A quasi vent'anni da "Scemo e più scemo", i fratelli Farrelly tornano sul luogo del delitto, omaggiando uno dei pilastri della comicità statunitense, "I Tre Marmittoni", trio televisivo che spopolò negli Usa dalla metà degli anni Trenta ma restato un classico almeno fino agli anni Settanta. Un ritorno al primo amore, quindi, allo slapstick più classico e la comicità più fisica di cui "Dumb and Dumber" era profondamente impastato, tanto da potersi considerare una versione ‘sofisticata' delle demenziali avventure del trio.
Abbandonati in fasce davanti a un orfanotrofio, Larry (Sean Hayes), Curly (Will Sasso) e Moe (Chris Diamantopoulos) tre inseparabili pasticcioni, così tonti e disadattati da non riuscire a separarsi dall'istituto. Il
momento della verità non
tarda:
l'orfanotrofio deve chiudere, e i
tre provano con
ogni sorta
di piano
a recuperare gli 840.000
dollari necessari a tenerlo aperto. La loro missione finisce però per ostacolare a quelli dell'avvenente Lydia (Sofia Vergara) decisa a uccidere il marito per accaparrarsi i suoi soldi.
Ridare lustro a un trio comico cosí tanto impresso nell'immaginario pop (americano, bisogna specificare) può sembrare un'operazione automatica, al netto del vago nostalgismo che operazioni di questo tipo si portano dietro. Sillogismo non valido: "I tre marmittoni" ha molte difficoltà a interfacciarsi con il pubblico, nonostante il film sia formalmente una pellicola riuscita. I Farrelly costruiscono una cornice filologicamente perfetta, con il pronosticato contorno di cartelli, ammiccamenti e temi musicali riproposti o solo accennati, ma è soprattutto il contesto farsesco a essere abilmente riproposto, con gli stessi registi a rendersene protagonisti (la divertente coda 'non fatelo a casa' prima dei titoli di coda). A loro supporto, un team di attori quasi del tutto sconosciuti (i più noti Jennifer Hudson, Sofia Vergara e un esilarante Larry David), su cui spicca Chris Diamantopoulos, nei panni di un Moe (quello col taglio a scodella, per intenderci) di straniante intensità.
Ma non è più tempo per lo slapstick, specie se troppo oliato e cartoonesco per essere credibile. II classico piacere del vedere un uomo adulto con il sedere a terra fa a botte con le bordatine a reality e showbusiness (e qui comparsate dei protagonisti di "Jersey Shore"), e "I tre marmittoni" rivela la confusione di un progetto indeciso tra aggiornamento e conservazione del marchio Three Stooges: i bambini hanno sicuramente altri input più vicini a cui regalare risate, e dopo quell'età magica restano da godersi solo le coreografie a orologeria e i timidi innuendo sessuali.
Un film fuori tempo
massimo,
insomma.
02/07/2012