Da un presunto libercolo
cult arriva quello che i distributori pubblicizzano come "il manuale di sopravvivenza per le donne di oggi". Un po' triste allora che le ideologie propagandate sembrino le stesse degli anni 50 (l'amore è la cosa più importante, gli uomini sono mandrilli che non vogliono impegnarsi seriamente, le donne cercano innanzitutto qualcuno da incastrare col matrimonio). Ma andiamo oltre, e prendiamo la pellicola per quello che è, o ambirebbe essere, ovvero un passatempo usa&getta. Il regista Ken Kwapis, assieme agli scrittori Marc Silverstein e Abby Kohn, tenta di replicare il tono sagace e spavaldo di "
Sex and the city" (tra i cui sceneggiatori figurano proprio Behrendt e Tucillo, autori del libro a cui questo film è ispirato), ma con molta meno audacia (a parte un po' di turpiloquio, la loro pellicola pare già pronta per la prima serata in televisione), e al contempo guarda al cinema nevrotico e romantico di Allen e Nora Ephron (gli inserti semi-documentaristici con persone "comuni" che parlano delle proprie esperienze amorose vengono da "Harry ti presento Sally"), non avvicinandosi tuttavia nemmeno alla gradevolezza del recente "L'amore non va in vacanza".
Inerte e lunghissimo (ah, le commedie di una volta), il film parte con tono leggero per poi svoltare, prevedibilmente, sui binari del sentimentalismo più facilone. Le vicende dei nove personaggi si intrecciano e si sfasciano, un po' macchinosamente, nel corso delle oltre due ore di durata, interessando lo spettatore a corrente alternata. In una Baltimora di plastica, dove tutti sono bellissimi e hanno case da urlo, c'è chi si lascia perché il partner non vuole andare all'altare (Ben Affleck e Jennifer Aniston), chi (Bradley Cooper), nonostante una moglie perfetta e bellissima (Jennifer Connelly) è tentato dalle grazie di una sensuale istruttrice di yoga (Scarlett Johansson), c'è il brutto anatroccolo (Ginnifer Goodwin, che poi così brutta non è, anzi... ma d'altronde siamo ad Hollywood) che dopo tante delusioni trova l'amore nella persona più inaspettata (Justin Long), eccetera eccetera. Il cast è lussuoso ma pare perlopiù annoiato (si salvano, in parte, l'isterica Connelly e la simpatica Goodwin), mancano ritmo e verve, non c'è una sola battuta originale riguardante la battaglia tra i sessi, e l'aria che tira è quella da
sit-com tirata a lucido, in cui si salta stancamente e ripetutamente da un set all'altro.
A chi fosse veramente interessato a scoprire qualcosa di nuovo sul genere femminile e sulla sua (lenta) emancipazione, consigliamo "
Vogliamo anche le rose" della nostra Alina Marazzi.