E se un vostro amico vi confidasse di avere 14.000 anni? È questo quanto accade ad un ristretto gruppo di colleghi ed amici riunitisi per salutare la partenza del professore universitario John Oldman (David Lee Smith). L'eterogeneo e scettico gruppo di accademici segue il discorso di John incalzandolo con domande allo scopo di portare alla luce qualche falla nella sua incredibile storia: biologi, archeologi, teologi, psicanalisti analizzano ciascuno dalla propria peculiare prospettiva l'insolita narrazione dando vita ad una sorta di gioco dell'"e se..." che coinvolgerà i partecipanti tanto intellettualmente quanto emotivamente infino ad esiti inaspettati.
Dalla penna esperta di un vecchio Jerome Bixby, noto ai fan della fantascienza per essere stato autore di "Twilight Zone" e di "Star Trek" di cui scrisse anche l'episodio-culto "Mirror, Mirror", esce questo dramma fantascientifico che avrebbe meritato una più generosa produzione. Orchestrato come un copione filmato dal regista Richard Schenkman "L'uomo che venne dalla terra" stupisce ed incolla lo spettatore alla poltrona grazie ad una tensione che affiora principalmente dai dialoghi allo stesso modo in cui avviene ne "La morte e la fanciulla" di Polanski. Il luogo dell'azione è una stanza scheletrica in cui rimane un divano, un camino acceso ed una bottiglia di Johnny Walker, il freddo della notte che avanza si fa sentire e i personaggi si stringono sempre più vicini tra loro indirizzando la situazione drammatica verso la forma di un racconto di mezzanotte in cui i silenzi ambientali si infrangono contro i suoni delle parole dette, piante, sussurrate, esplose in un grido isterico.
Il motore della pellicola è la sospensione dell'incredulità da parte dei personaggi attuata o con autentico trasporto emotivo o per semplice necessità di stare al gioco per vedere dove conduce la storia o, infine, anche come metodico punto di partenza per un'analisi scientifica del fenomeno. In ogni caso i personaggi tutti sono chiamati ad uno sforzo per seguire il loro amico John in una storia lunga 14.000 anni che ridisegnerà la geografia dei rapporti tra di loro: la narrazione che per quanto incredibile diventa sempre più plausibile nel suo svolgersi tiene tanto il gruppo di personaggi quanto gli spettatori incollati grazie alla sua capacita di far pensare e ripensare millenni di credenze ed idee. L'incredulità umana e la sua sospensione, la narrazione e l'aporia del mentitore sono alcune delle tematiche che Bixby mette sullo sfondo per rendere il protagonista John Oldman l'ideale sceneggiatore di una narrazione fantascientifica. Però il cuore vivo de "L'uomo che venne dalla terra" resta il concetto di immortalità, affrontato in modo essenziale e senza fronzoli oltre che con una padronanza borgesiana dell'argomento, fino a diventare catalizzatore di meraviglia e dolore.
Sarà un film duro da digerire per gli intossicati dell'azione perché quasi nulla accade, ma si crea nel dialogo e nel fluire dei ragionamenti mentre una delicata tensione tra i personaggi si spande e dilata le atmosfere, anche grazie all'eccellente sinergia tra gli attori. Dimostrando così che una buona fantascienza non dipende da effetti speciali e dalla quantità di azione quanto dalle domande sollevate "L'uomo che venne dalla terra" è una delle più interessanti pellicole sci-fi del decennio duemila.
cast:
David Lee Smith, Chase Sprague, Steven Littles, Richard Riehle, William Katt, Annika Peterson, Ellen Crawford, John Billingsley, Tony Todd, Robbie Bryan
regia:
Richard Schenkman
titolo originale:
The Man from Earth
distribuzione:
Falling Sky Entertainment
durata:
87'
produzione:
Richard Schenkman, Eric D. Wilkinson
sceneggiatura:
Jerome Bixby
fotografia:
Afshin Shahidi
scenografie:
Priscilla Elliott
montaggio:
Neil Grieve
costumi:
Jill Kliber
musiche:
Mark Hinton Stewart