Dopo la meteora "Fury" (2014) e i decisamente meno convincenti "Suicide Squad" (2016), "Bright" (2017) e "The Tax Collector – Sangue chiama sangue", David Ayer sembra aver smarrito la verve estetico-creativa che ne aveva contraddistinto gli incoraggianti inizi, quelli di "Harsh Times – I giorni dell'odio" (2005), "La notte non aspetta" (2008) e "End of Watch – Tolleranza zero" (2012). L'ex marine losangelino, giunto alla nona pellicola, apporta una serie di deviazioni rispetto al tracciato della sua carriera di regista, che tuttavia poco incidono sulla riuscita del nuovo film. La novità più lampante, a prescindere dal titolo, è l'ambientazione.
Lasciatosi infatti alle spalle le strade e i quartieri della Los Angeles brulicante di piccoli e grandi eroi e villain, Ayer, in collaborazione con lo sceneggiatore Kurt Wimmer, opta per la più (inizialmente) asettica costa orientale degli Stati Uniti, dove più viva appare la componente della medio-alta borghesia wasp, verso la quale sembra appuntare la sua attenzione. Tuttavia, sempre per quanto riguarda l'ambientazione, "The Beekeeper" gioca la sua partita su quattro tavoli forse troppo lontani tra loro perché la mano del regista possa accorciarne la stridente distanza agli occhi dello spettatore. Si passa infatti dall'assolata e idillica campagna del protagonista dedito all'apicultura, agli stroboscopici uffici illuminati da disturbanti policromie al neon dove incalliti hacker dall'aria nerd tramano milionarie truffe informatiche, ai lussuosi interni sedi di rappresentanze diplomatiche e, infine, ai giardini che fanno da sfondo allo showdown finale. Orbene, lungi dalla nostalgia di un'ambientazione integralmente monolitica (e perciò monotona) ciò che disturba nella messa in scena del film è l'incoerenza tra luoghi e personaggi, che si traduce nella scarsa plausibilità delle situazioni, che a sua volta intacca l'adesione convinta dello spettatore alla trama. Quando ad esempio vediamo un gruppo di oppositori del protagonista che accanto ai servizi di scorta della Presidente degli Stati Uniti fremono per misurarsi con lui, assistiamo a una teoria di corpulenti bodyguard, uno dei quali ha un improbabile arto bionico. In sostanza, la contaminazione fumettistica o videogiochistica se è plausibile nelle scene più propriamente action, come nell'irruzione del protagonista nella sede degli hacker, diventa debole e disturbante quando viene calata dall'alto, vuoi per un irrefrenabile ossequio alle pellicole precedenti, come il citato "Suicide Squad", vuoi per un'evidente aridità nel congegnare il sistema dei personaggi.
Per quanto riguarda la trama, essa procede in modo piuttosto scontato sul piano inclinato dell'ineluttabilità e senza offrire alcuna introspezione sui personaggi che vada oltre la superficialità. Ben poco veniamo a sapere del protagonista, e perfino il nome (Adam Clay) sembra di facciata. Appartenente in passato a un gruppo di intervento speciale (ora in sonno), dedica il proprio tempo alla cura dei suoi alveari e ingaggia una lotta senza quartiere contro i responsabili di truffe informatiche. È di poche parole e quando non usa i muscoli proferisce battute che sanno di massime oracolari tautologiche, le quali tuttavia non portano ad alcun approfondimento psicologico o dialogico con i suoi interlocutori. Egli non agisce neppure sotto l'impulso di motivazioni egoistiche personali: è semplicemente un buon samaritano che cerca il bene sociale dei deboli. Inoltre, l'assenza di un personaggio che svolga la funzione di mentore isterilisce e appiattisce il profilo del protagonista. È probabile che anche la scelta di scritturare Jason Statham per il ruolo dell'apicultore non sia felicissima: un po' come affidare a Mark Wahlberg quello dell'insegnante di biologia in "E venne il giorno" (2008). Perfino più discutibile, nei panni del direttore della CIA, un Jeremy Irons che a tratti sembra quasi chiedersi come sia capitato all'interno del film. Più in generale, per quanto riguarda la sceneggiatura di Kurt Wimmer, essa è figlia di una visione fin troppo manichea, come quella presente in "Giustizia privata" (2009).
Per quanto riguarda la messa in quadro, David Ayer vuole che tifiamo da subito senza se e senza ma per lo spigoloso vendicatore che vive all'aria aperta: per questo inizialmente insiste nel riprenderlo dal basso. Secondo il più puro stile improntato a "John Wick" (2015), la plausibilità di Adam Clay è garantita dalla sua fama, a sua volta reificata nelle discussioni tra coloro che spavaldamente lo attendono al varco per scontrarvisi. È invece nelle scene propriamente action che il film guadagna quota, col dinamismo visivo ricercato da Ayer grazie al buon gioco delle macchine da presa e alla loro collocazione. Adam Clay, inoltre, con certosina fantasia omicida non liquida mai allo stesso modo i propri nemici lasciandosi dietro in campi lunghi quel che resta di loro. Alla perizia costruttiva nel montaggio di queste scene non corrisponde purtroppo pari cura in altre, come quando con un maldestro montaggio ellittico si cerca di camuffare la scarsa plausibilità del protagonista che, munito di due taniche di benzina, accede senza difficoltà al check in di un palazzo in vetro-cemento. Infine, la conclusione di "The Beekeeper" lascia chiaramente trasparire se non l'intenzione, almeno la possibilità di un sequel.
cast:
Jason Statham, Emmy Raver-Lampman, Bobby Naderi, Josh Hutcherson, Jeremy Irons, David Witts, Michael Epp, Taylor James, Jemma Redgrave
regia:
David Ayer
titolo originale:
The Beekeeper
distribuzione:
01 Distribution
durata:
105'
produzione:
Cedar Park Studios, Miramax
sceneggiatura:
Kurt Wimmer
fotografia:
Gabriel Beristain
scenografie:
Sophie Newman
montaggio:
Geoffrey O'Brien
costumi:
Kelli Jones
musiche:
Jared Michael Fry, David Sardy
Un’umile donna che lavora per raccogliere denaro da devolvere in beneficenza si suicida dopo aver scoperto di essere stata raggirata. Un misterioso apicultore, che si fa chiamare Adam Clay e conosce la donna, prende di mira la società informatica costituita da hacker senza scrupoli, responsabili della truffa. Proseguendo nelle indagini personali scoprirà che i veri responsabili del reato sono molto più in alto.