La storia è di quelle già masticate e digerite. Un bambino appena trasferitosi con sua madre nel cuore di New York cerca il "riparo dalla tempesta" (come cantano Bob Dylan e Bill Murray nei titoli di coda - "io venivo dal deserto, una creatura senza forma") tentando di allacciare un impervio rapporto con un bisbetico settantenne solitario. Ma dietro alla figura manifesta di un misantropo alcolizzato e iracondo che fuma come una ciminiera, scommette come un ossesso e se la gode con le prostitute, si cela un santo capace di plasmare con audacia la crescita e le insicurezze di un bambino.
"St. Vincent" dell'esordiente Theodore Melfi è una storia di amicizia intergenerazionale sviluppata secondo i canoni più standard della commedia. Catalogato come una delle tante produzioni indipendenti della nuova cinematografia a stelle e strisce e presentato in anteprima al Toronto Film Festival, può contare sull'apporto di grandi attori già affermati nel circuito di Hollywood, tra tutti un bravissimo Bill Murray.
La domanda però sorge spontanea: "St. Vincent" è solo Murray?
Sostanzialmente la risposta è si, perché per quanto si possa cercare di difendere i discreti spunti offerti a sprazzi, il film è unicamente, premeditatamente e superbamente modellato al fine di dare risalto all'eccentrico e talentuoso attore dell'Illinois. Melfi, che oltre ad aver orchestrato dietro alla macchina da presa ha anche scritto la sceneggiatura, ha confezionato un personaggio in puro stile Murray, apparentemente anafettivo e monofacciale ("Broken Flowers"), taciturno ("Lost in Translation") e sbruffone ("S.O.S. fantasmi"). È soprattutto nella seconda parte del film, in seguito a una svolta narrativa cruciale che non sveleremo, che l'attore dimostra di essere uno tra i maggiori interpreti contemporanei, più che un semplice caratterista monotematico.
Ad accompagnare l'ex Ghostbuster l'altra sorpresa positiva, il giovanissimo Jaeden Lieberher, a tratti capace di rubare la scena all'esperto collega, mentre sul versante femminile troviamo Melissa McCarthy (mamma a un passo dal divorzio, impossibilitata a badare al figlio per il sacrificio di mantenere il posto di lavoro) e una provocante Naomi Watts, splendida quarantenne prostituta e spogliarellista di origini russe, per giunta rimasta incinta (una sorta di angelo custode per Vincent che ricambia definendo il suo lavoro "uno dei modi più onesti per sopravvivere").
Puntando quasi unicamente le proprie fiches sul brillante cast artistico, "St. Vincent" risente inevitabilmente di un'impalcatura narrativa scricchiolante e ridondante, prontamente schermata da dialoghi cinici e divertenti che spaziano dal politicamente scorretto alla visione sprezzante e goliardica della fede (il prete interpretato da Chris O'Dowd - "io sono cattolico che è la migliore religione. Davvero, perché abbiamo più regole di tutti e i migliori vestiti"). Un risultato altamente squilibrato che Melfi ha il merito di tenere sotto controllo per l'intera durata della pellicola, donando alla volgare (e grossolana) allegoria formativa del racconto un cuore pulsante che si rivela umile e semplice.
Come si dice, senza infamia ma anche senza lode.
cast:
Bill Murray, Melissa McCarthy, Naomi Watts, Jaeden Lieberher
regia:
Theodore Melfi
distribuzione:
Eagle Pictures
durata:
103'
produzione:
Chernin Entertainment, Crescendo Productions, Goldenlight Films, The Weinstein Company
sceneggiatura:
Theodore Melfi
fotografia:
John Lindley
scenografie:
Inbal Weinberg
montaggio:
Sarah Flack, Peter Teschner
costumi:
Kasia Walicka-Maimone
musiche:
Theodore Shapiro