"Il McDonald's sarà la nuova Chiesa americana.
E poi non è aperto solo di Domenica"
Si può dire che il McDonald's, o in generale il fast-food, sia oggi diventato uno dei culti della way of life occidentale d'importazione transatlantica; uno di quei fenomeni d'abitudine che Roland Barthes avrebbe chiamato "Miti d'oggi": elementi costitutivi della nostra quotidianità su cui si è smesso (per indolenza, per inconsapevolezza, per conformismo o per mancanza d'acume) di interrogarsi, ma che potrebbero invece svelarci, se intelligentemente interrogati, elementi cardine del nostro modo di pensare e di vivere.
E tuttavia "The Founder", nel raccontare la nascita della più celebre catena di ristorazione al mondo, non si preoccupa soltanto di denunciare il sostrato economico-sociale che ne costituisce l'impalcatura, ma parte pretestuosamente dalla vicenda personale dell'imprenditore Ray Kroc per raccontare un universale istinto di prevaricazione che ha sede nell'uomo stesso, al di là di ogni sua possibile collocazione storico-geografica.
Perciò, nonostante gli arcinoti archi dorati su sfondo rosso siano ormai divenuti il simbolo del capitalismo e del consumismo all'americana, l'opera di John Lee Hancock non si appiattisce sulla struttura del film di denuncia politica (com'era stato ad esempio per "Capitalism - A Love Story" di Michael Moore), ma guarda oltre e si avvicina per certi versi (sì che è difficile evitarne il paragone) al capolavoro di David Fincher: "The Social Network". Il Ray Kroc interpretato da un convincete Michael Keaton ammicca con enfasi all'eisenberghiano Mark Zuckerberg: anche lui si scontra con un'idea geniale e innovativa; anche lui è disposto a tutto per portarla avanti; anche lui si ritroverà a calpestare i corpi adirati di amici e colleghi cui non sarà concesso di condividere il podio del vincitore.
E così come il padre di Facebook, il patrigno del Cheeseburgher viene presentato allo spettatore come una personalità ambigua: esso è sì il genio visionario che ha saputo veder lontano e creare qualcosa di inesistente e fino ad allora impensabile; ma è anche il viscido manipolatore, incapace di fermarsi nel suo machiavellico piano verso l'arricchimento e la gloria.
Agli antipodi stanno invece i fratelli McDonald, le vere menti creative responsabili dell'invenzione di quel nuovo modello di ristorazione, incapaci però di estendere quel piccolo chiosco di famiglia alle dimensioni di un impero gastronomico e commerciale.
È la spietata lotta per il successo che viene qui tematizzata: una lotta universale in cui i valori morali dell'amicizia, del rispetto e del riconoscimento del merito vengono sacrificati in nome di una supremazia e di una popolarità visti come i fini supremi di ogni esistenza terrena.
Ma la sobria regia scolastica, che sceglie di non investire in innovazioni tecniche né in una ridefinizione del genere del biopic, risulta forse eccessivamente distaccata nella narrazione, sia a causa di una messa in scena che preferisce non rischiare e che si adatta di buon grado a uno stile manualistico senza infamia e senza lode; sia soprattutto nel mantenersi in una posizione neutrale (almeno apparentemente) nel giudicare la vicenda. Se da un lato infatti il film sembra cadere in una morale individualista tipicamente a stelle e strisce, in cui il raggiungimento del successo è da commemorarsi sempre e comunque come un traguardo eroico ed esemplare, tuttavia esso sembra talvolta propendere per una critica a quello stesso sistema economico personificato da Michael Keaton, senza accorgersi che l'esaltazione del personalismo difficilmente potrà andare d'amore e d'accordo con la critica al modello capitalistico senza raggiungere in breve tempo una contraddizione in termini.
Scelta vincente invece quella dell'attore protagonista (che dopo il successo di "Birdman" è al centro di una sorprendente riscoperta), capace di convincere sia nel ruolo iniziale dell'inetto venditore di frullatori, incapace di emergere in un mondo in continuo progresso; sia nella parte del cinico visionario senza scrupoli, cui non importa tanto regalare al mondo un nuovo mito, quanto regalare a se stesso un'imperitura fama.
13/01/2017