Capodanno 1999/00, un lussuoso hotel nelle Alpi svizzere. Ci sono un losco faccendiere (Mickey Rourke), un'attempata marchesa parigina con botolo al seguito (Fanny Ardant), un pornodivo italiano in pensione (Luca Barbareschi), un miliardario inglese novantenne (John Cleese) sposato con una texana obesa di ventidue anni (Bronwyn James), un insicuro banchiere svizzero (Milan Peschel), un chirurgo estetico iberico (Joaquim de Almeida), un gruppo di modelle e mafiosi russi capitanati dal pericoloso Anton (Alexander Petrov), e un direttore preoccupato di evitare scandali (Oliver Masucci).
Un americano, un italiano e un russo, "The Palace" comincia come una di quelle vecchie barzellette, e anche le gag sono incredibilmente vecchie. Battute su genitali e pompini, merda di cane sulle lenzuola, ubriachi che vomitano, parrucchini che saltano, idraulici che seducono vecchie signore, anziani stroncati dall'orgasmo con il cazzo in rigor mortis che rimane incastrato là. Se il racconto è debitore di alcune visioni recenti, come le dinamiche di "Triangle of Sadness", gli ambienti di "Grand Budapest Hotel" e i volti de "La grande bellezza", l'ispirazione (se così si può chiamare) viene principalmente dalle commedie italiane/americane sguaiate e caciarone di fine '80/inizio '90, ricche di immaginifiche penetrazioni anali (indimenticabile il pesce spada di "Fantozzi alla riscossa"), scatologie pollockiane, e un abbandono gioioso di ogni criterio di verosimiglianza ("Una pallottola spuntata", "Weekend con il morto", o ancora il Neri Parenti di "Le comiche" se vogliamo rimanere in Italia).
Il problema insomma non è tanto che il film scandalizza, quanto che non scandalizza affatto. Troppo spuntato nei suoi riferimenti e grossolano nelle sue scenette per colpire efficacemente un bersaglio più vessato di un puntaspilli – la ricca borghesia europea, intenta a ritoccarsi gli zigomi mentre Putin va al potere. A dispetto della fluida messinscena "The Palace" procede per assemblaggio, collezionando istantanee grottesche come in un album di caricature: le interazioni fra i personaggi sono poche e prevedibili. Il personaggio di Barbareschi ad esempio, entra ed esce dall'inquadratura come un insetto ripreso per caso, senza sviluppare un proprio arco narrativo o incrociare quello degli altri. Non si ride mai, salvo un paio di smorfie del mitico John Cleese. Gli attori fanno ancora più tenerezza del pinguino domestico, ingabbiati in ruoli che si limitano alla mera ostentazione di una eccentricità stereotipata. Così vedere "The Palace" è un po' come andare allo zoo: fa tristezza per chi guarda, fa tristezza per chi ci sta dentro, e ogni bestialità è giustificata in virtù dell'ambiente.
Insomma, difficile salvare "The Palace" senza ricorrere a raffinate operazioni di alpinismo su specchi: si parla di fusione dei registri, nobilitazione del kitsch, popolarizzazione della satira, apologia del grottesco, assalto al moralismo bigotto, post-umanesimo (?). Ma la "consapevolezza" satirica dell'operazione – annunciata dal trucco massiccio, analogico e CGI, usato su attori, ambienti, scenografie – non salva il film più di quanto la consapevolezza della pallottola non salvi un suicida che sta per premere il grilletto.
cast:
Oliver Masucci, Fanny Ardant, John Cleese, Mickey Rourke, Sydne Rome, Alexander Petrov, Bronwyn James, Luca Barbareschi, Joaquim De Almeida
regia:
Roman Polanski
titolo originale:
The Palace
distribuzione:
01 Distribution
durata:
100'
produzione:
Eliseo Entertainment, Rai Cinema, CAB Productions, Lucky Bob, RP Productions, Agent Double
sceneggiatura:
Jerzy Skolimowski, Ewa Piaskowska, Roman Polanski
fotografia:
Paweł Edelman
scenografie:
Tonino Zera
montaggio:
Hervé de Luze
costumi:
Carlo Poggioli
musiche:
Alexandre Desplat