Sulla scia del successo ormai leggendario di Checco Zalone, Medusa ci riprova con un altro fenomeno di comicità proveniente da un universo "altro" rispetto a quello cinematografico. Se l'attore pugliese si è fatto le ossa nel cabaret e poi in televisione, il trio romano The Pills è sul web che ha fatto fortuna, diventando una vera attrazione su YouTube. Gli sketch dei tre ragazzi, postati sul motore di ricerca video, sono diventati virali in brevissimo tempo, riuscendo ad amalgamare un vero e proprio pubblico fatto di appassionati alle vicende stralunate e surreali ambientate nella periferia romana.
Ma se poche settimane fa ci spendevamo in elogi per la maturazione di Zalone nel suo ultimo film, "Quo vado?", per l'opera prima dei The Pills, diretta da uno di loro, ossia Luca Vecchi, occorre raffreddare di molto gli entusiasmi e convincersi che forse il passaggio al grande schermo è stato affrettato e poco lungimirante. Laddove Checco, coadiuvato dal sodale Gennaro Nunziante in cabina di regia, è riuscito, dopo diversi tentativi, a trasformare, finalmente, la sua comicità istantanea in materia prima per una vera e propria commedia, i tre romani si sono "limitati" a un cambio di mezzo comunicativo. Ma la sostanza, ignorando le regole della messa in scena cinematografica, è rimasta identica. I novanta minuti di "The Pills - Sempre meglio che lavorare" procedono senza una visione unitaria delle scene assemblate, accomunate, certo, da un filo conduttore, invero molto flebile rispetto alla preponderanza dello sketch in sé, di un situazionismo comico che procede per ripetizione dei soliti tic.
I tre sono in una sorta di crisi di mezza età anticipata: si sono ripromessi di non lavorare mai, ma le responsabilità bussano alla porta, una ragazza si affaccia nella vita di uno dei tre e mantenere fede al patto stretto da ragazzini diventa difficile. La comicità di The Pills è tutta verbale, è fatta di un rapporto di complicità fra gli attori e il pubblico, movenze e locuzioni tipiche della Roma contemporanea che chi frequenta gli stessi quartieri, gli stessi locali, gli stessi luoghi pubblici può ben capire. Ma se su Internet i singoli spezzoni acquistavano una forza grottesca esilarante, nel formato "cinema" si rischia addirittura un effetto-noia. Non volendosi piegare al nuovo strumento, il trio non rinuncia a usare in abbondanza alcuni dei propri marchi di fabbrica: flashback come se piovesse, musica invadente, citazionismo sempre puntuale (ma un po' troppo semplice, si va da Fellini a Tarantino).
Di buono c'è una forza eversiva non del tutto sopita, una capacità di scrittura, al netto delle caricature romano-centriche un po' pedanti, che potrebbe regalare in futuro delle commedie assolutamente godibili. È che il cinema è anche montaggio, abilità di messa in scena e regia, qui concentrata più sull'esibizione di conoscenze tecniche di alto livello, più che sull'armonizzazione della materia che dovrebbe finire sulla pellicola. Insomma, a voler essere precisi, il voto dovrebbe essere un S.V. (un senza voto, come i calciatori non giudicabili per quanto poco si sono fatti vedere in campo). Ma d'altronde anche Zalone era partito con un primo film fatto di cavalli di battaglia di stampo cabarettistico e poi è riuscito via via a immergersi davvero nella complessa macchina della Settima arte. Ci possono riuscire sicuramente anche Luigi Di Capua, Matteo Corradini e Luca Vecchi, magari già al secondo tentativo.
cast:
Luigi Di Capua, Matteo Corradini, Luca Vecchi, Giancarlo Esposito, Mattia Coluccia
regia:
Luca Vecchi
distribuzione:
Medusa Film
durata:
90'
produzione:
Eat Movie
sceneggiatura:
Luca Ravenna, Matteo Corradini, Luigi Di Capua, Luca Vecchi
fotografia:
Vito Frangione
musiche:
Federico Bisozzi