Soon-yi è una timida fanciulla maritata male, cui la suocera impone di seguire il marito in Vietnam.
La vediamo cantare mentre lavora, e prendersi una partaccia dalla suocera, urtata dal fatto che mentre lei canta suo marito è sotto le armi. Così, per sfuggire alla situazione e con l'obiettivo in mente di riprendersi il marito o, almeno, arrabbiarsi con lui per averla abbandonata, va all'ufficio che decide le partenze per il fronte. Per poter essere autorizzata a partire non ha nessun'altra possibilità che sostituire la cantante di una band che sta per imbarcarsi. Durante il viaggio prova con il gruppo e, appena sbarcati, tentano di intrattenere le truppe. Il loro primo tentativo è coi soldati americani, ma Soon-yi ha difficoltà con le canzoni e il gruppo va male. In seguito riescono ad incontrare i soldati coreani e con loro la band prende il volo.
Lee Joon-Ik è un regista abile, di cui finora avevamo avuto modo di apprezzare solo le commedie, in cui il tono nostalgico e l'amore per la musica rendevano facile l'identificazione coi suoi vivissimi personaggi. Ma in questo "Sunny" lo spessore sembra raddoppiare, così come il messaggio dell'intera opera. Insomma, non siamo più davanti al potere dei sogni, come Lee Joon-Ik ci ha abituati, ma bensì assistiamo al brusco risveglio dato dalla distruzione delle illusioni.
Tutta la prima parte del film è incentrata sui tentativi del manager di infiltrarsi nel business dell'intrattenimento, anche con modi non del tutto onesti. Il tono prevalente è quello della commedia, e il gruppo costruisce a mano a mano una sua popolarità presso le truppe.
Certo l'atmosfera è quella di una tragedia che incombe, ma per adesso è al di là da venire, e la band solidarizza coi soldati e ne allevia l'ansia per la propria sorte.
A mano a mano Soon-yi acquisisce dimestichezza col suo ruolo, e persino il comandante sembra apprezzare il tentativo del gruppo di farli sentire a casa.
Nella seconda parte della vicenda tutta la band cade in mano ai vietcong e si trova a doversi adattare a vivere in una buca scavata in un campo.
Ma la liberazione da parte di soldati americani che, in un primo momento li avevano scambiati per nemici, insinua lentamente nello spettatore il sospetto che non ci sia poi tutta questa armonia tra il contingente americano e quello coreano.
Da questo momento il cambio di registro della storia è talmente netto da richiedere un'analisi del vero messaggio del film. Il tono allegro e l'alone di condivisione lasciano il campo alla drammaticità della guerra e a quella più sottile della corruzione ad opera dei soldati americani.
I sentimenti antiamericani strisciano lentamente all'interno del racconto, insinuando un inquinamento della situazione dato non tanto dalla guerra in sé, quanto dalla differente visione del mondo che sembra decidere le azioni dei due contingenti. Alcune immagini emblematiche, come quelle dei soldi americani che il manager aveva inseguito per tutto il film, e che ci vengono mostrati sporchi di sangue, raccontano tutta un'altra storia, assai lontana dalle illusioni che hanno abitato la prima parte del film e i sentimenti dei coreani coinvolti. Soon-yi tenta a più riprese di mantenere la sua dignità, ma l'unico modo per raggiungere suo marito passa attraverso il potere del tenente americano. E lui non è poi così solidale con le motivazioni che animano Soon-yi e i suoi amici.
Il tutto è raccontato solo per immagini, le scene più potenti sono infatti quelle in cui nessuno parla. I soldi bruciati, o l'esibizione di Soon-yi per gli americani, danno l'idea del vero marciume della guerra, reso più evidente dal netto scarto tra il prima e il dopo l'incontro dei due contingenti.
E alla fine, quando lei incontrerà finalmente il suo uomo, la sua reazione e quella di lui sono ancora una volta delegate alle sole immagini. Immagini di un mondo che dopo essere passato attraverso la morte delle illlusioni, non sarà più quello di prima.
28/11/2008