Chissà quando arriverà quel giorno in cui i distributori italiani decideranno di porre fine a questa infame abitudine di storpiare i titoli originali delle pellicole prodotte in terra straniera. Evidentemente non è così facile comprendere come la bassezza con cui si compie questa continua pratica non solo è in grado di raggirare lo spettatore ignaro (e pagante) ma è anche una totale mancanza di rispetto nei confronti di un autore che il film lo crea e che decide di imprimere nel titolo il concentrato del suo lavoro, a volte della sua poetica. Tra tutti, il povero
Michel Gondry è quello che forse ha dovuto subire il dazio peggiore. Molto più semplice invece arrivare alla soluzione di un cinema associato alla parola “impresa”, concetto si indispensabile per le sorti del settore, ma il più delle volte complice nel realizzare meschine strategie di marketing e ridicoli atti di persuasione ai danni di chi ama il cinema e vorrebbe trarne in esso solo la sua pura essenzialità e semplicità.
“L’ultimo dei templari”, diretto dall’esperto di action adrenalitici Dominic Sena ed approdato nelle sale il 15 giugno, è l’ultima grande presa per i fondelli della distribuzione italiana: sulla scia delle numerose pellicole che negli ultimi anni hanno avuto come soggetto l’ordine dei templari (tra tutti due dei blockbuster che hanno fatto la fortuna di Jerry Bruckheimer “Il mistero dei templari” e il suo sequel “Il mistero delle pagine perdute”, guarda caso entrambi interpretati da Nicolas Cage) il titolo ne ripropone più di un semplice richiamo. Inutile sottolineare come di templari nel film non ve ne siano neanche l’ombra (tutt’al più crociati e non sono la stessa cosa) e che il titolo originale si riferisca a tutt’altro (“Season of the Witch”, la “Stagione della strega”). La storia è infatti quella di un soldato e del suo aiutante che all’epoca delle ultime crociate del XIV secolo disertano la compagnia nelle battaglie contro i “nemici di Dio” ma finiscono nel rimanere attorniati dalla peste e gettati in balia di una giovanissima “strega nera” che sembra assumere tutte le sembianze di un demonio.
Sta di fatto che la cosa più inquietante non alberga tra i temi del maligno, bensì nella totale assenza di ispirazione della pellicola, nella mancanza di un briciolo di originalità; il film cerca così invano di tenersi aggrappato ai più celebri luoghi comuni del genere avventuristico (il viaggio, l’attraversamento del ponte) cadendo nella trappola della prevedibilità che cinge anche le sorti dei personaggi con il celeberrimo sacrificio dell’ “anziano” della compagnia e la parallela gloria del giovane e novello cavaliere. Cose viste all’ennesima potenza, insomma. Sino al collage di generi della seconda parte che va dal fantasy mistico all’horror esoterico con tanto di citazioni illustri (i monaci zombie di matrice romeriana polverizzati al grido di “Tagliate le teste!” o il diavolo che si arrampica tra i muri come nel “Dracula” di Coppola). Il coinvolgimento seppur minimo è affidato alle immagini create al computer perché anche il cast guidato dal solito monocorde Cage sembra essere del tutto assente. La sorpresa è rappresentata dalla parentesi di Christopher Lee che, come già successo in “
Burke & Hare”, compare per pochissimi minuti nelle vesti di un vescovo sfigurato e morente colpito dalla peste bubbonica.
18/06/2011