È il deus ex machina di questa operazione, come da tradizione del miglior cinema indipendente low budget, Franklin Ritch, che dirige, co-produce, scrive, monta e pure recita in "The Artifice Girl" presentato in anteprima italiana al Trieste Science+Fiction Festival, dove si è aggiudicato il premio principale del concorso, assegnato dalla giuria presieduta da Neil Marshall.
In una storia che intreccia tematiche sicuramente abusate nel cinema di fantascienza – l’intelligenza artificiale, i suoi confini, il rapporto con l’uomo – il regista americano riesce a innestare un circolo virtuoso di idee che consente di far coesistere un budget ridotto e un genere che di solito ha invece bisogno di ben altri mezzi.
La storia del mago delle tecnologie Gareth (il personaggio interpretato dallo stesso regista), impegnato in una personalissima battaglia contro la pedofilia e i predatori online, per vendicare un passato che affiora a sprazzi, è suddivisa in tre parti nettamente separate, ciascuna delle quali connotata e caratterizzata da elementi formali e sostanziali ben specifici e ben delineati.
La prima parte, ambientata in un commissariato di polizia in cui Gareth viene interrogato dagli agenti speciali Dena Helms (Sinda Nichols) e Amos McCullough (David Girard), richiama il poliziesco più tradizionale, che del resto ha tramandato i propri influssi su momenti capitali della fantascienza più celebrata, a partire da "Blade Runner" e dagli interrogatori di Rick Deckard.
Un’ellissi temporale di qualche lustro introduce una seconda parte ancora una volta di taglio poliziesco, ma decisamente più spostata verso la speculazione intellettuale che coniuga scienza, filosofia e tecnologia: il software ideato da Gareth anni prima per incastrare i pedofili, avente le sembianze di una bambina virtuale (Tatum Matthews) incaricata di raccogliere indizi contro i predatori del web, ha raggiunto uno sviluppo che lo colloca ai gradini più elevati dell’intelligenza artificiale, quella che inizia a confondersi con l’intelligenza umana, in attesa del passo successivo, la trasmigrazione dal mondo virtuale a quello reale, mediante la creazione di un corpo fisico che possa ospitarla.
Ed è quel che si verificherà nella terza parte, distante un buon mezzo secolo dalle prime due, dove il ruolo di Gareth passa sulle spalle ottuagenarie dell’icona dello sci-fi Lance Henriksen, ben più di un caratterista, come ancora oggi riesce a dimostrare, elevando nettamente il livello, fino a quel momento un po’ compassato, della recitazione.
Franklin Ritch ha il pregio di raccontare tutto ciò con convinzione, soprattutto in fase di scrittura. L’ambientazione estremamente statica delle vicende, infatti, fa sì che a dominare la scena siano i dialoghi, curati in maniera puntigliosa dal regista-sceneggiatore ben più di quanto venga curata la messa in scena, castrata dalle atmosfere claustrofobiche di interni spartani e poco luminosi, con l’eccezione – voluta – della parte finale, che invece regala una fotografia totalmente ariosa e brillante, sebbene ancora una volta confinata all’interno di un’ambientazione limitata e castigata (con l’unica eccezione di un piuttosto canonico flashback girato principalmente in esterni). A conferma delle intenzioni di Ritch di limitarsi costantemente all’essenziale, per far prevalere la parola sulle immagini.
Il risultato è comunque indubbiamente suggestivo e di discreto livello, anche se per valutare più attentamente le capacità e le idee di questo giovane e sicuramente promettente regista occorrerà rivederlo all’opera in un film meno limitato nei mezzi, in cui possa esprimere al meglio un respiro cinematografico che in "The Artifice Girl" si avverte soltanto in parte.
cast:
Tatum Matthews, David Girard, Sinda Nichols, Franklin Ritch, Lance Henriksen
regia:
Franklin Ritch
titolo originale:
The Artifice Girl
durata:
93'
produzione:
Paper Street Pictures, Blood Oath, Last Resort Ideas
sceneggiatura:
Franklin Ritch
fotografia:
Britt McTammany
montaggio:
Franklin Ritch
musiche:
Alex Cuervo