Greg Sestero - "The Disaster Artist: My Life Inside the Room, the Greatest Bad Movie Ever Made" (Simon & Schuster, 2013 - TdA)
Era questione di tempo prima che qualcuno a Hollywood si decidesse a prendere il libro sulla lavorazione di "The Room" e a farci una commedia. Il film drammatico di Wiseau era già un cult al rovescio per la sua involontaria comicità e per l'eccentricità del suo creatore, celebrato da proiezioni speciali ed esaltato dai racconti di Greg Sestero (per approfondimenti rimandiamo al
nostro speciale). "The Disaster Artist" è un film su un film, a cui si sommano le vicende biografiche dei protagonisti; un mix rischioso sotto vari punti di vista: rendere la storia comprensibile e godibile anche a chi non ha mai visto "The Room", in America e all'estero; fare di Tommy Wiseau un personaggio e non una macchietta; e poi quei soliti ostacoli di costringere la realtà dentro la finzione e la narrativa dentro un film. Così la scena in cui Franco/Wiseau non riesce a memorizzare e ripetere la battuta (che lui stesso ha scritto) "I did not hit her" (ecc.) deve risultare divertente per tutti, sia per chi quella scena ce l'ha ben presente, sia per chi non l'ha mai vista. Il film di Franco costruisce le premesse, ci porta a quel punto e ridiamo perché abbiamo imparato a conoscere il personaggio, perché siamo atterrati sul "pianeta Wiseau" e siamo entrati in quel mondo ridicolo che fu la produzione di "The Room". Soprattutto quella scena ci mostra un elemento chiave: l'amicizia tra Wiseau e Sestero. È quest'ultimo infatti a risolvere la situazione, a sbloccarlo e in generale a fare in modo che il suo sogno, per quanto folle, continui.
Non ci si stanca mai oltreoceano di raccontare il sogno americano, che si realizzi o meno, che ci porti dove vorremmo stare o che si infranga mostrando il lato oscuro a stelle e strisce. In "The Disaster Artist" Tommy realizza il suo sogno? Termina il suo progetto narcisista, il suo riscatto, tutto da solo, con costanza e determinazione, ma il risultato gli si ritorce contro. Doppiamente, perché Tommy, nonostante il suo accento e il suo aspetto, si dichiara americano e ama l'America. Ottiene la fama al prezzo di essere deriso, l'arroganza presenta il conto. Non c'è solo la ridicola lavorazione del film, ma anche una vicenda umana fatta di solitudine, rifiuto e sofferenza, di amicizia e lealtà che rende amare molte delle risate, che porta a nutrire verso Wiseau un sentimento ambivalente. Franco racconta l'ossessione di Wiseau di essere tradito e sfruttato, il suo atteggiamento abusivo sia sul set che nella relazione con Sestero, i tentativi di quest'ultimo di farlo ragionare.
Tommy e Greg si conoscono in una scuola recitazione di San Francisco. La disinvoltura con cui si presenta l'uno manca all'altro. Diventano amici nonostante la differenza di età e le stranezze di Tommy; si spostano a Los Angeles per lavorare nel cinema come attori. Dopo una serie di rifiuti, Wiseau decide di girare il suo film, nonostante sia assolutamente impreparato. Resterà sempre un mistero la fonte dei soldi con cui produsse il film.Inevitabilmente Franco smussa gli angoli della storia di Sestero e dei personaggi. Nella realtà l'attore-modello ad esempio non era proprio così sprovveduto e alle prime armi, non aveva immediatamente condiviso l'appartamento con Tommy e soprattutto aveva inizialmente rifiutato il ruolo di Mark, consapevole dell'inevitabile naufragio di "The Room". Franco è in sostanza fedele al libro, aggiunge e modifica situazioni e reazioni per dare struttura al film, connota chiaramente i personaggi, prende scorciatoie e condensa, rende alcuni momenti simbolici per portare la storia in certi luoghi - come la resa di Greg a tagliarsi la barba e rinunciare a un ruolo in "Malcolm in the Middle" (altro elemento non presente nel memoir di Sestero, qui inserito forse a beneficio della comparsata di Bryan Cranston). Tutto da manuale: questo è il cinema con le sue regole, quelle regole che Wiseau non seppe applicare, pur conoscendole implicitamente.
Il Franco regista sembra prediligere la materia letteraria come spunto (in passato i nomi erano stati decisamente più significativi - Faulkner, Steinbeck e McCarthy, quindi qualunque accostamento sarebbe vano), tiene il ritmo della commedia con i giusti tempi, sviluppandola in modo fluido, risparmiandoci il più possibile luoghi comuni, appoggiandosi a convenzioni drammaturgiche. Si serve della camera a mano (imbracata sul petto dell'operatore - Brandon Trost ha spesso lavorato con Seth Rogen) per tenere tutto sempre in movimento, gioca con i campi lunghi per creare contrasti e isolare Wiseau. Tecnicamente, possiamo solo immaginare quanto possa essere stato divertente ricostruire con precisione il film nelle scene riproposte, inquadratura per inquadratura. Anche se alcune gag non sono straordinarie o freschissime e potevano essere un po' più elaborate, altre provocano una sensazione scomoda. Sulle sue capacità comiche non c'era da dubitare, e infatti come attore è dove Franco riesce meglio: poteva limitarsi a una facile imitazione, certamente accentua alcune caratteristiche sull'altare della comicità, ma allo stesso tempo si sforza di mostrarci il lato umano di Wiseau, la sconfitta e la fragilità di questo adulto-bambino ambiguo, in parte ingenuo e sognatore, narcisista e spietato, che gira un film per pura vanità, per esprimere quanto si fosse sentito tradito dal mondo intero.
"The Disaster Artist" paga i limiti delle premesse e la sceneggiatura piega con mestiere sui lati più comodi e sicuri. Altra cosa che manca al film di Franco è riuscire a trasmettere la complessità di Sestero, il suo ruolo in "The Room" e nella vita di Wiseau: Dave Franco è comprimario e non complice quasi alla pari come è lecito pensare sia stato nella realtà. Ma forse questo sarebbe materiale per un altro film. Rispondono all'appello Judd Apatow in una scena in cui frantuma i sogni di Tommy, e Seth Rogen, amico e collega di Franco dai tempi di "Geeks and Freaks". In apertura una piccola parata di personalità che, come Rogen (qui anche produttore esecutivo) si interessarono quasi subito al "fenomeno". Franco invece lo scoprì solo in seguito, ma la storia di un attore che cerca di emergere è sicuramente sentita anche per lui. Dave Franco sta trovando la sua indipendenza e la sua maturità, sia al cinema che in televisione (nell'interessante "Easy" di Joe Swanberg, ad esempio), ma si appoggia ancora un po' troppo ad alcune smorfie da contenere.
Wiseau, com'era prevedibile, ha cercato di mettersi in mezzo; ha preteso un cameo (lo si vede dopo i titoli di coda), ha partecipato alla promozione e tentato di strappare il microfono a Franco durante la premiazione del Golden Globe. Stranamente pare abbia avuto poco da ridire - solo dei dettagli tecnici sulla fotografia. Dove il film di Franco funziona è nella parte di commedia, godibile dall'inizio alla fine, nel racconto della ridicola, eccentrica lavorazione di "The Room"; un po' di confusione si crea nel tema del film, indeciso se riflettere più sulle chimere del sogno hollywoodiano, sull'ottenere la fama ma non per quello che si vuole, sul non arrendersi, sulla solitudine dell'uomo-Wiseau, sulla complessità di Sestero, sulla loro amicizia. Questi limiti erano inevitabili, le premesse stesse del film li imponevano. Chissà cosa ne sarebbe uscito se Franco si fosse solo ispirato alle vicende di "The Room" per qualcosa di originale.