Jules Verne da una parte e Dwayne "The Rock" Johnson dall'altra sono entrambi due certezze. Il primo di un'avvincente storia picaresca, di una recitazione sciatta il secondo. A decidere le sorti di questa equazione su cui si regge "Viaggio nell'isola misteriosa" è il deciso intervento del regista Brad Peyton che - se siete fortunati - non ricorderete per "Cani & gatti - la vendetta di Kitty" (2010), suona male e alla prova dei fatti è ancor peggio di quanto possiate immaginare, e che con questo secondo episodio della saga cinematografica di viaggi verso l'impossibile ispirati ai romanzi dello scrittore francese Verne cuoce a fuoco alto nel calderone del suo immaginario un piatto misto dal gusto troppo forte.
Quasi fosse un episodio minore della serie "Lost", quasi ispirata da una turbolenta indigestione stevensoniana, quasi al modo d'una lunga catena di sant'Antonio di informazioni e notizie inanellate che si succedono l'un l'altra arrivando sempre nel momento più opportuno la pellicola procede mandando avanti forzatamente una trama agghindata ad hoc coi belletti della peggior fucina hollywoodiana. Gli effetti sciatti nell'era del cinema digitale risaltano subito anche all'occhio dello spettatore meno smaliziato che provando a concentrarsi sulla storia intrisa d'un esotico che oramai sa di posticcio si trova sperduto in un oceano di cattive trovate (The Rock che con tanto di ukulele alla mano intona "
What a wonderful world" valga da esempio sopra a tutto il resto). Tra i salti mortali che Peyton prova a fare per rendere il tutto intrigante poco resta di intentato, nei risultati poco resta di convincente al di là di quei luccicanti specchietti per le allodole cinematografiche che alla fine dei conti sembrano essere state catturate (240 miliondollari di incassi contro ad un investimento di 80).
Chiamatelo "film per ragazzi" se volete, io dico piuttosto "spazzatura" perché di interessanti lavori dedicati anche ai più giovani ne possiamo trovare in abbondanza anche solo nella passata stagione cinematografica (partendo dalle spielberghiane avventure di
Tintin) mentre ora ci troviamo a fronteggiare il puro male fattosi celluloide nell'incarnazione d'un fastfood cinematografico: siediti e prendi la tua porzione d'avventura in formato famiglia senza dover chiedere e chiederti nulla, senza il bisogno di porre domande, senza nulla più di quello che scorre sulla pellicola. Se la lezione che uno dei grandi del cinema dei nostri giorni vorrebbe regalarci con "
Hugo Cabret" sta nella potenza immaginifica che la settima arte può suscitare tanto da stravolgere la vita di chiunque ora ci troviamo dinanzi alle soglie del cimitero dei sogni. Alla effettiva morte celebrale degli spettatori. R.I.P.
01/03/2012