"
Cloverfield", molto lentamente, si è conquistato un posto nel calderone dei
franchise cinematografici: nel 2016, otto anni dopo il primo capitolo, la Bad Robot di J.J. Abrams caccia fuori un titolo da allerta che sa di seguito, "
10 Cloverfield Lane". Diretto? Indiretto? Il film è un gioco al metatesto, racconto da camera, puzzle sospeso come un thriller, ammiccante al "campo di trifogli", ma senza mai seminare la prova decisiva di appartenere all'universo con la Statua della Libertà decapitata. Tutto funziona, il finale esonda fanta-action fuori dagli schemi in precedenza delineati, mentre la bella protagonista Mary Elizabeth Winstead si chiede se stia succedendo davvero. È un successo.
Due anni dopo ecco il terzo, "The Cloverfield Paradox", le cui attese verrebbe voglia di riporle in una narrazione nuovamente alternativa il cui distinguo è appunto il
ludus innescato dalla collocazione nell'universo
Cloverfield.
Invece "The Cloverfield Paradox" cala le carte, si mostra come il progenitore di "
Cloverfield" e disillude lo spettatore in maniera pigra. Mentre una stazione spaziale aziona ripetute volte l'acceleratore di particelle Shepard per generare nuova e infinita energia andando incontro a un problema dimensionale, sulla Terra la crisi energetica inizia a essere accompagnata da strani episodi di violenza e distruzione collegabili alla tensione mondiale tra gli stati. Non è la guerra, bensì qualcosa che dietro a polvere e detriti ha l'aspetto di un essere che ricorda proprio
quel mostro, e il gioco dietro al titolo decade davanti all'evidenza.
Non rimane che concentrarsi su cosa sia il film ma soprattutto sul
come, cioè l'aspetto narrativo caro ai titoli in questione, evidentemente spontaneo in "The Cloverfield Paradox" che predilige una fantascienza classica e null'altro. Anzi, pericola presto in una stonante cadenza da
b-movie in mezzo a sparate grossolane (un
influencer sulla terra, contrario alla missione, parla di demoni e bestie del mare), dialoghi tagliati troppo su misura per la situazione e resi ancor più sgradevoli da ironia infelice. Per concludere, si trova il modo di inserire la componente horror senza troppa cura (nemmeno digitale) di farne chiarezza fantascientifica, quanto meno per la categoria a cui appartiene dato che viene tirato nel gioco il Bosone di Higgs. "
Life" fu molto più attento a frenare le sue spacconate spaziali con meccanismi scientifici verosimili. L'incidente temporale è ovviamente fantastico e inspiegabile, tuttavia la corrispondenza tra questo e le situazioni a seguire sembrano quasi completamente illogiche (un arto senziente privo del corpo?).
Accettato il livello di pretese degli autori, la visione generale del regista Julius Onah è tutto fuorché pessima: il film gira bene sia nelle parti action che in quelle thriller, azzeccando i toni da Guerra Fredda che si vivono sulla stazione spaziale. Si formano dei blocchi ben riconoscibili tra le rappresentanze in orbita declinate secondo nazionalità e mansioni, un microcosmo in cui i tecnici (compreso il medico) sono cristianamente religiosi mentre gli scienziati no. Ancora enormi semplificazioni, come la donna cinese che comunica solamente nella sua lingua, ma nell'economia della visione scongiura il film dal totale anonimato. Incredibile invece come la marca
Clover-verse, che dovrebbe impreziosire il prodotto, sia l'elemento detestabile che sbilancia le precarie ambizioni di "Paradox". Il paradosso è in realtà un patchwork di una prima sceneggiatura del 2012 la cui pre-produzione fu arrestata per poi passare alla Paramount e dunque alla Bad Robot, la quale decise di farne il terzo capitolo della saga. Purtroppo si evince dal modo annoiato e svogliato con cui le scene sulla Terra siano legate alla trama principale, e da come il disastro spazio-temporale causato dal team della Shepard rimandi pedantemente all'agnizione finale urlata (letteralmente) ma di cui non importa nulla a nessuno, tanto era chiaro che accadesse.
Se neppure il meccanismo del plot-twist infila la giusta direzione, di "The Cloverfield Paradox" rimane unicamente una campagna marketing unica nel suo genere, annunciato per la prima volta durante il Super Bowl del 2018 e immediatamente disponibile sulla piattaforma Netflix, vorace bisogno di una serialità dimenticabile.