In genere si dice che i sequel tardivi, quelli che escono a molti anni dall'originale, non sono un buon investimento, visto che nella serialità il ferro va battuto finché è caldo. "The Best Man Holiday" potrebbe costituire un'eccezione a tale regola, visto che pur essendo arrivato 14 anni dopo "The Best Man", un vero e proprio sleeper negli States all'epoca, si è portato a casa più di settanta milioni di dollari (non ne è costato neanche venti), quando il primo ne aveva incassati trentaquattro. Il regista/sceneggiatore Malcolm D. Lee ha già annunciato che ci sarà un terzo capitolo della serie e sono pronto a scommettere che stavolta non passerà tutto quel tempo, anche perché negli anni abbiamo imparato che specie in America un pubblico per storie che raccontano vicende all'interno della borghesia afroamericana c'è e sarebbe nell'interesse delle majors (in questo caso è coinvolta la Universal) continuare a investire su questo tipo di intrattenimento. Questi sono decisamente fenomeni statunitensi e sui mercati internazionali l'appeal di opere simili è notevolmente inferiore, quindi non sorprende se "The Best Man Holiday" in Italia esca durante l'estate, d'altronde anche i film di Tyler Perry al botteghino americano fanno faville e da noi arrivano sovente direttamente in dvd. Forse il lavoro di Lee è pure meglio delle opere che normalmente sforna Perry ma visto che i due si rivolgono allo stesso pubblico l'accostamento ci può stare.
In questo "vacanza del testimone dello sposo" ritroviamo gli stessi personaggi che avevano animato anni fa il movimentato matrimonio. Il testimone Harper (Taye Diggs) e lo sposo Lance (Morris Chestnut) nel frattempo hanno perso i capelli ma soprattutto hanno preso strade separate; la loro amicizia (ma si potrebbe pure dire la loro bromance) non ha resistito a quanto venuto fuori nel primo film; non per spoilerare ma c'era di mezzo, cherchez la femme, Mia (Monica Calhoun), la moglie di Lance ed è proprio lei ad organizzare una rimpatriata durante il weekend natalizio che ha un po' il sapore del "Grande Freddo". Tra l'altro ad Harper, scrittore che non se la passa benone, viene suggerito dal suo editore di scrivere la biografia di Lance, campione di football prossimo a dare l'addio allo sport. Sembra facile a dirsi ma Lance a mala pena ora gli rivolge la parola, figurarsi quanta voglia può avere di collaborare con lui per un libro, quindi ad Harper tocca lavorarselo "di nascosto". Della reunion fanno parte Robyn (Sanaa Lathan), chef acclamata nonché molto incinta moglie di Harper, la potente producer televisiva Jordan (Nia Long) che un tempo aveva un debole per Harper ma che ora sta con un avvocato wasp di nome Brian (Eddie Cibrian), l'appariscente Shelby (Melissa De Sousa) ora mamma single e autrice di un improbabile manuale di autostima ("Emulatele, non odiatele"), immancabilmente finito nella classifica dei bestsellers (quella da cui Harper latita da un po'), il produttore musicale donnaiolo Quentin (Terrence Howard, cui sono affidati i momenti più comici) e Julian (Harold Perrineau), preside di una scuola che deve fare fronte sia alla corte di Shelby sia a problemi in famiglia, da quando su youtube è apparso un video che riporta al presente il passato da stripper della moglie Candace (Regina Hall, attrice spassosa). Tra scherzi, battute fulminanti, amarcord, rottura di vari dispositivi elettronici, tentativi di seduzione, equivoci (molti), bambine che hanno fretta di nascere ed esibizioni da air band ce ne sarebbe abbastanza per garantire un Natale spassoso e movimentata ma, nella più rispettosa tradizione della dramedy, oltre alle risate sono in serbo pure le lacrime: Mia è condannata da un cancro e il suo intento, che resta segreto per poco tempo, è quello di ricongiungere Lance agli amici in modo che non resti solo coi loro quattro pargoletti quando lei non ci sarà più. In questo la seconda puntata punta più verso il tearjacker, discostandosi molto dalla prima che restava più nell'orbita della commedia.
Lee è evidente che tenga ai suoi personaggi altissimo borghesi (la villa di Lance dove si svolge la maggior parte della vicenda è a dir poco faraonica) e si affida ad un cast di attori rodati che affronta bene i vari registri previsti dalla vicenda. Se ci sono passaggi più interessanti (i problemi finazniari di Harper, che sono tra l'altro una notevole eccezione alla situazione economica generale, la fede religiosa di Lance, scalfita ma non vinta dal tragico destino che attende l'amatissima moglie), probabilmente due ore abbondanti sono troppe per la vicenda e i meccanismi non sono oliati alla perfezione, anche se, tornando agli incassi di cui sopra, per il pubblico tutto questo non deve essere stato un problema. Pubblico che sarebbe pronto a decretare il successo di molte altre opere su questa falsa riga ma un sistema produttivo sempre più pigro e legato a dettami molto spesso superati sembra non volerne tenerne di conto. Peggio per loro!
07/07/2014