Che l'autostima non fosse mai mancata al cinema francese è un fatto ormai noto, perché la fiducia nei propri mezzi è una prerogativa naturale di quel popolo. A rafforzarla ulteriormente ci ha pensato una lunga striscia di affermazioni capaci di varcare i confini nazionali, per sostituirsi addirittura ad Hollywood, nella produzione di opere citazioniste ("
The Artist") e di prodotti derivativi (il dittico legato a "
Taken"). In questo senso un film come "Populaire" sembra fatto apposta per confermare all'ennesima potenza e per diversi motivi questo tipo di affermazione. Il primo, quello principale, risiede nel fatto che la storia d'amore raccontata dal film francese sembra un'invasione di campo nell'immaginario di un certo tipo di commedia che negli anni d'oro del cinema americano era frequentata da gente del calibro di Rock Hudson e Doris Day. E secondariamente perchè la riscoperta delle ingenuità e dei colori del technicolor che è possibile ritrovare nel film di Regis Roinsard trova terreno fertile e, quasi, si sovrappone nel continuare a rilanciare in termini di confidenza e di spendibilità sul piano del mito, quegli anni 50, resi epici da un serial-tv come "Mad Men". Un'impresa non da poco quella di rivaleggiare con un bagaglio iconografico e di tradizione così importante come quello americano, mantenendo un punto di vista tutto francese sulla materia messa in scena. È, infatti, vero che se la relazione tra Rose e Louise è scandita da una forma di spettacolo che punta molto sull'intrattenimento e l'empatia dei personaggi, e che l'incipit della storia, ovvero l'idea che Rose attraverso l'allenamento messo a punto da Louise possa diventare una campionessa di dattilografia, con la scalata al successo costellata da altrettante cadute e resurrezioni, facendo assomigliare "Populaire" ad una versione in gonnella di "Rocky", è altresì certo che la decostruzione operata sul genere, mascherata abilmente durante tutto il corso della pellicola e poi tirata fuori solo nella scena finale, con una battuta conclusiva - "agli americani il business ai francesi l'amore" - che sembra prendere le distanze da una pura operazione imitativa, certificando il sapore transalpino dell'intera operazione.
Ma "Populaire" non finisce qui, perché, oltre all'abilità di coinvolgere lo spettatore dal punto di vista visivo, con una ricostruzione d'epoca frizzante e variopinta, ed emotivo, con saliscendi umorali legati ad una dialettica da "battaglia dei sessi" sul tipo di quella che animava i duetti tra Spencer Tracy e Katherine Hepburn, il film francese è bravo a modulare i toni del racconto. Così, se nella prima parte del film, quella che introduce i personaggi e li definisce nella loro schermaglia amorosa, le atmosfere sono giocose e scanzonate - basterebbe citare la sequenza del colloquio per il posto di lavoro in cui l'aggressività delle concorrenti più smaliziate dà modo a Rose di far vedere con un
body language da commedia
splapstick il suo carattere insieme ingenuo e determinato - nella seconda, la vicenda si fa commovente e carica di trepidazione, soprattutto dalla parte in cui Louise arriva a farci credere di poter fare a meno della sua amata pupilla - per la scoperta dei motivi che impediscono al ragazzo di lasciarsi andare alla passione di quel legame. Certamente non mancano i difetti, come quello di esagerare con gli ammiccamenti, soprattutto sul versante femminile e di scegliere un'interpretazione maschile un po' troppo monocorde per i tormenti che il ruolo lascia presuppore. Ma in definitiva sono mancanze lievi, che non alterano di un millimetro empatia e godibilità.
Recitato da uno dei campioni del cinema d'oltralpe, quel Romain Duris oramai convertito ad un eclettismo che gli permette di passare senza soluzione di continuità da un cinema d'autore come quello di Jaques Audiard ("Tutti i battiti del mio cuore", 2005) a quello disimpegnato e ridanciano di titoli come "
Il truffacuori" (2011), e, soprattutto, da una partner femminile, Mélanie Bernier, capace di recitare con lo sguardo e di rivaleggiare in termini di empatia con la Bérènice Bejo di "The Artist"(2011), qui in un ruolo secondario ma fondamentale nell'economia del film, "Populaire" non farà nessuna fatica a continuare a camminare lungo i sentieri dorati del cinema francese.
12/11/2012