Siamo in un’isola siciliana, è la fine dell’800. Garibaldi è già passato, l’Italia è fatta e Agnese (Maria Grazia Cucinotta) prega tutto il giorno. Oppure mangia.
Salvatore (Ennio Fantastichini) è il curatolo della laboriosa comunità dove per “laboriosa” si intende che tutti si spaccano la schiena per 12 ore al giorno, sotto il sole, pagati zero e degli incidenti sul lavoro non parliamone neanche.
Tutti, o quasi: Angela (Valeria Solarino) per esempio non fa nulla, vaga da un punto all’altro dell’isola, senza meta né scopo, filosoficamente diciamo, tutta vestita di nero, dai capelli foltissimi alla sottana. Poi, all’improvviso, quaglia una scintilla partita da molto lontano, dall’infanzia: Angela ritrova Sara (Isabella Ragonese), cameriera particolare della baronessa (Lucrezia Lante della Rovere), bionda e tutta vestita di bianco e… cosa fanno? Scappano in città per fare il casting a “Striscia la notizia”? La bionda e la mora? No, si innamorano, tanto non svelo nessun segreto, perché è il messaggio stesso del film: tolleranza! Libertà! Le minoranze!
In sala eravamo in 21: io e dieci coppie di arzilli pensionati piemontesi.
Tutti concentrati a “indovinare” dove poteva mai andare a parare il film. Tanto lo sapevamo: io perché li ho dovuti studiare, loro perché ne erano coetanei, avevamo tutti visto i drammoni di Douglas Sirk, quelli che l’ultima inquadratura è il primo piano di uno stambecco col naso umido che si affaccia alla finestra con le tendine appena scostate della bambina molto malata.
Cioè va a finire a ramengo, col narratore che si spaventa di tanto proclama rivoluzionario (Tolleranza! Libertà! Le minoranze!) e bilancia con la punizione, l’espiazione dei peccati. Non posso aggiungere altro per contratto: non mi pagano anche per non svelare i finali.
Insomma, un film mediocre che si risolleva nella seconda parte grazie alla Solarino (nel complesso capace di reggere un intero film, più nei panni da uomo che in quelli da donna) e a Ennio Fantastichini, un volto realmente verghiano, vale a dire in un chiaroscuro in cui il bianco è bianco e il nero è nero.
Nella prima parte il film sembrava la nazionale dilettanti al completo: completamente sgrammaticato nei tagli di montaggio fatti a stacco così netto che spesso gli attori ne venivano affettati; decisamente mal fotografato e qui apriamo una parentesi: va bene che un modo di distinguere un film televisivo da uno cinematografico è l’uso della sottoesposizione, del buio (e per completare, come diceva Billy Wilder, se vuoi vincere un Oscar basta sfocare un paio di inquadrature).
Però: anche su Wikipedia ti spiegano come piazzare tre luci e creare un effetto visivo. Nel nostro film, a tratti, non si vede completamente nulla, per esempio durante il primo rapporto saffico tra Angela e Sara, all’aperto, alle spalle di un falò acceso. Cosa fanno? Si spostano di lato, si allontanano e non vediamo più né il fuoco né loro. Parliamo della scenografia?
La casa del curatolo, oltre a essere buia (dopotutto è l’antro del mostro), denuncia un decor da resort a 500 euro la notte. Perché è questo il punto: il Realismo è il vintage, una moda.
Due parole sulla sceneggiatura: va bene, la storia è raccontata, lineare, e d’altra parte ci si sono messi in cinque a scriverla, compreso Giacomo Pilati che è l’autore di “Minchia di re”, il romanzo cha fa da pretesto. Certo, quando Angela è costretta a spogliarsi alla visita militare, ci vengono in mente i film di Pierino. Oppure, più avanti, quando Angela dice a Sara, nel letto, che non “riesce a farlo, [l’amore]” noi 11 maschi presenti in sala ci siamo messi a ridere. Ma questo è un problema nostro. Anzi, mio, ché gli altri avranno avuto 80 anni.
Salvo tutti gli attori, che in questo momento sono la cosa migliore di un altrimenti triste autunno italiano: bravissima la Solarino (che 100 anni dopo risorge e diventa “La signorina Effe”) e Isabella Ragonese, docile e determinata allo stesso tempo, già ammirata nel “Nuovo mondo” di Emanuele Crialese (2006, quello sì un bel film, per non parlare di “Respiro”). Di Fantastichini abbiamo già detto, è uno dei pochi in grado di interpretare il buono, il brutto e il cattivo.
S-P-L-E-N-D-I-D-A Lucrezia Lante della Rovere: il suo bacio saffico con Angela è la scena più sensuale di tutto il film che certo non si è risparmiato le nudità.
Chiudiamo come abbiamo iniziato, con Maria Grazia Cucinotta (anche produttrice del film): per tutto il tempo mangia e prega. Come va a finire? Muore scopando. Appunto.
cast:
Ennio Fantastichini, Valeria Solarino, Maria Grazia Cucinotta, Isabella Ragonese
regia:
Donatella Maiorca
distribuzione:
Medusa
durata:
105'
produzione:
Italian dreams Factory
sceneggiatura:
Donatella Maiorca, Giacomo Pilati, Mario Cristiani, Donatella Diamanti, Pina Mandolfo
fotografia:
Roberta Allegrini
scenografie:
Beatrice Scarpato
montaggio:
Marco Spoletini
costumi:
Sabrina Beretta, Lia Francesca Morandini,
musiche:
David Quadroli