L'anziana donna entra, a passi incerti, nel cimitero polveroso, in apparenza disabitato se non fosse per alcuni cani randagi distesi sulle lapidi. Dopo aver dato un po' di ristoro a questi animali, la donna si ferma davanti ad una tomba: la pulisce meticolosamente, come in un rituale già ripetuto, e ci si sdraia sopra, in un abbraccio stanco e sofferto.
Questo è l'intenso prologo di "Via Castellana Bandiera", presentato in concorso alla Settantesima Mostra del Cinema di Venezia, che ci catapulta da subito nelle atmosfere sospese e mute che caratterizzeranno tutto il film.
Lasciato per il momento il palco teatrale, Emma Dante sceglie, come prima incursione nel cinema, la sua Palermo e una storia tratta dal suo omonimo libro del 2008, ispirato ad una vera esperienza personale.
Lontano dal fitto barocco delle chiese e dai sontuosi giardini di molte ville palermitane, via Castellana Bandiera è una strada di periferia che assomiglia più ad un budello dove non sembra esistere alcun controllo da parte delle autorità: ogni abitante del quartiere pensa al proprio spazio vitale tralasciando qualsiasi forma di convivenza civile.
Fedele alle tre unità aristoteliche di tempo, luogo e azione, Emma Dante ambienta tutta la storia in questa strada e nell'arco di tre quarti di giornata (incomincerà tutto nel pomeriggio per finire all'alba). L'azione prende vita proprio in questa strada dove si incrociano, per caso, due automobili.
Come nell'episodio di manzoniana memoria in cui Lodovico non vuole cedere il passo ad un nobile che incontra davanti a sé, anche qui le due parti rimangono ferme, muso contro muso, in una snervante e inutile presa di posizione. Nessuna delle due vuole dar ragione all'altra, forte della convinzione di viaggiare nella direzione giusta.
Nella prima macchina è pigiata gran parte della famiglia Calafiore che vive in quella strada. Con il volante stretto tra le mani c'è Samira, che avevamo conosciuto nel prologo (interpretata da Elena Cotta, Coppa Volpi), insieme al rude cognato Saro e al nipote.
Nella seconda, due donne, Rosa e Clara (Emma Dante alla guida e Alba Rohrwacher), che tornano a Palermo per il matrimonio di un amico e, per errore, imboccano la famigerata via Castellana Bandiera.
Uno di fronte all'altro si fronteggiano due mondi molto diversi, due concezioni di intendere la vita agli antipodi: quella delle due giovani donne, intellettuale e legata alla legalità contro quella in cui vige l'arte di arrangiarsi e in cui il proprio interesse è sempre più importante.
Intorno a questo duello si muovono personaggi grotteschi che fanno capo alla famiglia Calafiore, un vero clan che vive di espedienti e di attività che sconfinano spesso e volentieri nell'illegalità. Man mano che si va avanti diventa sempre più palese la diversità tra le due donne e tutta questa gente. Ferme nelle proprie convinzioni, Rosa e Clara reagiscono con incredulità e rassegnazione. I Calafiore invece organizzeranno anche un giro di scommesse tra tutto il rione, puntando su chi sarà il primo ad inserire la retromarcia. C'è chi fa riferimento a storie passate, come ad un gioco già speso altre volte sulla pelle di altri incauti passanti.
Emma Dante parte molto bene, inchiodando l'attenzione dello spettatore di fronte all'assurdità di una situazione che assomiglia, inizialmente, a tante scaramucce metropolitane, passando poi ad un piano più surreale. Questo passaggio è raccontato con toni realistici e in modo molto concreto, quasi fosse un documentario. Nello stesso tempo però l'atmosfera si fa sempre più sospesa, prendendo a prestito alcune suggestioni western (il "duello" tra le due donne al volante è sempre raccontato in silenzio, partendo dal particolare degli occhi allargando poi sul resto del corpo, come faceva Sergio Leone).
Il problema vero del film incomincia, purtroppo, a questo punto: una volta esaurita la carica emozionale dell'incontro/scontro tra le due donne al volante, la storia perde forza narrativa ed inizia a girare a vuoto. Questo è forse dovuto al taglio di diverse parti del libro che raccontavano alcune vicende passate di Rosa e Clara, concentrandosi esclusivamente nell'episodio delle due automobili. Non basta il minuzioso affresco del variegato mondo di via Castellana Bandiera, bisognerà far passare la notte per riprendere quota. All'alba gli animi inquieti troveranno, finalmente, un po' di ragione prima di scivolare in un finale davvero sorprendente che ha il pregio di riscattare i difetti narrativi della parte centrale. Un lungo piano sequenza tutto giocato sul fuori campo che, difficilmente, si può dimenticare.
La chiave di svolta è tutta in questa conclusione dove un quartiere intero si muove, finalmente, fuori dalla strada, rompendo quell'immobilità che aveva costretto così tante vite.
La piccolezza di questa presa di posizione è sottolineata anche dalla stessa scenografia che ci mostra una via Castellana Bandiera che diventa sempre più larga, fino a rendere ridicola la posizione delle due automobili. È l'ennesimo simbolo della stupidità di tante questioni di principio che inquinano i rapporti tra la gente.
È da menzionare, di nuovo, l'ottuagenaria attrice teatrale Elena Cotta che recita senza mai parlare, quasi sempre ripresa a mezzo busto. Unico strumento di comunicazione è lo sguardo e un volto molto espressivo. La sua mimica è da cinema muto, un Buster Keaton vestito da donna siciliana. Quest'ultimo aspetto impreziosisce di sicuro un film con difetti e non perfetto, ma che ha la capacità di dirci che nell'immobilità di via Castellana Bandiera ci viviamo tutti noi, abitanti di un Paese fermo e incapace di comunicare.
cast:
Alba Rohrwacher, Elena Cotta, Emma Dante
regia:
Emma Dante
distribuzione:
Cinecittà Luce
durata:
90'
produzione:
Cinecittà Luce
sceneggiatura:
Emma Dante, Giorgio Vasta
fotografia:
Gherardo Gossi
scenografie:
Emita Frigato
montaggio:
Benni Atria
costumi:
Itala Carroccio