"30 anni fa un piccolo esperimento televisivo avviò una rivoluzione culturale". Immagini in bianco e nero che sembrano giungere direttamente dall'oltretomba, inquietano, turbano: forse semplicemente perché inedite per i già feriti occhi dello spettatore televisivo italiano, che ha invece meno paura di tutto il resto e finisce con il dare per scontato la volgarità (la stupidità) che ogni giorno assuefà la "cultura" popolare italiana.
Lo sguardo di Erik Gandini galleggia nello stivale italico ponendosi a metà tra cineocchio interno ed esterno: nato e cresciuto in Italia, il quarantaduenne regista vive da tempo in Svezia, disintossicante territorio che dell'Italia ha soltanto un'idea vaga. Conosce il volto di Silvio Berlusconi e le sue eurofiguracce, ma forse ignora molte cose.
E "Videocracy" è il film di un regista italiano che vive all'estero e, tornando qui, è legittimamente indignato.
Il fatto che il film risulti essere destinato a un pubblico prevalentemente non italiano la dice lunga sulla tragicità a cui siamo abituati, all'ineluttabile impasse che attanaglia il Belpaese.
Assistere sul grande schermo alla canzone "Meno male che Silvio c'è" è indubbiamente esperienza esilarante, ma poi dopo ti vien da pensare e vorresti piangere. Poi passa in rassegna Lele Mora che tra una carezza all'altra ai tronisti defilippiani ci offre suonerie mussoliniane direttamente dal suo cellulare.
Perché molte ragazze darebbero la vita anche per un solo giorno da velina? A che scopo fare una fila chilometrica per farsi fotografare con Fabrizio Corona?
Risposte che (parzialmente) fornisce (involontariamente) un giovane operaio veneto, Riccardo, improbabile risposta italica a Jean Claude Van Damme e Ricky Martin, volto comune di aspirante valletto televisivo che continua a chiedersi con sconforto: "perché non ce l'ho ancora fatta?".
Silvio Berlusconi - il Presidente, come lo battezza più volte la voce off dello stesso regista - guarda dall' alto la penisola che ha plasmato a proprio piacimento, e giustmente si chiede: "sono stato bravo, no?".
Cinematograficamente parlando lo sguardo di Gandini sa inquadrare l'ineffabile accoppiata Mora - Corona, come fossero primi attori di un contagioso reality horror, beati tra fiumi di denaro e ville in Costa Smeralda, ma pur non scadendo in un facile territorio militante, espone la sua tesi ripetendosi un po' (il film poteva benissimo durare meno) e a volte si ha l'impressione che il suo sguardo neutro (le malefatte di Berlusconi raccontate sono quelle ormai ben note a noi tutti) si mantenga in superfice senza dire nulla di nuovo, con una narrazione sommaria, non abbastanza coraggiosa.
Resta un documento orrorifico che, oltre a spaventare il popolo di centrosinistra e gli stranieri che ci guardano, donerà ai posteri un quadro comunque niente affatto edificante sul disgusto socio-culturale (?) cui siamo assoggettati.
Non solo Mediaset, ma anche la Rai ha deciso di non trasmettere il trailer di "Videocracy" perché "divulgherebbe un messaggio politico". Episodio che potrebbe essere inserito come appendice e sigillo al documentario, tanto per ribadire da chi siamo governati.
cast:
Erik Gandini
regia:
Erik Gandini
titolo originale:
Videocracy
distribuzione:
Fandango
durata:
85'
produzione:
Atmo AB in coproduzione con Zentropa Entertainment7
fotografia:
Manuel Alberto Claro, Lukas Eisenhauer
montaggio:
Johan Söderberg