Thelma frequenta l'università e la sua adolescenza è messa da parte per lo studio, imponendosi limiti eterodiretti religiosi che ne frenano la forza vitale. La gabbia normativa serve a conservare la frattura tra la sua umanità e la non-umanità. Dentro Thelma si cela un inspiegabile sovrumano, un improbabile elemento di potere che modifica l'esteriorità con la forza del desiderio. Ciò che fa scatenare Thelma è proprio la soppressione della sua natura attraverso le regole cristiane. Ciò che dovrebbe contenere e limitare, invece, espone violentemente in una dialettica di contrarietà: l'amore omosessuale, la condivisione di un calice di vino, piccoli atti che esprimono il vitalismo represso di Thelma mentre l'eteronomia ne ricatta il diritto di godimento. In questa frizione si genera nella ragazza un desiderio incontrollabile, incontestabile, che nel racconto diventa espressione di genere (horror) per riflettere in maniera doppia e sovrapponibile sull'imposizione famigliare di un'etica cristiana.
A Joachim Trier il registro sovrannaturale serve per ribadire un concetto già fortemente espresso dalle vicende maggiormente ancorate al reale. Controllare la naturale indole sovrumana di Thelma vuol dire impedire alla ragazza la naturale tensione omosessuale. La religione diviene imposizione e non scelta, sia quando è repressiva (il sesso) sia quando è privativa (il bere), dimostrandosi finalizzata a una coercizione anche della forza nascosta di Thelma che emerge senza essere accettata. Quest'ultima diviene malattia, qualcosa da estirpare o (teologicamente) espiare. La metafora biblica del serpente si fa, nel film di Trier, allegoria del potere di Thelma: una visione simbolica, appresa da Thelma culturalmente, sostituzione di una forza sconosciuta e erroneamente rappresentata dal "peccato", dalla concretizzazione simbolistica della paura di errare.
Dunque, togliete l'irreale a "Thelma" e il racconto sarà pressappoco lo stesso: un'adolescenza che fa i conti con le paure istigate dall'alto, direttamente dal nucleo famigliare e che, qualora non bastasse il controllo dello spirito, fa utilizzo dei medicinali per sedare, calmare, annullare la malattia della diversità. Eppure è necessario sospendere la realtà per fare forte la narrazione, calcare la mano sul concetto di adolescenza come uscita mentale e fisica dalla subalternità. Thelma curiosa tra le pagine del web, fa ricerche aiutandosi a predire gli spostamenti dei compagni con i social network nella sua iniziale solitudine. Ed è in questa rete sociale, calata fin da subito nel reale con la panoramica sulla piazza affollata, che "Thelma" dichiara le sue affinità con "Personal Shopper", soprattutto nell'insinuare il sovrannaturale nel reale, confezionarlo col genere e lasciare che faccia da riflessione sulle cose piuttosto che dentro ad esse come farebbe il genere puro. Dunque il potere magico, declinato nelle sue forme di rappresentazione spiccatamente horror, non è un dato che determina la visione, piuttosto la mescola e la problematicizza senza far mostra delle sue criticità (a vedere e sapere del potere di Thelma sono soltanto lei e i genitori). Ancora, come la personal shopper di Olivier Assayas, Thelma fa ricerche sul passato attraverso il web e scopre come la sua natura fosse stata combattuta e messa a tacere nella storia dell'uomo, stigma religioso da disapprovare.
Nonostante le implicazioni fantastiche, Trier continua saldamente a mostrare i forti segni reali del contesto norvegese, contrapponendo il funzionalismo dell'architettura ai panorami selvaggi, due mondi tra cui Thelma deve superare la gestazione del rapporto genitoriale per capire che la malattia è il risultato di uno sciocco autolimite destinato a rompersi. Eliminandolo, la strada per la propria indipendenza è proprio dentro a un network sociale ugualmente ingarbugliato (di nuovo la piazza affollata in cui Thelma cammina) ma sul quale si può operare un maggiore controllo.
cast:
Anders Mossling, Ellen Dorrit Petersen, Kaya Raefelsen, Kaya Wilkins, Eili Harboe
regia:
Joachim Trier
titolo originale:
Thelma
distribuzione:
Teodora Film
durata:
116'
produzione:
Motlys, Film i Väst, Le Pacte, Filmpool Nord, Snowglobe, B-Reel Films, Dont Look Now
sceneggiatura:
Eskil Vogdt, Joachim Trier
fotografia:
Jakob Ihre
scenografie:
Roger Rosenberg
montaggio:
Olivier Bugge Coutté
musiche:
Ola Fløttum