Chi ha amato il film "La cosa" di John Carpenter non potrà non affezionarsi immediatamente a questo piacevole film, che ne riprende tema e ambientazione con uno sviluppo diverso, ma accattivante. Una compagnia petrolifera, in seguito alle trivellazioni del permafrost glaciale, copre con una misteriosa cabina bianca un'altrettanto misteriosa scoperta. Il film è ambientato dieci anni dopo, quando una equipe di ricercatori ha il compito di svelare il segreto e mappare i giacimenti di petrolio della zona, ma proprio le ricerche risveglieranno forze misteriose che erano rimaste nascoste per millenni nei ghiacci.
Questo "The Last Winter", horror a sfondo ambientalista, tratta due temi particolarmente cari al suo regista, il newyorkese Larry Fessenden, noto ecologista militante e autore di libri dediti alla causa (quando ancora il surriscaldamento globale non era un argomento troppo noto) e si accompagna all'altro tema di suo interesse, quello dei miti delle popolazioni autoctone del nord-america già affrontato nel suo precedente "Wendingo" (2001) e che qui ricompare in maniera blanda ma efficace.
"Perchè la natura non ci combatte come farebbe un organismo con un virus? Il mondo in cui siamo cresciuti è cambiato per sempre...non si può tornare indietro [..] questo è l'ultimo inverno..." Scrive profeticamente nel suo diario Hoffman, uno dei personaggi. Il regista, bravissimo nel rendere l'oppressione psicologica che attanaglia i protagonisti costretti nei pochi metri quadrati del rifugio, tormentati dal freddo e dalla noia, da vita ad una atmosfera dove paure ancestrali e terrori apocalittici si fanno strada lentamente anche nello spettatore. La terribile forza primordiale che è stata risvegliata dalle trivellazioni, lentamente produce nei vari personaggi cedimenti psicologici, in un crescendo di follia morbosa e violenta, che come un virus, si fa strada nell'equipe. I personaggi perdono il senso della realtà o è la realtà-natura stessa che si allontana da loro?
A tutto questo fanno sfondo le due fazioni che si scontrano all'interno del gruppo di studiosi. Da una parte Hoffmann (James LesGros), che come uno sciamano percepisce l'aberrazione che la natura sta per mettere in atto e dall'altra un ottimo Rob Pearlman (nella parte di Ed Pollack) che non ne vuole sapere di fermare le ricerche, avvinto da una cieca avidità, in quanto tornasole della civiltà attuale sempre affamata di nuove risorse energetiche. La vicenda, quindi, sia dal punto di vista umano che da quello narrativo è ben intrecciata e tiene alta l'attenzione dello spettatore, coinvolto in un gioco claustrofobico dove l'immenso spazio naturale diviene il nemico che non ha volto. Il film punta tutto sull'atmosfera e nell'ottima resa dello spazio glaciale, che suscita un flebile, ma costante senso agorafobico, grazie anche all'ottima fotografia di Magnì Agùstsson.
Nota dolente, ahimè, il finale. Fessenden (dimentico che la fantasia dello spettatore in alcuni casi è inviolabile) pecca lasciandoci vedere troppo (e male) e dando corpo ai nostri mostri toglie buona parte del pathos che si era venuto a creare. Ma per fortuna, l'ultimo minuto del film evita di lasciarci tutto l'amaro in bocca con una trovata dal raffinato sapore apocalittico.
cast:
Ron Perlman, Hálfdán Theodórsson, Oscar Miller, Larry Fessenden, Joanne Shenandoah, Pato Hoffmann, Jamie Harrold, Kevin Corrigan, Zach Gilford, Connie Britton, James LeGros, Eggert Ketilsson
regia:
Larry Fessenden
titolo originale:
The Last Winter
distribuzione:
Antidote Films
durata:
101'
produzione:
Larry Fessenden, Jeffrey Levy-Hinte
sceneggiatura:
Larry Fessenden, Robert Leaver
fotografia:
Magni Ágústsson
scenografie:
Saethor Helgasson
montaggio:
Larry Fessenden
musiche:
Jeff Grace