Se la saga letteraria e cinematografica partorita dalla mormonissima Stephenie Meyer è bersaglio di così tanta ironia e critiche, c'è una ragione molto precisa e tanto banale da essere sconfortante: "Twilight" è la parodia di se stesso. Il nucleo pulsante di quattro libri e cinque film non è l'Amore melò e ineluttabile tra due esseri viventi, e i prezzi da pagare perché questo si concretizzi; il vero tema è la procastinazione a oltranza, il diluire e disinnescare pulsioni e conflitti dentro e fuori dalla narrazione, che ne risulta per questo svuotata di direzione e, per definizione, di "narratività". Twilight è un lunghissimo contenitore di sottotrame e spunti (incidentali, per lo più) la cui architrave portante è un ideale onirico adolescenziale: la storia d'amore eterna con l'uomo perfetto. Il resto capitola, condito con quel pizzico di esotico sovrannaturale che agli occhi del consumatore casuale pare essere il quid della saga. Lo sanno tutti, il primo consiglio di un corso di scrittura creativa è diffidare delle idee sussurrate da Morfeo.
"Breaking Dawn - Parte 2" non fa eccezione, e, anzi perpetua il generale status quo della saga, ma nel suo svolgersi sottolinea ed evidenzia tutte le crepe in questo "mythos contemporaneo" (!).
Di libri e film dai dialoghi impossibili infarciti di clichè e sillogismi in bilico sul vuoto ne abbiamo digeriti a tonnellate, non è questo il punto. Il punto è l'irresponsabilità con cui questi bocconcini vengono somministrati agli occhi di un pubblico che, bontà sua, ha fame sacrosanta di amori epici a cui anelare: ogni scena fa convergere o continuare i binari del racconto in modo casuale, costruendo e sciogliendo alleanze e conflitti a vista. Nel caso di "Breaking Dawn - Parte 1" e della prima parte del 2 è curioso notare come il regista Bill Condon ("Kinsey", "Dreamgirls") abbia configurato buona parte delle sequenze come mini-episodi a tema, chiusi da un veloce fade to black quasi fossero blocchi giustapposti. La tendenza si interrompe proprio quando il film alza la posta in gioco e si indirizza verso un conflitto risolutore. O meglio, risolutore fino a prova contraria.
"Breaking Dawn - Parte 2" prova a dissimulare gli eccessi d'abbondanza e privazione della saga con l'autoironia, ma si prende terribilmente sul serio (guardate i titoli di coda...). Ed è qui che "Twilight" svela la sua natura parodica: non per le sceneggiature di brutta messe in mano a un cast poco preparato, non per l'agghiacciante confusione del suo impianto etico, non per il sottotesto sessuale retrogrado, neppure per il romanticismo dozzinale. Almeno, non solo per questi addendi. Il credo di questa saga è conciliare gli opposti senza far passare nulla per la prova del fuoco, come vorrebbe per esigenza intima ogni narrazione, e lasciarsi assolvere da se stessa con qualche ammiccamento appena, come se nulla dovesse aver sostanza e a contare sia solo la durata, la santità dello status quo. Si dimentica però una cosa importante. Che vampiri e lupi mannari sono cose serie.
cast:
Mackenzie Foy, Dakota Fanning, Taylor Lautner, Kristen Stewart, Robert Pattinson, Peter Facinelli, Ashley Greene, Jackson Rathbone, Nikki Reed, Michael Sheen, Lee Pace, Christopher Heyerdahl, Jamie Campbell Bower, Maggie Grace
regia:
Bill Condon
titolo originale:
The Twilight Saga: Breaking Dawn - Part 2
distribuzione:
Eagle Pictures
durata:
115'
produzione:
Summit Entertainment
sceneggiatura:
Melissa Rosenberg
fotografia:
Guillermo Navarro
scenografie:
Richard Sherman
montaggio:
Virginia Katz
costumi:
Michael Wilkinson
musiche:
Carter Burwell