C'era da aspettarselo. Bastava leggere le interviste di Riccardo Scamarcio (dignitoso, nel film; nonostante la faccia non proprio credibile e il profluvio di smorfiette nella prima parte) in cui l'attore cerca a priori di difendere la pellicola dalle accuse che le si potrebbero muovere e di sottolinearne il lato fiabesco. Questo mettere le mani avanti è indicativo: la stessa troupe si rende conto che "Verso l'Eden" non è tra i film più riusciti del mitico regista greco.
Eppure la parabola iniziale, l'Occidente come paradiso terrestre, paese dei balocchi nella mente dell'immigrato, per quanto risaputa non è affatto male, come non è male la prima parte del film. Elias raggiunge a nuoto le coste della Francia e si ritrova nel villaggio turistico Eden, dove va incontro a una vasta gamma di esperienze: scopre che alcuni suoi compagni di avventura sono morti durante la traversata; il suo aspetto affascinante suscita passione omosessuale (da parte di uno dei gestori del villaggio) e eterosessuale (una donna tedesca attempata); conosce il razzismo, che per molti facoltosi avventori è semplicemente un'altra declinazione di uno snobismo classista; deve infine guardarsi da ronde perenni e gendarmi onnipresenti.
Il suo disagio è rappresentato attraverso una serie di metafore fin troppo esplicite: il primo impatto è con una spiaggia di nudisti e anch'egli deve mettersi a nudo; ha studiato il francese per un anno ma si ritrova in mezzo a turisti anglofoni; uno tra i primi lavoretti che trova consiste nello sturamento di un water e, quando un prestigiatore lo sceglie come assistente per un suo numero, finisce ugualmente in un gabinetto gigante. Il grande cinema abita altrove, ma il primo tempo del film, con la sua scelta coraggiosa di limitare i dialoghi a scambi di battute accessorie, con sequenze di discreto impatto visivo (i documenti d'identità che galleggiano sull'acqua) su cui tuttavia il regista non indugia, non è affatto disprezzabile.
I dolori arrivano con l'interminabile seconda parte, quando Elias parte per Parigi, intraprende un viaggio che assomiglia a un road-movie più che a un'Odissea, alla ricerca del mago. Oltre al fatto che i personaggi bizzarri in cui si imbatte, per lo più stranieri, sono solo delle macchiette (si pensi al gruppo di gitani che inevitabilmente si diletta con la musica), il regista non sa trovare coerenza stilistica. Non sa decidersi tra gli ampi movimenti di macchina di certe sequenze e il montaggio più frequente di altre, né il realismo magico, che di tanto in tanto fa capolino e diventa preponderante nel finale, riesce ad assurgere a registro chiaramente dominante. Il risultato è che nessuna scena è memorabile dal lato prettamente cinematografico.
Insomma, se dopo "Cacciatore di teste" ci si aspettava una seconda giovinezza di Costa-Gavras, "Verso l'Eden" delude le aspettative: come nell'epopea di Elias il lieto fine è negato, anche lo spettatore che rimpiange "Z - l'orgia del potere" deve rendersi conto che gli anni d'oro del regista sono alle spalle.
07/03/2009