Introdotto da sbrilluccicanti fuochi d’artificio, un dialogo fra personaggi non definiti presenta la misteriosa leggenda del tunnel di Urashima[1], che si dice garantisca a chiunque lo attraversi l’esaudimento dei propri desideri al prezzo di un improvviso invecchiamento, prima che il film getti lo spettatore nella vita quotidiana del protagonista Tōno Kaoru, studente le cui giornate sono riempite con incedere monotono dalla poco stimolante scuola e dalla necessità di badare al padre alcolizzato. In una manciata di minuti "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes" chiarisce subito quale sia la dialettica che anima l’intera (breve) pellicola, mettendo in contrapposizione una quotidianità talmente banale da essere opprimente e un elemento fantastico che, una volta citato, non può che, come la proverbiale pistola di Cechov, manifestarsi e sparigliare i fili della narrazione. Il fatto che nel giro di 15 minuti vengano introdotti anche gli altri (pochi) personaggi principali, le ancora meno numerose location e che poi la narrazione entri subito nel vivo evidenzia, in maniera qui forse involontaria, un altro aspetto fondamentale della pellicola di Taguchi Tomohisa, ovvero la sua concisione e linearità.
Questi tratti aiutano l’opera del regista nipponico[2] a distanziarsi rapidamente da quello che è il suo principale modello nel mondo dell’animazione contemporanea, ovvero Makoto Shinkai. Il regista di "Your Name." si è d’altronde ormai affermato come narratore di coming of age in cui l’elemento fantastico trasfigura in chiave iperbolica le normali difficoltà del percorso di crescita individuale e in cui la componente sentimentale ricopre un ruolo spesso centrale, indirizzando la maturazione stessa dei protagonisti. Si potrebbe inserire con apparente facilità "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes" all’interno della produzione del cineasta della prefettura di Nagano, col duo maschile-femminile di protagonisti dai caratteri oppositivi le cui azioni paiono essere motivate dallo struggimento per qualcosa di smarrito (meglio, sepolto) nel passato e la cui instabile collaborazione diviene il principale motore narrativo della pellicola. Ma a questo punto emergono le componenti caratteristiche del film di Taguchi indicate in precedenza, ed è così che l’umile e breve coming of age fantastico tratto dalla light novel di Hachimoku Mei ottiene la sua individualità, come film e come storia. E trattandosi di un racconto di formazione il conseguimento di una personalità distinta è solo il punto d’arrivo, e ri-partenza, per analizzare l’opera in questione.
Il realismo che caratterizza il racconto della quotidianità dei protagonisti di "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes" va infatti ben oltre quello delle pellicole di Shinkai, in cui ha in primis lo scopo di far risaltare ulteriormente la fantasmagoria visiva e l’iperbole narrativa della componente fantastica, ragion per cui viene solitamente messo da parte quando le pellicole entrano nel vivo e, soprattutto da "Your Name." in poi, è la lotta contro le leggi della fisica e della magia a muovere le azioni dei personaggi principali. Il film di Taguchi accumula invece dettagli quotidiani per tutta la sua durata allo scopo di mantenere un confronto costante fra la realtà castrante (o almeno vissuta come tale fino a quel punto) in cui dimorano Kaoru e la compagna di classe Anzu e le enormi possibilità prospettate dal magico tunnel di Urashima. Quest’ultimo materializza la brama di escapismo per i due protagonisti, uno che vi proietta un passato idilliaco da riconquistare e una che si prefigura un futuro di eccezionalità da non farsi scappare, motivo per cui consegue una rilevanza tematica ancora maggiore all’interno di un coming of age[3], la quale non viene però adeguatamente sviluppata anche per via della monotonia con cui il tunnel e i suoi poteri vengono messi in scena.
Fig 1: altri mondi e altri modi di rappresentarli fra Anno, Shinkai
e "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes"
Lontano dalla sovrabbondanza visiva dei mondi altri tipica delle opere di Shinkai (e ancor più di quelle di Anno Hideaki, altro grande riferimento del film, solo meno palese) il tunnel di Urashima si risolve in uno sbrilluccicante viale alberato circondato dall’acqua, apparentemente infinito e immutato (in ogni caso più efficace del letterale tunnel sotterraneo del manga che ha preceduto l’anime), il cui funzionamento è comprensibile, studiabile e (in una certa misura) adoperabile (fig. 1). La relativa strumentalizzabilità del tunnel si fa quindi rappresentazione della natura funzionale del fantastico all’intero del film di Taguchi, in cui serve solo come metafora delle pulsioni che animano i desideri dei personaggi principali, in fuga da una realtà in cui vengono oppressi dai genitori e ignorati o bullizzati dai coetanei. Una breve parentesi la meritano a questo punto proprio le caratterizzazioni di Kaoru e Anzu, protagonisti assoluti dell’anime (non è così nel manga, che almeno ha dei comprimari di rilievo) e grandi contributori alla personalità di "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes" con il loro carattere peculiare rispetto ad altri protagonisti di anime mainstream. Il ragazzo è infatti ancora sotto choc a causa della morte della sorella minore avvenuta cinque anni prima ed è probabilmente depresso di conseguenza, un tratto quest’ultimo che potrebbe valere anche per la algida Anzu, la quale del resto sembra essere neurodivergente piuttosto che il mero cliché della tsundere[4].
La scelta di caratterizzare i due protagonisti in maniera piuttosto realistica dal punto di vista psicologico va considerata come l’ennesima dimostrazione della prospettiva concreta adottata da Taguchi nei confronti della narrazione (che d’altronde è, prevedibilmente, un’altra storia di ritorno alla vita), ma anche un modo per circoscrivere il prima possibile i traumi che muovono l’agire dei protagonisti, così da derivarne subito delle traiettorie narrative definite che permettano poi di portare velocemente al finale. A questo punto emerge l’importanza di altri due aspetti di "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes" accennati in precedenza, ovvero il carattere conciso del racconto e la sua linearità, dal momento che, quando tutti gli elementi principali della trama sono stati svelati, il racconto procede dritto come la marcia lungo il tunnel di Urashima. Mancano difatti nel film di Taguchi le torsioni narrative che sono ormai un altro tratto riconoscibile della produzione di Shinkai, cambiando in maniera spesso repentina la seconda parte dei suoi film con un colpo di scena che altera la comprensione di quanto avvenuto in precedenza (per la cronaca, qui vi è qualcosa di vagamente comparabile, riguardante il funzionamento del tunnel, ma l’impatto è ben diverso).
Se la brevità della pellicola (solo 83 minuti) può anche essere considerata un lato positivo dal punto di vista di chi guarda, è difficile negare che però essa abbia condizionato il film a percorrere dei binari narrativi ben codificati, dando inoltre ben poco tempo agli spettatori per metabolizzare gli eventi principali dell’ultima parte della pellicola, cosa che invece nel manga era favorita dalla natura episodica del medium[5]. Uno dei risultati principali di questa volontà di asciugare "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes" di ogni possibile sovrabbondanza narrativa, di (quasi) ogni eccesso melodrammatico, è la ridotta forza emotiva del finale, in cui pure un’anelata riunione dura un attimo (nella temporalità alterata del tunnel, s’intende). Così come si può sostenere che questa concisione e questa linearità abbiano contribuito a rafforzare i dualismi che animano la pellicola (i due protagonisti, le diverse direzioni dei loro desideri, il mondo reale dai colori freddi e la sfavillante, satura, dimensione parzialmente in 3D del tunnel, la surrealtà del potere di questo e la scientificità con cui viene approcciato, etc.) e che ne determinano la distinta personalità, è legittimo supporre che abbiano finito per imbrigliare fin troppo le molteplici potenzialità di una storia così semplice ma anche così intrigante. E trattandosi di un racconto di formazione non si può certo dire che sia la prospettiva più stimolante con cui raccontare la sofferta maturazione di due adolescenti.
Fig. 2: "the world that lies beneath", catabasi e coming of age
nell’animazione giapponese
Mi sia concesso aprire un’ulteriore parentesi, stavolta alla fine della recensione (chiamatela, se volete, post-credits scene): dopo che si è tracciata una genealogia che, partendo da Anno arriva a Taguchi attraverso Shinkai, contribuisce a delineare l’approccio del film al coming of age fantastico, si potrebbe aggiungere un ulteriore gradino a monte nella persona di Miyazaki Hayao, la cui maggior parte dei lavori sono d’altronde racconti di formazione complicati e alimentati dal fantastico. Interessate a questo punto è osservare il tema della catabasi, della discesa negli Inferi o nelle oscurità della Terra (e quindi della vita), all’interno delle opere dei suddetti autori, in cui questa diviene necessario punto di passaggio per arrivare a qualcosa che si è perduto e che spesso spinge a trovare qualcosa di completamente nuovo tramite "il confronto coi demoni del proprio passato e le proprie paure o debolezze"[6]. La discesa in quella che è la raffigurazione visiva della propria interiorità col fine di dare una forma al proprio desiderio ha in effetti assunto molteplici volti, a partire dal modello miyazakiano dell’esplorazione dei sotterranei de "Il castello nel cielo", d’altronde prototipo della discesa in Atlantide de "Il mistero della pietra azzurra" di Anno e poi di quella ad Agartha de "I bambini che inseguono le stelle," fino alle soglie ipogee attraversate in tempi più recenti da Chihiro e Mahito, così come da Suzume e Shinji (fig. 2). "The Tunnel to Summer, the Exit of Goodbyes" si trova alla fine (per ora) di questa genealogia e, proprio in virtù della sua brevità e concisione, ne rappresenta con chiarezza, forse pure troppa, le sfaccettature e i cambiamenti a partire dal più concreto prototipo di Miyazaki. Fino a che qualche altrǝ adolescente alla ricerca di risposte non varcherà ancora la soglia degli abissi della propria interiorità conflittuale, e della capacità dell’animazione di darle forma.
[1] La presentazione nell’incipit dell’elemento sovrannaturale tramite un dialogo fra persone ignote in voice over ricorda l’inizio del primo episodio della serie anime "Another" (2012), tratta dall’omonimo romanzo di Ayatsuji Yukito (2009), in cui la conversazione fra indefiniti studenti di scuola media introduce il fenomeno paranormale al centro di quella serie, a sua volta approfondito e studiato ma il cui funzionamento è destinato a rimanere non del tutto chiaro per sempre, come nel film qui in analisi. Interessante notare come la medesima funzionalità da "coro greco" di queste voci fuori campo contrasti nettamente con una narrazione fortemente individualizzata, o meglio dualizzata, in ambedue le storie
[2] Cineasta che finora si era distinto solo per la regia di adattamenti filmici di importanti franchise del Paese del Sol levante come "Persona" e "Digimon", oltre che per l’ultima stagione dell’anime di "Bleach" (2022-)
[3] E. Hale, "Katabasis "Down Under" in the Novels of Margaret Mahy and Maurice Gee", in K. Marciniak, Our Mythical Childhood…The Classics and Literature for Children and Young Adults, Leiden, Brill, 2016, pp. 257-8. Cfr. la recensione di Giuseppe Gangi de "Il ragazzo e l’airone", citata nel corpo del testo all’ultimo paragrafo
[4] Con tsundere si intende nella produzione culturale giapponese lo stereotipo di un personaggio dal comportamento distante e scontroso che progressivamente rivela una maggiore apertura e intimità nei confronti degli altri. Un esempio molto citato, seppur ben più complesso come carattere, è Asuka Sōryū Langley di "Evangelion"
[5] Il manga disegnato da Koudon e sceneggiato dalla stessa scrittrice della light novel Hachimoku Mei si distingue non solo per un maggiore approfondimento delle personalità dei due protagonisti (che pur sembrano a tratti più stereotipati delle controparti filmiche) ma anche per la maggiore considerazione dedicata a personaggi secondari come i compagni di scuola Shōhei Kaga e Koharu Kawasaki o il padre di Kaoru, producendo una narrazione multipartita che non a caso non termina con la fuoriuscita dal tunnel di Anzu e Kaoru ma prosegue con l’elaborazione di quanto avvenuto
[6] E. Hale, op. cit., p. 257. Cfr. M. A. Quirk,"Stepping Into the Bathhouse: Physical Space and Shinto Revival in Miyazaki's Spirited Away", in Intermountain West Journal of Religious Studies, vol. 11, n. 1 (2021), pp. 31-3
cast:
Oji Suzuka, Marie Iitoyo, Tasuku Hatanaka, Arisa Komiya, Rikiya Koyama, Seiran Kobayashi
regia:
Tomohisa Taguchi
titolo originale:
Natsu e no Tonneru, Sayonara no Deguchi
distribuzione:
Plaion Pictures
durata:
83'
produzione:
Clap Animation Studio, Pony Canyon
sceneggiatura:
Tomohisa Taguchi
fotografia:
Kō Yoshina
scenografie:
Yūki Hatakeyama
montaggio:
Akinori Mishima
costumi:
Character design: Tomomi Yabuki
musiche:
Harumi Fuuki