L'uscita del nuovo film di Michel Hazanavicius non era equiparabile alle molte altre che si accavallano senza capo ne' coda nella programmazione delle sale cinematografiche. A fare la differenza in questo caso c'era una serie di fattori d'eccezione. Il primo, forse quello più importante rispetto alla materia cinematografica consisteva nella verifica di un talento esploso improvvisamente e in maniera dirompente grazie a un film, "The artist", che aveva catapultato il suo autore tra le stelle del Parnaso dopo anni di carriera routinaria. Si trattava in buona sostanza di verificare se la poetica leggerezza e l'originalità di un film girato in bianco e nero e per di più senza parole, fosse stata qualcosa di più di una serie di fortunose coincidenze, il più delle volte non replicabili. In seconda battuta, constatare la permanenza di un livello di empatia talmente contagiosa da trasformare un film senza pretese commerciali in uno dei più grandi incassi della stagione.
Possibilità che l'avvenuta selezione al festival di Cannes sembrava confermare in senso positivo nel ricordo di quello che era successo al film precedente di Hazanavicius che proprio della manifestazione francese aveva fatto il trampolino di lancio per la conquista del pianeta. A qualche mese di distanza, la visione di "The Search" conferma le perplessità suscitate ai tempi della sua presentazione. I motivi sono presto detti, non prima di aver specificato che la storia del film e' collocata sullo sfondo della guerra cecena (il secondo conflitto per l'esattezza), con l'invasione del paese da parte dell'esercito russo a innescare l'odissea di quattro personaggi - un bambino e tre adulti- coinvolti in diverso modo e con differenti conseguenze dalla brutalità di quella guerra. Un tema quanto mai attuale che Hazanevicius tratta con dovizia di particolari e senza risparmiarci nulla in termini di violenza e brutalità, a partire dalla scena iniziale dove in una sorta di mockumentary assistiamo all'eccidio che spinge il piccolo Hadij alla fuga che da il via alla storia, oppure portandoci all'interno delle "Linee nemiche" per ragguagliarci sulle forme di coercizione utilizzate dall'esercito russo per addestrare i suoi soldati, e in particolare Kolija, uno dei personaggi del film, "adescato" dalla polizia per futili motivi e costretto ad arruolarsi per evitare la prigione. Una volontà omnicomprensiva che non si accontenta dell'evidenza dei fatti e che attraverso la figura di Carole (una Berenice Bejo in versione madre coraggio), la rappresentante per i diritti umani dell'unione europea che ad un certo punto si prende cura di Hadij, arriva a spingersi nelle stanze dei bottoni per denunciare l'ipocrisia e il disinteresse del sistema politico e governativo.
Di fronte ad un progetto così ambizioso e complesso Hazenevicius reagisce nella maniera più facile e scontata, schierandosi dalla parte degli umiliati e offesi e adottando un punto di vista che si sforza continuamente di denunciare storture e ingiustizie. Un atteggiamento lodevole e anche dovuto ma che nell'ottica dell'approccio scelto dal regista appare riduttivo soprattutto quando si tratta di andare oltre i segni più tangibili della guerra per indagarne cause e conseguenze. Se poi aggiungiamo la presenza di una struttura narrativa che sostituisce la lunghezza del minutaggio (ben 149') alla necessità di tenere insieme in maniera logica e con una buona dose di verosimiglianza così tanta carne al fuoco allora è inevitabile che "The Search" si trasformi in un melodramma politicamente corretto e emotivamente ricattatorio, con scene madri e sermoni anti sistema pronti a far fuoco, sulle speranze di chi si attendeva qualcosa di più di un feuiletton edificante e consolatorio. In questo senso basterebbe da sola la faccetta perennemente sbigottita e bisognosa del piccolo protagonista per dare la misura della dimensione unilaterale e monocorde in cui si muove il film.
05/03/2015