Ondacinema

recensione di Mirko Salvini
7.0/10

Malgorzata Szumowska, regista nata a Cracovia nel 1973, ha dichiarato che ama realizzare film su quello che non le piace della Polonia odierna. La cosa non sorprenderà chi in questi giorni andrà a vedere "Un'altra vita – Mug", il dramma satirico presentato e premiato alla Berlinale 2018 (il festival tedesco porta bene a questa autrice, visto che le tre volte che vi ha partecipato, per l'esattezza con "In the name of..." nel 2013, con "Body" nel 2015 e appunto lo scorso anno con "Twarz", è sempre tornata a casa con riconoscimenti importanti). Infatti il film, distribuito nelle nostre sale dalla Movies Inspired, ci offre un ritratto a dir poco al vetriolo della società polacca, descritta come ipocrita e bigotta, con persone disposte a spendere cifre ingenti per finanziare la costruzione di gigantesche raffigurazioni cristologiche ma anche a scannarsi per mettere le mani sull'ultimo modello di televisore a schermo piatto (vedere per credere la sequenza iniziale).

Il volto cui fa riferimento il titolo originale è quello di Jacek (interpretato da Mateusz Kosciukiewicz, anche compagno della Szumowska), soprannominato Gesù, giovane capellone appassionato di musica rock che vive in un paesino di provincia e lavora come operaio alla costruzione della statua di cui sopra (la regista si è ispirata al colossale e controverso monumento eretto nel 2010 a Swiebodzin, nella Polonia occidentale, che ha strappato al Cristo Redentore di Rio de Janeiro il primato mondiale per l’altezza mai raggiunta da una statua del genere). Scavezzacollo ma in fin dei conti bravo ragazzo, Jacek, nonostante il consiglio della sorella Iwona di andarsene a cercare fortuna altrove, ha poche ambizioni, a parte lavorare, sposare la spavalda fidanzata Dogmara e magari far felice la madre che non vede l’ora di avere nuovi nipotini.  

Le cose cambiano per il protagonista dopo che rimane coinvolto in un drammatico incidente sul lavoro (cade infatti all'interno nel pozzo della statua ancora in costruzione). Sopravvive, ma il suo volto è talmente sfigurato da rendere necessario un trapianto facciale. Siccome l'operazione non è mai stata tentata prima in Polonia, i risultati, seppur soddisfacenti per i medici, sono ben lontani da quelli che tanto cinema di finzione ci ha negli anni abituato a credere possibili. Il volto di Jacek è completamente trasfigurato e, nonostante la riabilitazione, ha difficoltà notevoli ad esprimersi con la parola. Con questa nuova identità torna a casa, ma la piccola comunità dove vive non lo accoglie propriamente a braccia aperte. A parte la sorella, i familiari sono molto freddi, compresa la madre, gli amici spariscono (tranne alcuni avventori del negozio dove si comprano alcolici, proprio coloro che lo avevano soprannominato Gesù) e l'amata Dogmara non vuole più saperne di un fidanzato ormai diventato un freak. Il film si concentra su questo aspetto, quasi a suggerire che il cambiamento di atteggiamento della ragazza in qualche modo simboleggi una società in cui i sentimenti non possono che essere superficiali. All’inizio Jacek e Dogmara sono ripresi mentre ballano, si fanno fotografare insieme, si scambiano effusioni, promesse d'amore e si lanciano anche in atteggiamenti provocatori verso gli abitanti del villaggio, una grande complicità evidentemente solo apparente perché nella seconda parte viene velocemente cancellata dalla disgrazia accorsa al protagonista. La Szumoswka si sarà certo divertita a richiamare certe storia d'amore della tradizione del cinema proletario, ma poi spiazza lo spettatore cambiando completamente il destino dei due innamorati (lui continuerà a rimpiangerla, lei cercherà di dimenticarlo, forse senza riuscirci del tutto). Ma "Un'altra vita – Mug", opera che nonostante l’amarezza dell’assunto (giusto un po’ stemperato dal finale aperto alla speranza) riesce a conquistare l’attenzione dello spettatore senza problemi, non se la prende tanto con la voltagabbana Dogmara, quanto con una società che nega qualsiasi aiuto  (sussidio di invalidità e medicinali salvavita) ad una persona nelle condizioni di Jacek, e con una chiesa che riesce ad assicurare finanziamenti ingenti per costruire monumenti megalomani ma che destina solo pochi spiccioli a chi ha davvero bisogno (in compenso sono pronti a sottoporre un invalido ad un esorcismo solo perché i parenti sostengono di non riconoscerlo più).

Su queste superficialità, ottusità e ristrettezza di vedute la regista insiste molto, come si nota dalla scelta (il direttore della fotografia Michal Englert è anche co-sceneggiatore) di rendere per la maggior parte del tempo opache e fuori fuoco varie porzioni dell’immagine (da notare bene, indipendentemente dalla profondità di campo); soluzione che può lasciare perplessi, ma evidentemente utile per suggerire la difficoltà di avere uno sguardo chiaro e consapevole da parte di persone e istituzioni chiuse e razziste (commenti e barzellette su ebrei e musulmani si sprecano) per le quali certi valori rimangono una facciata (la critica ai paesi dove è prevista l'eutanasia fatta dagli stessi personaggi disposti a litigare su un'eredità proprio durante il funerale di un parente anziano vuole esserne la dimostrazione).


28/04/2019

Cast e credits

cast:
Mateusz Kościukiewicz, Agnieszka Podsiadlik, Małgorzata Gorol, Roman Gancarczyk, Dariusz Chojnacki, Robert Talarczyk, Anna Tomaszewska, Martyna Krzysztofik


regia:
Malgorzata Szumowska


titolo originale:
Twarz


distribuzione:
Movies Inspired


durata:
91'


produzione:
Nowhere


sceneggiatura:
Małgorzata Szumowska, Michał Englert


fotografia:
Michał Englert


scenografie:
Marek Zawierucha


montaggio:
Jacek Drosio


costumi:
Julia Jarza-Brataniec, Katarzyna Lewinska


musiche:
Adam Walicki


Trama
A seguito di un tragico incidente sul lavoro, un giovane viene sottoposto ad un trapianto facciale. A seguito della reazione di parenti e amici si vedrà costretto a mettere in discussione tutta la sua vita
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