L'esordio di Paul Dano alla regia, co-sceneggiato con Zoe Kazan, trae spunto dal libro "Incendi", scritto da Richard Ford. Come il romanzo di partenza, "Wildlife" assume il punto di vista di un ragazzo che assiste al disgregarsi della coppia genitoriale.
1960. La vita dei Brinston ricomincia da una città del Montana alla ricerca di una stabilità sociale ed economica, dopo il trasferimento. Mentre il padre Jerry perde il lavoro e la madre Jeanette vorrebbe contribuire al sostentamento della famiglia, il figlio Joe si fa osservatore del disfacimento della relazione domestica dei due.
Il punto di vista di Joe osserva, spesso tacitamente, le inesplicabili decisioni dei genitori, le filtra attraverso un adattamento continuo agli imprevisti che si trova ad affrontare. "Wildlife" comincia come una foto-ricordo e continua come un'osservazione silenziosa (non c'è alcuna voce over) della middle class degli anni Sessanta. Il rapporto uomo-donna si interseca costantemente con i problemi di una città intenta ad arginare gli incendi, un avanzamento distruttivo descritto dal telegiornale come una guerra. E proprio con le vicende belliche della nazione, in un continuo rimando alla Seconda Guerra Mondiale e all'incombente conflitto in Vietnam (i fuochi lo vorrebbero preconizzare così come le figure maschili stravolte al limitare degli incendi), si collegano le riflessioni del microcosmo cittadino: la borghesia flaccida e capitalistica del proprietario dell'autosalone, eroe di guerra, si volge interessata per puro piacere alla classe media arrivista, insinuandosi nelle crepe di uno stravolgimento domestico.
L'irrequietezza degli adulti, divisa tra le scorciatoie di Jerry e la disperazione di Jeanette, si contrappongono al ragazzo protagonista: invece di reagire in maniera ribelle, la presenza di Joe si fa osservante, assistendo alla messa in scena di un ricordo di quest'epoca, sensazione demandata ai suoi lavoretti da fotografo.
Il film di Dano imprime all'immagine un'immediata caratteristica estetica, sicuramente derivata dal realismo americano del Novecento [1]: la prevalente camera fissa, che sembra voler appuntare l'immagine anche quando in movimento (si pensi al montaggio del viaggio in automobile verso i boschi costituito da fugaci ellissi in jump-cut), contribuisce insieme alla lattiginosa fotografia di Diego García a dare un aspetto al ricordo che sfugge alla nostalgia, piuttosto diventa dimensione verosimigliante di un'epoca non da ricostruire quanto da reinterpretare e sondare attraverso gli umori dell'intimità umana.
Ecco perché i momenti di maggiore dolcezza e naturalezza di "Wildlife" si nascondo nelle scene di raccordo, semplici azioni meccaniche come aggiustare un bagno, fare le compere al market o passeggiare tra il caseggiato della periferia.
In questo quadro illusorio americano senza prospettive lo sguardo di Paul Dano diviene uno punto di vista esterno evidente quando insiste sul profilmico, lasciando sospeso per lunghi momenti il fuori campo in cui solitamente si cela un pericolo o una triste rivelazione, oppure ancora facendo uscire i volti degli attori dal quadro. Nella ricerca di un ritmo lento e della parsimoniosa esposizione dell’evento rispetto alla ricerca nella vita quotidiana da parte dei protagonisti, Dano sembra voler evocare il cinema di Yasujiro Ozu.
"Wildlife" è dunque il (foto)ritratto di una rievocazione temporale immersa nei problemi ordinari di un nucleo famigliare generico (l'assonanza ridondante delle iniziali dei loro nomi e il discorso sul valore di questi indica questa pervasiva mancanca di senso); e allo stesso tempo è anche il ricordo di un ragazzo ai cui occhi è difficile spiegare le propulsioni che muovono la vita adulta. Ecco perché il gesto del fotografare, di cui si osservi come il montaggio di Matthew Hannam ("Enemy", "Vox Lux") e Louise Ford sospenda l'ultimo gesto di Joe per qualche secondo prima del cut, serve a catalogare e a raccogliere in prospettiva, stavolta matura, ciò che invece si stava disperdendo negli atti egoistici di una identità famigliare e nazionale instabile.
[1] Norman Rockwell e Edward Hopper tra le suggestioni più evidenti, per arrivare a una eco delle meraviglie ordinarie rappresentate da Andy Warhol con i barattoli di zuppa visibili nel film.
Dano, con il contributo del DOP García, dichiara di essersi ispirato ai lavori fotografici di Steven Shore, paesaggi americani costantemente puntellati da figure umane, e quella di Rinko Kawauchi, interessata all'aspetto emozionale dei soggetti.
(Fonte: Rogerebert.com)
cast:
Ed Oxenbould, Carey Mulligan, Bill Camp, Darryl Cox, Zoe Margaret Colletti
regia:
Paul Dano
titolo originale:
Wildlife
durata:
104'
produzione:
June Pictures, Nine Stories Productions, Sight Unseen Pictures
sceneggiatura:
Paul Dano, Zoe Kazan
fotografia:
Diego García
scenografie:
Akin McKenzie
montaggio:
Matt Hannam, Lou Ford
costumi:
Amanda Ford
musiche:
David Lang