Prodotto crossmediale della factory giapponese, nato come romanzo e poi tradotto in un manga e un film live action nel 2016, l’ultima tappa è la trasposizione in lungo animato diretto e sceneggiato dall’esordiente Shinichiro Ushijima. “Voglio mangiare il tuo pancreas” è vittima di questa bulimia produttiva, e, pur arrivando in Italia nell’ultimo dei suoi adattamenti, risulta difficile non considerarlo anche derivazione di un processo di consumo e gradimento del pubblico.
Lui legge Natsume Soseki, dedito unicamente alla lettura e restio a legarsi agli altri per questioni di convenienza personale così da rimanere nascosto; lei crede nei legami amicali, legge unicamente manga e gioca ai videogiochi, ma non fa parola a nessuno della sua malattia terminale al pancreas. La casuale (?) condivisione del segreto di Sakura col suo compagno di liceo, trasporta i due ragazzi nel più classico dei coming of age, giocato fin da subito con la polarità dei caratteri e dei sentimenti. La bipartizione oppositiva gioca con le differenze da svelare e da portare a comunione in un lento processo dialogico tra i due. La malattia, quale perno di attrazione, crea e sana i legami del giovane Shiga con l’ambiente sociale (tema trattato in maniera differente in “La forma della voce”); l’atto idealizzato di mangiare il pancreas diviene una dolce promessa di vivere per sempre l’una nell’altro spostando il focus del rapporto dal legame amoroso a quello dell’alter sostitutivo e completivo. Il finale suggerisce un lascito testamentario, di valori e di volontà da portare a compimento, contrapponendosti all’effimera consistenza della realtà espressa dalla lettura di Shiga, “Il cuore delle cose”.
La scelta di accennare al rapporto fisico ma sempre reprimendone la forma rappresentativa (il sollevamento tra le braccia, gli abbracci, l’aggressione nella stanza di lei), pur sottintendendo un legame che esula dalla pura sessualità, sembra dettato dalla gabbia del pubblico di riferimento del genere josei, solitamente restio a rappresentare anche un semplice bacio. “Voglio mangiare il tuo pancreas” non esce dai dettami visivi e di scrittura dell’animazione giapponese omologandosi e provando a giocarsi la carta vincente del titolo effettistico. Quest’ultima funziona, utilizzando il concetto come chiave di lettura stratificata e anche quale efficace tecnica narrativa posta in apertura come analessi.
L’originalità latita soprattutto quando esonda un didascalismo ripetitivo nella forma dialogica (compresa la voce fuori campo di Shiga) e in quella visiva (il forte richiamo ai ciliegi in fiore come la vita che attende il suo culmine); didascalismo connotato anche dalle scelte di Ushijima nell’abuso del freeze frame, di troppo 2 volte su 3. Proprio nell’aspetto personale d’autore si avverte una mancanza: pur ricercando un tratto che si sottrae alla pesantezza (similmente a “Mirai”) l’animazione è statica, a volte grezza quando esalta il movimento, facendo uscire fuori dai quadri gli elementi in CGI. Ovviamente si possono immaginare le limitazioni produttive ma Ushijima e il suo staff non riescono a nascondere alcune mancanze, preferendo una regia di mestiere, poco feconda. La sensazione è di vedere un lavoro dalle potenzialità latenti, preoccupato di piacere, mostrare ed esplicare, più che mostrarsi e lasciarsi interpretare.
cast:
Lynn , Mahiro Takasugi, Yukiyo Fujii, Yuma Uchida
regia:
Shinichiro Ushijima
titolo originale:
Kimi no suizō wo tabetai
distribuzione:
Nexo Digital, Dynit
durata:
108'
produzione:
Aniplex, Studio VOLN
sceneggiatura:
Shinichiro Ushijima
fotografia:
Mayuko Koike
montaggio:
Yumi Jinguji
musiche:
Hiroko Sebu
Haruki Shiga custodisce il segreto di Sakura Yamauchi: ha una malattia terminale al pancreas. Il ragazzo decide di passare insieme a lei i giorni che le rimangono da vivere.