoodiani). Oggi Mumbai è una delle Mecche del cinema più famose a livello mondiale, talmente celebrata che adesso le persone quando parlano di Bollywood spesso intendono (erroneamente) il cinema dell'unione indiana nella sua globalità e non esclusivamente quello prodotto nella ex Bombai, ignorando che anche nelle altre regioni si sono formati poli produttivi completamente autonomi che sfornano film di successo con caratteristiche proprie e realizzati da registi o interpretati da star locali che non hanno niente a che vedere con quelli lanciati nella capitale del Maharashtra.
L'Italia da tutte queste problematiche è comunque abbastanza distante, giacché i nostri spettatori nei confronti del cinema indiano tengono quell'atteggiamento ostinatamente distaccato da sempre dimostrato nei confronti delle cinematografie asiatiche. Film da Iran, Hong Kong, Corea del Sud e persino Giappone dalle nostre parti non hanno vita facile a livello distributivo, nonostante l'entusiasmo dei cinefili di tutto il mondo; l'India non ha avuto più fortuna, anzi. Vittima di un pregiudizio intellettuale (e alquanto snob) che ha portato a considerarla una mera fucina di baracconate colorite e stupidotte, fenomeno degno di apparire nella storia del costume più che in quella del cinema (alla faccia dei decenni di successi e della miriade di film sfornati o stelle lanciate), Bollywood nel paese dei cinepanettoni ha sempre avuto una scarsa (per non dire nulla) distribuzione. I contatti “ufficiali” col nostro pubblico si limitano, a conti fatti, a pochissime uscite e alla programmazione televisiva, specie nei mesi estivi (quando il palinsesto è meno affollato), di qualche titolo solitamente mal doppiato e decurtato, per questione di tempi, dei numeri musicali che sono una delle cifre più caratteristiche di quel tipo di produzione (ma si sa che il pubblico televisivo non va tanto per il sottile ed evidentemente quello che guarda i film indiani in tv non fa eccezione). Chi ama il cinema asiatico sa che col tempo la freddezza dei nostri distributori si può smorzare; lo stesso potrebbe succedere per i film indiani, specie se le major americane continueranno a investire in quelle zone (vedi il caso de “Il mio nome è Khan”, uscito pure nei nostri cinema lo scorso autunno). Magari i prodotti di Bollywood da noi non diventeranno dei blockbuster ma forse smetteranno di essere surclassati da quei film indiani indipendenti che arrivano nelle nostre sale grazie al viatico di qualche rassegna importante, mentre in patria faticano ad uscire. Segno che nella società globalizzata c'è ancora posto per qualche eccezione.
Non è un film da festival “Zindagi Na Milegi Dobara” (titolo che più o meno si potrebbe tradurre con “non riavrai indietro la vita”), in queste settimane uscito in India e altri paesi, ottenendo consensi da pubblico e critica. E' un road movie che vede tre giovanotti, amiconi per la pelle ai tempi della scuola, che, alla vigilia del matrimonio di uno di loro, decidono di fare un viaggio in Spagna, sorta di ultima vacanza “da single”. In quei giorni ci sarà modo di confrontarsi (due di loro non si sono parlati per un po' di tempo, causa vecchie ruggini), fare nuovi incontri, risolvere situazioni in sospeso, sfidare i propri limiti (provano sia le immersioni subacquee che il paracadute, affrontando le rispettive paure) e mettersi in discussione neanche poco...insomma, quando si dice: una vacanza che ti cambia la vita!
A dirigere il tutto (e bene) è Zoya Akhtar, una regista al secondo film, che con l'opera prima “Luck by Chance”, dedicata al mondo del cinema, aveva convinto i critici senza però attirare il grande pubblico in sala. Nell'epoca dei trionfi di Kathryn Bigelow, fortunatamente, una ragazza dietro la macchina da presa non si deve più sentire in difetto se decide di lanciarsi in un genere tipicamente “da uomini” e con protagonisti maschili, tanto più se, come la Akhtar, dimostra di avere un buon senso del ritmo, una capacità di girare indiscutibile e una predisposizione verso dialoghi e situazioni non necessariamente risaputi (pur nei limiti delle regole previste dal genere).
Senza sminuire il contributo di Zoya, bisogna riconoscere quello di Farhan Akhtar, fratello della regista, qui impegnato come coprotagonista, cosceneggiatore e coproduttore. Figli del poeta Javed e della sceneggiatrice Honey Irani, Zoya e Farhan hanno respirato aria di cinema sin da piccoli e per questo loro lavoro si sono ispirati fortemente a “Dil Chatta Hai”, un successone del 2001, diretto dallo stesso Farhan (già, avevo dimenticato: è pure un affermato regista!), interpretato dalla megastar Aamir Khan, film capace di intrattenere piacevolmente il pubblico, senza farlo sentire un idiota; così riesce a fare anche “Zindagi Na Milegi Dobara”, come dimostra il successo che sta ottenendo. Forse per qualcuno il ritratto della Spagna che viene fatto sarà fin troppo esotico (dalla Tomatina alla Fiesta di Pamplona non manca niente!), ma pensiamo a quante volte un trattamento simile è stato riservato all'India nelle produzioni occidentali!
Come compagni di avventure in questo viaggio, Farhan ha reclutato il superdivo Hrithik Roshan e il beniamino dei critici (dopo avere interpretato pellicole apprezzatissime come “Oye Lucky! Lucky Oye!” e “Dev.D”) Abhay Deol, quasi a volere ribadire l'intenzione di riunire nel film le diverse anime di un cinema che sa essere di cassetta senza svilirsi o piegarsi più di tanto alle regole di un divertimento stupido. I tre attori insieme, tra l'altro, funzionano benone, sempre credibili, sia nei momenti più prettamente leggeri che in quelli in cui la tensione drammatica cresce (ad esempio l'incontro di Farhan col padre mai conosciuto, interpretato dal grande Naseeruddin Shah, cui bastano davvero pochi minuti sullo schermo per ribadire di essere un attore di rango superiore).
Per quanto riguarda il versante femminile, la superlanciata Katrina Kaif (ex modella di origini britanniche che in India ha trovato, come si sarebbe detto un tempo, l'America) appare nei panni di una simpatica e disinvolta insegnante di immersioni subacquee, grazie alla quale il personaggio di Hrithik non imparerà soltanto a vincere la paura dell'acqua. Anche se probabilmente quando Roshan fa coppia con la splendida Aishwarya Rai la chimica è un'altra, non ci sarebbe da stupirsi se buona parte dei biglietti che sono stati strappati per il film fosse dovuta al piacere di ammirare questa nuova coppia cinematografica. Fantastica, nei panni di una futura sposa con una forte dose di incertezze, Kalki Koechlin, bravissima anche quando non la dirige il marito Anurag Kashyap.
Non si può scrivere di un film bollywoodiano senza menzionarne i numeri musicali. Anche in questo ambito i fratelli Akhtar dimostrano una certa originalità e non mi riferisco soltanto alle forti influenze occidentali nelle canzoni (predilezione che Farhan già aveva dimostrato qualche anno fa col fortunato “Rock On!”) ma anche alla messa in scena, debitrice di un linguaggio che deve più al videoclip che non alle coreografie della tradizione di Mumbai. Anche le poche volte in cui i nostri eroi si lanciano in balletti (e Hrithik si conferma un passo avanti ai suoi pur validi compagni) non manca una buona dose di autoironia, come dimostrano “Senorita” o “Suraj ki Bahoon mein” che passa sui titoli di coda.
Naturalmente, nonostante la fortuna al botteghino, per il momento non si parla di uscite italiane per “Zindagi Na Milegi Dobara”; ma se vi dovessero capitare occasioni di vederlo non lasciatevele sfuggire, perchè col loro fresco film Zoya e Farhan Akhtar ci ricordano che se intrattenere il pubblico è un compito arduo, farlo con intelligenza lo è infinitamente di più.
cast:
Naseeruddin Shah, Kalki Koechlin, Katrina Kaif, Abhay Deol, Hrithik Roshan, Farhan Akhtar
regia:
Zoya Akhtar
durata:
155'
produzione:
Farhan Akhtar
sceneggiatura:
Zoya Akthar, Farhan Akhtar, Reema Kagti
fotografia:
Carlos Catalán
scenografie:
Suzanne Caplan Merwanji
montaggio:
Anand Subaya
costumi:
Arjun Bhasin
musiche:
Shankar Mahadevan, Loy Mendonsa, Ehsaan Noorani