Lanciato sul mercato ben prima del 22esimo Far East Film Festival come la risposta cinese a "Sully", questo air disaster movie presenta novità volte a rovesciare alcuni stilemi del genere, ma rimane decisamente lontano da ogni aspirazione autoriale a causa di alcune ingenuità e della smaccata retorica propagandistica di stato che stride con l’impianto generale del film.
Rifacendosi a fatti realmente accaduti, Andrew Lau, il ben più fortunato coautore di "Infernal Affairs" e autore di "Identikit di un delitto", propone sul grande schermo la vicenda del volo di linea SU 8633 della Sichuan Airlines che nel 2018, mentre si trovava a oltre 9000 metri di altezza, perse improvvisamente quota per la depressurizzazione della cabina di pilotaggio, costringendo il capitano Liu Changjian a ricorrere a tutta la sua esperienza per evitare l’irreparabile. Se sul piano storico lo slogan con cui è stato presentato "The Captain", ovvero la versione cinese di un atto di eroismo nei cieli, può essere accettato, su quello più strettamente cinematografico, la pretesa di rivaleggiare con l’opera di Clint Eastwood risulta velleitaria.
Fin dall’incipit, infatti, le distanze rispetto alla mano del regista statunitense sono piuttosto marcate. Le prime inquadrature sono per il protagonista Hanyu Zhang, intento a prepararsi per una lunga giornata di lavoro che lo vedrà prendere servizio in ore antelucane. E qui sorgono le prime incongruenze. Infatti per quanto l’intento del regista sia quello di presentare come un uomo comune un pilota che per puro senso della collettività riesce laddove molti avrebbero fallito, in realtà l'aspetto fisico, la mimica facciale e le gesta dell'attore vanno in direzione opposta: Hanyu Zhang sembra più un incrocio male assortito tra il duro Daniel Craig, sempre sicuro di sé, e un imperturbabile monaco tibetano, perennemente concentrato. Il suo modo di fare la doccia non è quello di una persona comune; a ciò contribuisce anche l’inquadratura che scende dall’alto e ce lo mostra già padrone di uno degli elementi (l’acqua) con il quale dovrà cimentarsi. Prima che egli lasci casa emerge la sua cura maniacale nella sistemazione di alcuni oggetti, mentre la dimensione intima, affettiva, è ridotta all’osso: il pilota si limita a rimboccare le coperte della figlia che, proprio quel giorno, festeggerà il compleanno. Manca in sostanza una vera back story che faccia presa sul pubblico. Ciò che ancora colpisce in Zhang è la laconicità verso i colleghi all’arrivo in aeroporto: egli si muove come un orologio svizzero, senza l’ombra di un sorriso.
Alle immagini del briefing che precede il volo si alternano quelle all’interno dell’aeroporto, con fulminee inquadrature in steadycam dedicate ora ai passeggeri, ora agli scintillanti schermi delle sale controllo, ora ai membri degli equipaggi. Si potrebbe considerare il tutto come una ventata di novità nell’ambito del genere, se non fosse che la musica che fa da sottofondo è equiparabile a quella degli spot pubblicitari. La caduta di tono più vistosa però si registra quando, poco prima dell’imbarco, il capitano chiede con orgoglio quanti tra i membri dell’equipaggio siano iscritti al partito comunista. Ammiccamento tutt’altro che velato agli organi della censura.
Uno dei topoi del genere a essere rispettato è, ovviamente, quello della tensione a bordo dell’aereo durante l’emergenza. La tripartizione del setting è pienamente canonica: cabina di pilotaggio, cabina passeggeri e centri radar. A variare è invece l’approccio nei confronti dei passeggeri. Tra loro si annovera sì una tipologia assolutamente canonica di viaggiatori: un uomo in preda all’ira non meno che al terrore, uno straniero che pare un pesce fuor d’acqua, un facoltoso ma indisponente fruitore della prima classe, bambini urlanti. Laddove invece Andrew Lau si allontana dai clichè è nel trattamento della coppia di innamorati poco avvezzi a volare. Innanzitutto manca una back story che possa farli emergere rispetto agli altri passeggeri, ma soprattutto non c’è in loro alcuna metamorfosi finale a seguito dello scampato pericolo. Per lo spettatore non c’è in definitiva il tempo di empatizzare neanche con loro.
Il regista preferisce far focalizzare l’attenzione sul pilota, durante e perfino dopo il volo. Tant'è vero che il film si chiude con una sorta di festeggiamento, un anno dopo, dello scampato pericolo. Questa scelta, se da un lato risparmia ogni possibile venatura melodrammatica al film, risulta dall’altro superflua rispetto allo happy ending: l’evento si verifica quando la spannung narrativa si è ormai allentata. Del tutto ridondanti risultano poi una decina di minuti dedicati a un gruppo di giovani appassionati di volo (sorta di nerd) che seguono tutte le vicissitudini del SU 8633 dai loro computer privati fino all’atterraggio. Tra le altre, l’ingenuità più vistosa è quella che si percepisce quando, atterrato l’aereo, i passeggeri non vengono fatti evacuare in tutta fretta come da prassi, ma viene loro concesso di attendere sotto l’aereo che il capitano discenda dalla scaletta! Per gli appassionati della computer grafica, "The Captain" è invece prodigo di movimenti di macchina ben congegnati, come ad esempio uno zoom in avanti che dall'esterno ci fa letteralmente entrare dentro la cabina passeggeri alimentando, almeno in questo frangente, il nostro coinvolgimento emotivo.
cast:
Ge Gao, Qiru Yang, Yamei Zhang, Qin Li
regia:
Andrew Lau
titolo originale:
Zhong guo ji zhang
distribuzione:
Bona Film Group
durata:
111'
produzione:
Li Jinwen
sceneggiatura:
Yu Yonggan
montaggio:
Wai-Chiu Chung
musiche:
Yu-peng Chen