Presentato durante la settimana della critica di Venezia 2015, "Tanna" rappresenta l'esordio nel lungometraggio di finzione dei due documentaristi Bentley Dean e Martin Butler e può vantare due primati di tutto rispetto. E' infatti il primo film girato nella lingua vanuatu, parlata dalla comunità che vive nell'isola vulcanica del Pacifico da cui l'opera prende il titolo e inoltre è stata la prima pellicola di produzione australiana (anche se in realtà si tratta di una coproduzione con la locale repubblica di Vanuatu) ad essere stata nominata all'Oscar nella categoria di Miglior Film in Lingua Straniera (da noi comunemente detta Miglior Film Straniero, dicitura che però non fa capire che in questo caso non essere anglofono è un prerequisito importante quanto non essere prodotto negli States, e questo spiega come mai i film inglesi o australiani non possono quindi essere presi in considerazione, a meno che non siano girati in una lingua diversa da quella di Shakespeare). Sulla scia della candidatura adesso esce nelle nostre sale in poche copie, ma speriamo che qualcuno riesca comunque a vedere questa opera così insolita .
Ambientato nel villaggio di Yakel, il film racconta la storia di due giovani innamorati che decidono di stare insieme nonostante le rispettive famiglie non approvino la loro unione. Sembra uno spunto classico alla "Romeo & Giulietta" e gli usi e i costumi della tribù almeno inizialmente ti farebbero collocare la vicenda in epoche passate. In realtà quella che i due registi hanno deciso di raccontare è una storia ripresa dalla cronaca relativamente recente, visto che è avvenuta nel 1987 e nel film non mancano riferimenti alla regina Elisabetta II e al principe Filippo, i cui settant'anni di matrimonio vengono visti (forse non del tutto a torto) come il frutto di un matrimonio combinato, per quanto particolarmente fortunato.
Al centro della vicenda ci sono Wawa e Dain. Lei è una ragazza ormai in età da marito, lui il nipote del capo villaggio. I due si piacciono ma gli Yakel sono da tempo in rapporti critici con la vicina tribù degli Imedin e a farne le spese è pure il nonno di Wawa, che viene aggredito mentre aveva accompagnato la nipotina più piccola, Selin, a fare un'escursione sul vulcano che per gli abitanti della regione è la dimora della Dea Madre. Per cercare di migliorare i rapporti fra i due gruppi, gli Yakel propongono un matrimonio fra due membri delle due comunità e neanche a farlo la scelta cade proprio su Wawa, che si dovrà sposare con un ragazzo Imedin. E i suoi sentimenti per Dain? In verità quelli sembrano contare poco, perché il kastom (il costume locale, regole di vita che sono parte integrale dell'identità della popolazione) non prevede i matrimoni per amore dato che le unioni sono una questione decisa all'interno della comunità, quindi chi si sottrae a questa regola va incontro a guai seri. Persino la famiglia di Wawa, presentatasi come amabile e solare, si mostra intransigente nei confronti della ragazza. Dunque non resta che darsi alla fuga; ma per andare dove? Le altre tribù non accolgono i due per non inimicarsi Yakel e Imedin, mentre la locale comunità cristiana (la cui rappresentazione è una delle scelte più forti del film) è vista come una manica di dissennati ai quali la fede occidentale pare non avere giovato affatto. Inoltre gli Imedin hanno giurato vendetta contro Dain, accusandolo di avere di fatto rapito una loro sposa e per questo condannato ad essere ucciso; la vicenda avrà una conclusione amara ma forse gli Yakel impareranno che anche le tradizioni secolari possono essere riconsiderate.
Butler e Dean per mettere in scena la loro storia si affidano ad un cast di non professionisti ma i risultati sono ugualmente piuttosto notevoli, specie per quanto riguarda Marie Wawa e Murgau Dain, chiamati ad interpretare i due protagonisti. Ovviamente il loro background documentaristico lo si riconosce nel descrivere i riti e le abitudini della gente Yakel e l'abilità di Dean alla fotografia permette di immortalare la bellezza dei paesaggi di Tanna, senza farla sembrare una meta turistica. Le musiche di Antony Partos (cui ha collaborato anche Lisa Gerrard) contribuiscono poi a rendere ulteriormente suggestivo il risultato. Anche se l'impostazione della pellicola resta sostanzialmente realistica, guardando "Tanna" è facile ritrovare le influenze di maestri riconosciuti del cinema contemporaneo come Weir, Malick e Herzog, cineasti che hanno saputo raccontare la poesia ma anche l'inquietudine dei paesaggi naturali. I due registi però sono anche debitori dell'opera di Rolf De Heer, uno degli autori australiani che maggiormente ha portato la sua attenzione sulle comunità aborigene (e non a caso il film è montato da Tania Nehme, sua collaboratrice abituale), ricordando che il cinema per quanto concerne le popolazioni oceaniche ha ancora molte cose da raccontare.
07/05/2017