Inizia così "The Killer", con un montaggio alternato dove i movimenti della camera da presa indugiano sui volti dei protagonisti, al ritmo di una canzone dal tono triste che risulterà essere l'accompagnamento musicale di tutta la vicenda. Inizio questo, di una pellicola che è forse il film di punta della filmografia di John Woo. Collocabile cronologicamente più o meno al centro del percorso filmico del regista di Hong Kong (fece altri tre film in patria e poi emigrò negli States), "The Killer", almeno idealmente assurge a un ruolo più preponderante. In molti hanno definito quest'opera come il capolavoro massimo di John Woo, altri - una certa schiera di detrattori - lo posizionano sicuramente al di sotto di un'altra sua notevole prova, "Bullet In The Head", e forse anche su un gradino inferiore rispetto alla grezza veracità di "A Better Tomorrow" (sua prima prova nel genere action).
Distribuito nel 1989, oltre a essere il film che ha fatto conoscere John Woo all'Occidente, vantando recensioni entusiastiche di gran parte della stampa specializzata, "The Killer" è anche il risultato di una lunga e difficoltosa gestazione. Durante le riprese in pochi erano realmente a conoscenza di quale sarebbe stato il risultato ultimo e il montaggio finale è il frutto di una quasi esclusiva visione del regista. In questo senso "The Killer" è sicuramente il film più autentico e personale di John Woo.
Film dalla genesi travagliata, dunque (anche a causa dei continui alterchi tra il regista e il produttore Tsui Hark), "The Killer" è opera di grande coerenza formale, una pellicola dove l'azione, "paradossalmente", non è il fine ultimo della messinscena, ma è un mezzo che John Woo utilizza per esprimere ciò che gli sta più a cuore. Non è un caso che le emozioni più intense non siano appannaggio delle lunghe, articolate sparatorie bensì facciano breccia nell'animo dello spettatore proprio nei momenti post-"battaglia" e nel preludio dell'azione.
Hong Kong, fotografata in uno stato di travagliata "notturnità", si è vista e si vedrà solo in alcune pellicole di Johnnie To (regista simile eppur diverso, ma ugualmente geniale). L'isola fa da contrappunto alle vicende dei protagonisti, configurandosi un po' come territorio di passaggio - il film inizia e finisce nello stesso luogo, una chiesetta ai margini della metropoli - con le sue luci avvolgenti nella notte stradale, con i suoi continui ritmi stressati, imprigionata in un costante, irrefrenabile movimento: la scena dell'inseguimento di Eddy Wong, da parte del detective Dan, si conclude su un autobus affollato, magistralmente fotografato tra ralenti estremi e l'eliminazione dell'audio ambientale (che conferisce alla scena maggiore suspense). Ma "The Killer" non è solo questo, non è solamente una splendida dimostrazione di cinema d'azione, è un film che va ben aldilà della semplice definizione di action movie.
Partendo da una trama piuttosto esile e scontata, John Woo ne approfondisce i sottotesti, amalgamandoli in un'unica soluzione, in un tutt'uno dove forse il risultato finale è anche il cardine principale del suo cinema: l'amicizia virile.
Jeffrey, sicario professionista, durante lo svolgimento di uno dei suoi incarichi, ferisce accidentalmente agli occhi una cantante, rendendola cieca. Divorato dai rimorsi, accetta un ultimo incarico con il quale permettere economicamente alla donna un trapianto di cornea. A rendergli le cose difficili però ci si mette la mafia cinese (che lo considera "bruciato") e un detective molto tosto e ligio a un suo particolare codice morale. Inseguito dallo zelante detective, Jeffrey finirà per stringere con lui una sincera quanto impossibile amicizia.
Malato di ipertrofia dell'eccesso, questo film vive tra attimi di pacato sentimentalismo e improvvisi quanto devastanti scoppi di violenza (nessuno spara mai meno di tre o quattro volte contro il corpo martoriato del nemico). Pur nella sua violenza efferata "The Killer" segue una sua precisa morale, dove anche un sicario della malavita ha un suo senso dell'onore e crede fermamente nell'amicizia - il ruolo dell'amico e committente, interpretato da Chu Kong, viene rivalutato verso il finale quando questi, ferito gravemente, si aggiusta il nodo della cravatta e risponde a chi lo accusa d'essere un cane: «i cani sono più fedeli degli essere umani».
Con questo film John Woo consacra il mito dell'eroe decadente, lo adatta alla figura straordinaria del suo attore feticcio (Chow Yun-Fat) e ne accentua i lati più deboli e oscuri. Con un uso sapiente e per nulla misurato del ralenti, spinge la dimensione filmica dell'azione a livelli quasi liturgici. Mai smisurato ma sì estremo nella rappresentazione della violenza, riesce nella difficile impresa di dare un nuovo volto al cinema noir. Pur non nascondendo i continui rimandi a "Frank Costello - Faccia d'angelo" (Le Samourei) di Melville, John Woo se ne discosta profondamente. E in questo modo realizza un suo film personale, totalmente adulto e pregno di una certa elegia che accompagna gesti e situazioni. Apprezzato da molta critica mondiale, esportato all'estero, ha dato vita al "fenomeno Woo" - oggi fin troppo saccheggiato, con lo smodato uso del ralenti profuso in molte produzioni da "cassetta" (definizione ad oggi, ammetto, probabilmente obsoleta...) - ed è diventato, con il tempo, quasi spartiacque di certa cinematografia di genere.
Sicuramente meno ambizioso di "Bullet In The Head" - opera molto discussa e probabilmente non abbastanza capita -, è forse più composto e completo. Vedetela, se vi pare, in questo senso: "Bullet In The Head" è un grido di rabbia contro l'orrore della guerra (e in certo qual senso anche nei confronti dell'indole malsana dell'essere umano), "The Killer" è una esemplificazione più diretta, palese, antropologica dell'inesistenza di un confine "definito" tra Bene e Male. Contemporaneamente è uno sguardo emozionato, quasi fanciullesco della vita e della morte - a vederla diversamente, risulterebbe ridicolo il gioco dei nomi "Disney" tra i due protagonisti. Drammaticissimo, tremendamente tragico, "The Killer" è definitivamente uno dei film d'azione più pessimisti di sempre. Non c'è scampo, non c'è via d'uscita. L'unica possibilità è affrontare il proprio destino. In fondo a tutto ciò, solo, forse, una certa redenzione.
Il titolo in cantonese significa "Due proiettili eroici".
cast:
Chow Yun-Fat, Danny Lee, Sally Yeh, Chu Kong, Kenneth Tsang
regia:
John Woo
titolo originale:
Dip Huet Seung Hung
distribuzione:
Lab 80 Film
durata:
111'
produzione:
Filmworkshop
sceneggiatura:
John Woo
fotografia:
Peter Pau Tak-hei, Wong Wing-hung
scenografie:
Tai Chun-ching
montaggio:
David Wu, Fan Kung-ming
costumi:
Shirley Chan
musiche:
Lowell Lo