Arriva giusto a fine stagione, per merito della Lucky Red, questa dramedy molto british affettuosamente dedicata a Parigi e ad una certa cultura francese che segna anche la quarta collaborazione fra Roger Michell, regista di titoli apprezzati "Persuasione" e "The Mother" e Hanif Kureishi il romanziere-sceneggiatore che ha firmato alcuni dei più importanti film di Stephen Frears nel periodo della british renaissance, come "My Beautiful Laundrette" e "Sammy e Rosie vanno a letto". Il week-end del titolo è quello che due insegnanti inglesi ultrasessantenni con figli ormai grandi decidono di trascorrere nella capitale sulla Senna per festeggiare il loro trentesimo anniversario di matrimonio. A Parigi erano già andati per la luna di miele; il nuovo viaggio dovrebbe anche servire per rinverdire (almeno un poco) un menage ormai segnato dalla routine. Decisamente saranno giorni diversi dal solito...
Questo lo capisce quasi subito Nick (Jim Broadbent) quando allibito vede la moglie Meg (Lindsay Duncan) lasciare l'albergo che lui aveva prenotato perché non all'altezza delle sue aspettative, per poi ripiegare sulla costosissima suite di un grand hotel (dove ha dormito pure Blair, li informa la receptionist), non è che l'inizio. Nella città dell'amore Nick vorrebbe anche cercare di risvegliare il desiderio della sua signora, la quale però pensa in effetti ad altro. E' stanca di fare l'insegnante, vorrebbe avere più tempo da dedicare alle sue passioni (studiare le lingue, imparare a suonare il piano, andare a ballare). Se lei non vuole più insegnare, il marito sarà costretto a smettere di farlo. A causa di un maldestro commento indirizzato ad una studentessa di colore (richiamo alla "Macchia Umana" di Philip Roth?) ha ricevuto un richiamo formale e ora lo aspetta il prepensionamento. Quindi la suddetta suite e le spese cui Meg si lascia andare sono se non altro esagerate, infatti la carta di credito comincia presto a dare segni di "insubordinazione"... nonostante questo i giorni scorrono divertenti fra una visita ai luoghi storici della ville monumentale (il Sacro Cuore, Père Lachaise), robusti shopping e persino fughe quasi rocambolesche da ristoranti troppo costosi.
Una bella svolta la si ha con l'ingresso in scena di Morgan (Jeff Goldblum), scrittore americano di successo, ed ex compagno di college di Nick a Cambridge, ora parigino d'adozione e felicemente accasato con una ragazza francese in dolce attesa. Per Nick è come trovarsi di fronte ad una persona che è riuscita ad avere tutto quel che a lui manca. Ed è proprio durante una cena a casa di Morgan che il film raggiunge il suo climax. Dopo un duro confronto (Nick ha accusato la sconcertata moglie di avere un amante), i due coniugi, interagendo coi vari ospiti (la moglie di Morgan, il figlio dal primo matrimonio, intellettuali e commensali galanti), ritrovano quel feeling che ormai davano per perso.
Nonostante il film, derivativo ma intelligente, sia infarcito di omaggi al padre della nouvelle vague Godard e al suo cult del 1965 "Bande à part", il cinema di Michell è sempre stato più di dialogo che di immagini e pure la sua Parigi, illuminata da Nathalie Durand (una delle poche donne direttrici della fotografia), è abbastanza di maniera anche se funzionale alla storia. Ad ogni modo la sua regia senza guizzi è ideale nel valorizzare il contributo davvero fondamentale degli attori. Jim Broadbent e Lindsay Duncan, veterani del palcoscenico, oltre che del piccolo e grande schermo, meritavano una particolare attenzione, visto come sono riusciti a rendere così bene i rispettivi personaggi. Lui, premiato a San Sebastian per quest'interpretazione, abbina bene i tempi comici ai semitoni, e fa di Nick una versione medio borghese di alcuni personaggi che ha interpretato con Mike Leigh. Lei, vincitrice del Britsh Independent Film Award, una sorta di mix britannico tra Diane Keaton e Mia Farrow, ci regala una Meg al tempo stesso nervosa e spiritosa, riuscendo a restituirci con credibilità anche le sfumature malinconiche. Ottimo come spalla comica (e non solo) il ben ritrovato Jeff Goldblum che riesce a non far sembrare Mark la parodia di un intellettuale vanesio e poco simpatico.
15/06/2014