Con alle spalle un curriculum di prove non esattamente indimenticabili, David Dobkin questa volta punta in alto e, guardando al passato cinema hollywoodiano "istituzionale", si misura con un ambizioso intreccio di dramma giuridico e familiare. La trama è di quelle che fanno contenti tutti, dai produttori agli interpreti principali (che volentieri eventualmente finanziano il progetto, come nel caso in questione), fino al grande pubblico. Hank Palmer, giovane e spregiudicato avvocato, dalle parcelle troppo onerose per difendere gli innocenti, è costretto a ritornare alle proprie origini, alla famiglia di campagna da cui sua sponte si è allontanato, per via dell'improvvisa scomparsa della madre. Un imprevisto allunga la sua permanenza: il padre, intransigente giudice di provincia che, intollerante alla mancanza di disciplina del figlio, ne fu principale causa di distacco dal nido, è accusato di aver investito volontariamente un delinquente del posto. Nonostante gli screzi e i litigi continui, Hank si convince ad assumere la difesa del genitore. Sarà l'occasione per sanare le ferite del passato, ricucire i rapporti con i fratelli e, ovviamente, ritrovare se stesso.
Unite alla magniloquenza del cast, le premesse, per quanto prevedibili e aderenti agli archetipi della tradizione, lasciavano comunque ampi margini di successo. Invece il risultato delude e, complici le mastodontiche ambizioni e la durata cospicua, fatica a celare i suoi numerosi difetti. Primo, madornale vizio della pellicola è una sceneggiatura che, nel tentativo di abbracciare quante più linee narrative possibili, infila uno dopo l'altro cliché elementari tanto nella definizione dei personaggi quanto nei loro percorsi di crescita ed evoluzione. Ed ecco allora un matrimonio in frantumi, gli scorni del severo genitore (pronto poi a vestire i panni del nonno amorevole con la nipotina), i rimorsi nei confronti di un fratello maggiore rimasto invalido per un errore di gioventù, la rievocazione dolorosa o malinconica dell'infanzia nei filmini ossessivamente girati dal minore e, sullo sfondo, la sbiadita, abusatissima immagine della provincia americana, capace di essere al contempo rifugio sonnolento e teatro di brutali violenze.
Pochi i momenti davvero intensi (tra questi, una inaspettata scena in bagno tra padre e figlio, di commovente crudezza), mentre il resto di questo prolisso melodramma - a tratti un "August Osage County" al maschile, diviso tra gli interni domestici e le aule di tribunale - insegue dialoghi necessariamente potenti e significativi, suonando retorico e puntualmente posticcio.
Non aiuta una regia distonica che, per svincolarsi da un regime di piattezza visiva, si perde in sporadici e pasticciati movimenti di macchina o in panoramiche particolarmente ampie e dinamiche, senza preoccuparsi di allacciare queste scelte al contesto; vezzi inutili che non solo zavorrano ulteriormente il racconto, ma tradiscono la sua naturale vocazione a una classicità euritmica e composta. Sulla stessa linea d'onda, la svogliata e sovrabbondante colonna sonora di Thomas Newman non perde occasione di chiosare con didascalismo melodico ogni minimo passaggio narrativo.
I soli a lasciare il segno restano, com'è prevedibile, i prestigiosi interpreti, puntualmente schierati al servizio della possente operazione. Piacione carismatico, Robert Downey Jr. (anche produttore esecutivo) sfrutta a pieno la propria collaudata gigioneria per poi sfumarla in qualche passo più grave e misurato, al fianco della maturità austera e scorbutica di un magnifico Robert Duvall. Dispiace veder così sprecati i non meno grandi Vincent D'Onofrio, Vera Farmiga e Billy Bob Thornton, relegati in ruoli periferici e tremendamente schematici.
cast:
Robert Duvall, Robert Downey Jr., Vera Farmiga, Vincent Donofrio, Billy Bob Thornton
regia:
David Dobkin
titolo originale:
The Judge
distribuzione:
Warner Bros Italia
durata:
141'
produzione:
David Dobkin, Susan Downey, David Gambino, Robert Downey Jr.
sceneggiatura:
Nick Schenk, Bill Dubuque
fotografia:
Janusz Kaminski
scenografie:
Mark Ricker
montaggio:
Mark Livolsi
musiche:
Thomas Newman