Mae Holland (una Emma Watson mai molto convincente) viene assunta presso The Circle, potente azienda informatica della Bay Area di San Francisco, la cui sede è un immenso edificio circolare che fa venire in mente il Panopticon di Bentham. I riferimenti sono tanti e facili, a partire da "1984" di Orwell, cui Dave Eggers si ispira apertamente già nel romanzo da cui il film è tratto (non ricordano un po' i motti del capolavoro di Orwell - La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza - gli slogan di The Circle quali I segreti sono bugie, Condividere è prendersi cura?). Eggers sostiene di non essersi ispirato direttamente a nessuno dei colossi della Silicon Valley, ma il riferimento a Google è piuttosto evidente, a partire dalle caratteristiche con cui a The Circle è organizzata la giornata lavorativa, in un'ideale comunitario dove la separazione fra vita privata e professionale è annullata e ogni risorsa individuale può, anzi deve, esser messa al servizio della comunità-azienda.
La prima parte del film presenta lo stupore e lo sconcerto di Mae, calata in questo contesto dove viene invitata a immergersi completamente, weekend inclusi, e in cui anche il mondo esterno viene coinvolto e aiutato dalle risorse di cui dispone The Circle (il padre, malato di sclerosi multipla, viene preso in cura dall'azienda). Mae è da subito affascinata (Non potrei più lavorare da nessun'altra parte) ma anche turbata. Non l'abbandona (e assieme a lei non abbandona lo spettatore) lo scetticismo verso le ambizioni aziendali, plateali già nel primo discorso-show del capo Eamon Bailey, dove si ostenta la possibilità di riprendere qualsiasi angolo del mondo (di nascosto, tramite microscopiche videocamere piazzabili ovunque) e renderlo visibile a chiunque, in tempo reale. La vocazione di The Circle è chiara, e non può che spaventare. Guardare tutto, immagazzinare ogni dato, senza farsi sfuggire nulla di quel che succede sul pianeta.
Eamon Bailey ha il volto sornione di Tom Hanks: una scelta di cast azzeccata affidare il personaggio del villain a un campione di ruoli edificanti. Lo scetticismo si trasforma in ansia crescente, finché Mae non compie un gesto azzardato che potrebbe comprometterne la carriera. Da quel momento il gioco è fatto: facilmente ricattabile, ma anche abile e dotata, diventa una pedina in mano a Bailey, che se ne serve per affondare il piede sull'acceleratore del progetto: la "chiusura del cerchio", l'instaurazione di una pseudo-democrazia totale che ha i contorni inquietanti di un sistema totalitario, cui la maggioranza aderisce entusiasta, mentre chi resiste è facilmente demonizzato in quanto ha qualcosa da nascondere, e, come vien detto da Bailey, solo il crimine ha qualcosa da nascondere.
Qualcosa non funziona sin dall'inizio, in "The Circle". Da un lato corrisponde alla realtà attuale, descrivendone l'ansia di condivisione totale in cui la privacy di colpo sembra diventata un valore da poco. Il ritratto è tale che romanzo e film possono vedersi non come distopie futuribili quanto come elaborazioni immaginarie perfettamente declinabili al presente (le denunce di Snowden, le rivelazioni di Assange: tutto è già agli atti). Qui non si parla, in effetti, di ciò che potrebbe essere, ma di ciò che già è. E però proprio qui sta il problema: la vocazione totalitaria di The Circle si innesta sulla realtà troppo esplicitamente e con troppa naturalezza. È inverosimile che i propositi di The Circle non turbino nessuno tranne la protagonista e un paio di altri personaggi. E lo spettatore, naturalmente. In quest'opera, che si prende forse troppo sul serio, da un lato c'è troppa realtà, dall'altro qualcosa in più, che vorrebbe farsi metafora ma resta escluso dal processo di sospensione della credulità. Google, Facebook e compagnia bella si prestano davvero alle potenziali conseguenze che il film lascia immaginare: ma mantengono un volto rassicurante (un volto, non un'essenza) che l'inquietante The Circle non possiede. Ciò che già è realtà, lo è diventato in quanto piace: corrisponde ai nostri desideri pur celando molti lati oscuri, che minimizziamo pur essendo sotto gli occhi di tutti. Sarebbe proprio questo, semmai, ciò che davvero dovrebbe inquietarci.
Forse si dovrebbe diffidare delle trasposizioni di romanzi troppo celermente portati sullo schermo e la cui sceneggiatura viene affidata allo stesso autore del romanzo (che sceneggiatore di professione non è, e si vede costretto a ridurre, tagliare per lo schermo la sua prima creatura, quella letteraria). Nel nuovo film di James Ponsoldt - di cui un anno fa avevamo pure apprezzato "The End of the Tour" - si perdono la complessità e le ambiguità che caratterizzano "Il cerchio" di Dave Eggers (2013). Il discorso che il film porta avanti è invece troppo urlato, e privo di sfumature. E tarda ad appassionare anche sotto il profilo narrativo, che è elementare e prevedibile (la caccia all'uomo che vediamo a un certo punto ha un esito scontato; piuttosto facilmente si intuisce l'esito finale del film). Scenografie e messa in scena sono levigate e nette, così come la trama: assomigliano ai tratti facciali di Emma Watson. Anche le dinamiche fra Bailey e la protagonista sono squadrate alla buona: il capo che, per servirsene, plagia il ribelle, quest'ultimo che diventa il miglior alleato del suo vecchio nemico (si provi a fare il confronto con i rapporti di forza non troppo diversi, sulla carta, fra i due protagonisti di "The Master" di P.T. Anderson... Il film di Ponsoldt ne esce con le ossa rotte).
Peccato anche per un'altra occasione sprecata. Incentrato com'è il film sulla possibilità di vedere tutto, registrare e immagazzinare ogni immagine, sarebbe stato interessante un approfondimento del tema della perdita di valore delle immagini. Il film insiste invece, a tal riguardo, sull'abdicazione alla privacy in nome della condivisione totale: Bailey persuade Mae che le emozioni da lei vissute in prima persona dovrebbero essere registrate in modo da poter essere condivise da tutti. Discorso abbastanza paradossale, che banalizza e travisa un tema viceversa molto attuale come quello della perdita di senso delle immagini, delle esperienze che esse veicolano, dei significati di cui le immagini sono da sempre depositarie. In un mondo dove le immagini proliferano, dove tutto è guardabile, registrabile, condivisibile e facilmente dimenticabile, le immagini perdono spessore e rischiano di attestarsi su una superficialità orizzontale, dove è sempre più difficile distinguere profili di senso o attingere a una qualche profondità. Ma non è di questo che parla "The Circle".
cast:
Ellar Coltrane, Bill Paxton, Karen Gillan, John Boyega, Tom Hanks, Emma Watson
regia:
James Ponsoldt
titolo originale:
The Circle
distribuzione:
Good Films
durata:
110'
produzione:
EuropaCorp, Imagenation Abu Dhabi, Likely Story, Playtone
sceneggiatura:
James Ponsoldt, Dave Eggers
fotografia:
Matthew Libatique
scenografie:
Gerald Sullivan
montaggio:
Lisa Lassek
costumi:
Emma Potter
musiche:
Danny Elfman