Intraprendente, dissimulatore, psicotico: così si presenta questo hater, il giovane studente Tomasz che, dopo essere buttato fuori dalla facoltà di Giurisprudenza per plagio, si reinventa esperto di social network per l'agenzia di marketing di Beata (Agata Kulesza, "Cold War") dalla morale ruvida come la sua, navigando a vista tra marketing d'assalto e becera propaganda politica. La corsa elettorale a sindaco di Varsavia del candidato gay e movimentista Rudnicki, che Tomasz vuole sabotare (in incognito) con una campagna diffamatoria, promossa dalla sua agenzia, ma che poi finge di appoggiare diventandone uno degli attivisti, mette in moto un meccanismo narrativo in cui molti personaggi concorrono per aggiudicarsi la fetta di potere a cui si sentono destinati.
Ha un plot consacrato all'attualità (o meglio, a quella pre-Covid) l’ultimo lavoro del regista polacco Jan Komasa ("Corpus Christi"), premiato al Tribeca e disponibile su Netflix, dopo che la distribuzione in sala è stata interrotta lo scorso marzo 2020 a seguito delle chiusure. Dovrebbe aprire una discussione, questo film, la cui narrazione è fortemente immersa nel presente del suo paese, la Polonia, che ha conosciuto una rapida espansione economica lasciandosi però attraversare dai venti nefasti dell'autoritarismo e della limitazione dei diritti. Accanto a questo, come se fosse un contraltare obbligato che si fa modo (e mondo), la pentola delle fake news cucinate con l'algoritmo ha prodotto un esercito di persone che si sentono più follower che cittadini, nonché deliranti revival di fascismi: un percorso simile a molti paesi in odore di sovranismo che ha appestato, oltre che l'America First di Trump, anche l’Europa, con il blocco dei paesi di Visegrad, a cui anche l'Italia si è pericolosamente avvicinata all'epoca del governo gialloverde.
In maniera nemmeno troppo sottile ma assolutamente centrata, "The Hater" ci mostra come Tomasz si muova nell'ambiente pubblico polacco non solo per rispondere a una voglia di affermazione, bensì per suturare le lacerazioni del suo privato. Difatti, deve il piccolo benessere economico a una facoltosa famiglia, politicamente impegnata - un altro quadretto snob e ipocrita molto riuscito, quello dei cosiddetti radical-chic di sinistra - che sostiene il ragazzo ma nel contempo lo denigra per le sue ingenuità e ristrettezze.
In più, il tradizionale schema cherchez la femme: Gabi (Vanessa Aleksander), la figlia dei protettori di Tomasz. La molla che spinge il ragazzo è l'innamoramento verso questa studentessa, una cotta adolescenziale che sfocia nella mera voglia di possessione (sottilmente incestuosa, considerando che lui chiama "zietti" i genitori di lei). Gabi è deliziosa e tormentata come si conviene, e alterna con Tomasz il bastone e la carota (in questo conforme ai suoi genitori), mettendolo da parte quando diventa imbarazzante, per poi riavvicinarsi nei momenti di sbandamento esistenziale.
Tomasz si trasforma così da disadattato cronico in scheggia impazzita, un giacobino 4.0 che "non sa quello che vuole ma sa come ottenerlo": non ha un piano, ma ne imbastisce uno lasciandolo aperto a ogni improvvisazione, pronto a cogliere tutte le smarginature della sua mente nonché le carte che il destino gli mette in mano. "The Hater" diventa un poker giocato su più tavoli, sospeso tra mondo digitale, mentale e reale, vissuto pericolosamente con le armi del doppio gioco (senza trascurare quelle del terzo e del quarto). Tomasz sa bene che a lui, se si attiene alle regole, spetteranno le briciole; cerca così il sovvertimento dello status quo e mette in scena la sua rivoluzione privata, a partire dallo specchio del bagno (e dai riflessi dei suoi device), utilizzando le armi della corruzione, della menzogna, infine lasciando che il sangue scorra. Si dimostra il più scaltro, perché è consapevole - ed è questa la sua pericolosità - che se sarà sconfitto, essendo partito con poco, perderà meno di tutti.
cast:
Maciej Musiałowski, Vanessa Aleksander, Agata Kulesza, Danuta Stenka
regia:
Jan Komasa
titolo originale:
Sala samobójców. Hejter
distribuzione:
Netflix
durata:
135'
produzione:
Jerzy Kapuściński, Wojciech Kabarowski
sceneggiatura:
Mateusz Pacewicz
fotografia:
Radek Ładczuk
montaggio:
Aleksandra Gowin
musiche:
Michał Jacaszek