La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Basterebbe questo semplice adagio popolare per spiegare "By the Sea", la terza prova registica, a suo modo coraggiosa, di Angelina Jolie.
Costa Azzurra, anni 70. Una coppia di americani benestanti si concede una vacanza di lusso in un hotel de charme con vista sull'azzurro mare della Riviera. Lui, romanziere in profonda crisi creativa, passa le sue giornate al pittoresco café del villaggio, tracannando gin per colazione senza scrivere nemmeno un rigo. Lei, ex ballerina in profonda crisi esistenziale, si trincera nella stanza d'albergo in compagnia di pillole, riviste patinate e male di vivere. Qualcosa, nel loro passato, li ha segnati fino a renderli nemici indivisibili. Insieme non fanno che litigare, sibilando a denti stretti accuse e reciproche recriminazioni, eppure ogni sera non possono fare a meno di tornare l'uno dall'altra, in quell'asfissiante e doloroso ménage.
Gli equilibri sembrano cambiare quando nella stanza accanto si installa una fresca e focosa coppia in luna di miele. All'inizio Vanessa e Roland, i coniugi terribili, si divertono a spiare i giovani amanti da un buco nella parete, e questo segreto sembra quasi regalare loro la complicità di un tempo. Gradualmente però Vanessa inizia a corteggiare pericolosamente i vicini, a salutarli, a fare domande, a invitarli a cena, quasi a volerli coinvolgere nella propria quotidianità d'inferno. Fino a che punto potrà spingersi?
Scritto, diretto, prodotto e interpretato dalla più grande diva vivente di Hollywood, "By the Sea" è quanto di meno hollywoodiano ci si possa aspettare. La Jolie, che qui si firma per la prima volta col cognome del marito (chissà perché), realizza un'opera claustrofobica e dolente sulla crisi di coppia che sembra rifarsi a certo cinema europeo degli anni 60 e 70. La critica americana, che pure nel complesso non è stata benevola, ha molto generosamente sottolineato le assonanze con autori altissimi come Sautet, Rohmer, Lelouch, Bergman e soprattutto Antonioni. Meno citato, incomprensibilmente, è il "Chi ha paura di Virginia Woolf?" di Nichols, che con le sue atmosfere tossiche e opprimenti, i suoi dialoghi lividi e le sue letali simmetrie di coppia, parrebbe essere il modello più affine a questo "By the Sea".
Nel tentativo di costruirsi un'identità nuova di autrice a tutto tondo, Angelina Jolie si rivela essere una spettatrice colta e sensibile, capace di imbarcarsi, forse un po' ingenuamente, in un progetto filmico tanto temerario e anacronistico, quanto intrigantemente denso di nostalgica cinefilia. Queste le intenzioni, perché il risultato in verità lascia quantomeno interdetti.
Con lo scorrere sullo schermo di immagini patinatissime della soleggiata costa francese, dei pregiati marmi dell'albergo, dei pittoreschi locali, delle raffinate mise della protagonista, prende corpo nello spettatore la legittima consapevolezza di trovarsi di fronte a un falso, a una messinscena, a una caricatura di tutti i Rohmer e gli Antonioni cui sembra ci si voglia rivolgere.
Mentre l'Angelina-regista si perde in svolazzi velleitari e inquadrature inutilmente ricercate, l'Angelina-interprete (troppo magra, si sussurra in sala) deambula stancamente avvolta in eleganti vestaglie di seta, vaga inebetita, quasi sonnambula, tra le brulle scogliere, fissa il vuoto e si affligge sdraiata sul letto, sul pavimento, nella vasca da bagno. Eppure non un'emozione sembra davvero scalfire il suo viso altero da gatta persiana. Il problema dunque è che nonostante le liti, le inquietudini e le implosioni di rabbia, di tutto questo logorante struggimento interiore, poco o nulla arriva allo spettatore in sala, che assiste tra la noia e l'indifferenza a un dramma cui rimane completamente estraneo. L'effetto è senz'altro straniante.
Il difetto sembrerebbe essere dell'Angelina-sceneggiatrice, che nel tentativo di raggiungere una rarefatta tensione drammaturgica e un rigore antispettacolare, asciuga e raffredda il racconto fino a impedire qualsiasi partecipazione empatica (si pensi invece a cosa ha dimostrato di saper fare, parlando di crisi di coppia, l'inglese Andrew Haigh con il recente "45 anni"). Drammaticamente, l'incomunicabilità di antonioniana memoria è tra lei e il suo pubblico, non tra i personaggi.
Un triplo fallimento per la Jolie, come regista, interprete e sceneggiatrice, assistita malamente dal marito Brad Pitt nei panni del laconico e un po' patetico Roland (apparentemente, l'unico alcolista cronico con gli addominali ben tesi). Va detto però, a parziale discolpa, che la posta in gioco era alta e che rimane sinceramente apprezzabile l'adesione onesta e totalizzante dei glamorous Brangelini a un progetto così rischioso e potenzialmente affascinante, sebbene irrisolto. La prossima volta, speriamo si passi ai fatti.
cast:
Angelina Jolie, Brad Pitt, Melvil Poupaud, Mélanie Laurent, Niels Arestrup, Richard Bohringer
regia:
Angelina Jolie
distribuzione:
Universal Pictures
durata:
132'
produzione:
Jolie Pas, Pellikola, Plan B Entertainment, Universal Pictures
sceneggiatura:
Angelina Jolie
fotografia:
Christian Berger
montaggio:
Martin Pensa, Patricia Rommel
musiche:
Gabriel Yared
Costa Azzurra, anni 70. Una coppia di americani benestanti si concede una vacanza di lusso in un hotel de charme con vista sull’azzurro mare della Riviera. Lui, romanziere in profonda crisi creativa, passa le sue giornate al pittoresco café del villaggio, tracannando gin per colazione senza scrivere nemmeno un rigo. Lei, ex ballerina in profonda crisi esistenziale, si trincera nella stanza d’albergo in compagnia di pillole, riviste patinate e male di vivere. Gli equilibri sembrano cambiare quando nella stanza accanto si installa una fresca e focosa coppia in luna di miele. I coniugi terribili iniziano a corteggiarli pericolosamente, quasi a volerli coinvolgere nella propria quotidianità d’inferno. Fino a che punto si spingeranno?