È stato, a conti fatti, il vero film rivelazione del 2007: girato due anni prima in economie ristrettissime, rifiutato e snobbato dalla produzione mainstream e costretto per questo (cosa non rara purtroppo nel panorama italiano attuale) ad una trafila lunga e continua fatta di festival, rassegne, cineteche e distribuzione sottotono, ha cominciato pian piano a riscuotere successo e a vedere gradualmente incrementata la propria popolarità, anche all'estero.
Col seguente risultato: uscito dal giro dei cineclub (dove pure era circolato alla grande, con prolungamenti in cartellone e richieste sempre maggiori) "Il vento fa il suo giro" è approdato a quello in sala e poi addirittura a traguardi del tutto rispettabili, come le nomination ai Festival di Donatello o altri premi sparsi vinti come miglior opera indipendente.
Quindi, ricapitolando: un film che di certo non merita altra sponsorizzazione, se non quella del "buon lavoro che paga", vale sempre la pena ricordarlo. E mai come in questo caso la regola sembra valida: tanto più se si considera che vista la scarsità di capitali da investire, Diritti e la sua troupe hanno fatto buonissimo viso a cattivo gioco puntando, per esempio, su un cast di attori rigorosamente non professionisti (eccezion fatta, in parte, per Toscan e la Agosti, la coppia di francesi) che li ha ripagati in modo a dir poco eccezionale.
I loro volti, segnati dal lavoro e dalla fatica, la recitazione naturale e per nulla forzata, l'uso del dialetto occitano (diretto discendente della langue d'oc), usato come barriera dietro alla quale nascondersi per proteggere la propria identità culturale, sono le caratteristiche peculiari che rendono tutti questi anonimi abitanti di Cersogno un'entità viva, autonoma, accogliente eppure spietata, capace di "bucare lo schermo" e donarci attimi di sorprendente realismo.
Philippe, il pastore ex-professore rude ma ostinato, Chris, la moglie bella e spaesata (e che prende nettamente la scena nella seconda metà del film), Costanzo il sindaco, figura mediatrice e idealista, pronto ad accogliere la famiglia francese sfidando le diffidenze degli altri concittadini in nome di una tolleranza culturale che riesca a rinnovare un ambiente altrimenti troppo chiuso su se stesso: questi invece i personaggi principali, caratterizzati ed interpretati benissimo.
La sceneggiatura, poi, rivisita e ricontestualizza temi universali come quello dell'"estraneo", della "paura dello straniero", della convivenza e dell'integrazione fra il vecchio ed il nuovo, fra tradizione ed innovazione, fra voglia di "aprirsi" e fermo istinto di difesa del proprio mondo.
Soprattutto, e sfortunatamente, ci dimostra quanto poco basti per spezzare, anche in modo drammatico, il legame fra questi due poli opposti. Causando fratture irreversibili (la ragazzina, emblema delle ultime generazioni, che alla fine decide di andarsene; o quello che succede al "matto del paese", personaggio niente affatto marginale, lo si scoprirà alla fine).
Diritti viene dalla scuola di Olmi, e si vede: il taglio semplice, diretto, realistico col quale sta vicino ai personaggi si alterna in questo caso alle splendide vedute paesaggistiche delle montagne piemontesi, ideale cornice naturale di una storia che ci fa finalmente respirare l'aria buona, pulita e benefica del bel cinema.
26/09/2008