Gli
aficionados non lo ammetteranno mai. L'atmosfera unica e inimitabile delle proiezioni in piazza Grande non consente di fare questo passo. Tuttavia il festival di Locarno, un tempo capace di lanciare cineasti tra i più importanti della storia, non è più in grado di adempiere a questo compito. I film recenti usciti dal canton Ticino ormai raramente sono piacevoli sorprese. E i Pardi d'oro passano via senza lasciare segni tangibili nella memoria (anche perché difficilmente trovano un distributore). Almeno quelli dell'ultima decade.
Il vincitore del 2010 però, sembra di un gradino superiore rispetto ai predecessori, compreso il connazionale trionfatore nel 2009, l'altro cinese "She, A Chinese". Non che manchi dell'autoreferenzialità tipica del film da festival: tuttavia, se non presso il grande pubblico, almeno nel circuito internazionale delle mostre del cinema - un mondo chiuso in se stesso ma da non bistrattare, poiché consente visioni realmente alternative agli spettatori iniziati e un po' di respiro agli autori indipendenti - può tranquillamente farsi strada.
Di un paese un tumultuosa crescita industriale, il regista Li Hongqi sceglie scientemente di raccontare chi non ne è al centro. Il lavoro è oculatamente epurato da questo "Winter Vacation" e tale esclusione concerne personaggi di ogni età: una donna in età da impiego è mostrata mentre fa la spesa (
gag assurda e memorabile), i ragazzini non vanno neanche a scuola, poiché siamo nel mezzo delle loro vacanze invernali (il giorno della ripresa riserverà sorprese, altra sequenza comica da cerchiare in rosso), i due volti che ricorrono maggiormente sono quelli dello "zio", un signore già in pensione, e del suo nipotino "in un certo senso in pensione anche lui" e già in crisi esistenziale (come i suoi coetanei). I due, grazie sopratutto alla capacità del regista di dirigere i bambini, sembrano una consumata coppia uscita da anni di gavetta nel cabaret.
Ma agli occhi dell'autore tutti i personaggi, non solo i menzionati, sono come marionette - immortalate senza un solo movimento di macchina - attrici di una deliziosa commedia dell'assurdo in
stop motion che rimanda più a Elia Suleiman che ad Aki Kaurismaki, e che è davvero inconsueta e originale. Tuttavia, le risate non possono celare la malinconia di fondo dell'opera, popolata da protagonisti in cronica depressione, senz'altro favorita dal gelo del clima stagionale e delle relazioni interpersonali. E dalla desolazione di una grigia periferia confinata ai margini del progresso economico e sociale.
02/10/2010