Il giovane regista di origini scozzesi Kevin Macdonald, nipote di Emeric Pressburger e già autore di alcuni documentari, ritorna dietro la macchina da presa tre anni dopo "L'ultimo re di Scozia". E per farlo si trova a disposizione un cast a dir poco stellare, affiatato ed in stato di grazia: Russel Crowe, Helen Mirren, Jeff Daniels, Robin Wright Penn, Rachel McAdams e (con molte riserve) Ben Affleck. Senza dimenticare che la sceneggiatura è firmata, oltre che da Matthew Michael Carnahan ("Leoni per agnelli") e da Billy Ray (che ha scritto e diretto nel 2007 il thriller "Breach - L'infiltrato"
), anche da Tony Gilroy (autore della saga spionistica di
Jason Bourne e passato in cabina di regia con l'appassionante
"Michael Clayton"). E che il direttore della fotografia è un certo Rodrigo Prieto, "uomo di fiducia" di Iñárritu e collaboratore di Ang Lee nelle sue ultime fatiche cinematografiche, tanto da ricevere una candidatura agli Oscar nel 2006 (per
"I segreti di Brockeback Mountain") ed il Premio Osella per il miglior contributo tecnico nel film che nel 2007 vinse a Venezia.
Libera trasposizione sul grande schermo della miniserie televisiva creata da Paul Abbott e trasmessa dalla BBC nel 2003, "State of play" (niente sottotitolo/aggiunta/traduzione in italiano, per favore) condensa in 125 (intensi) minuti, le sei ore del materiale di partenza.
Aperto dalla sequenza notturna di un omicidio a Georgetown e, poco dopo, dalla tragica morte della giovane assistente/amante del deputato Stephen Collins (Ben Affleck), la pellicola di Macdonald si addentra subito in un avvincente intrigo, che arriva a coinvolgere le alte sfere dello Stato e che pare debitore di un certo cinema degli anni 70 (Lumet, Pollack, Pakula), tradendo anche una certa ispirazione hitchcockiana.
Cinema politico
in primis, "State of play" riesce nella non sempre facile impresa di coniugare intrattenimento ed impegno. Così regia e sceneggiatura sanno dosare sapientemente spettacolo e tensione (la scena nel garage, l'agguato nell'ospedale) con una riflessione, magari non così profonda, ma di certo lucida ed attuale, sul giornalismo e sui giochi di potere (e personali) degli uomini politici. E con una certa dose di ironia (gli screzi redazionali tra il veterano reporter del Washington Globe Cal McAffley/Russel Crowe ed il direttore Cameron Lynne/Helen Mirren), mette in luce un giornalismo che si trova ad un punto critico. McAffley è l'alfiere (appesantito, malconcio, disordinato, ma solido nei suoi principi) di un vecchio modo di concepire la carta stampata: taccuino e penna in tasca, contatti e "conoscenze" esterni, piste da seguire in prima persona sul campo. Il giornalismo rischia di essere schiacciato dalle nuove tecnologie, come i blog online (quelli gestiti, ad esempio, dalla giovane ed ingenua collega Della Frye/Rachel McAdams). Nonché di essere affossato da un mondo, quella della (fuga di) notizia(e), oramai troppo succube della corruzione, delle voci incontrollate ed in cui spesso sembra dover prevalere la spettacolarità dell'evento e non la verità.
Ulteriore punto cruciale di tutta la vicenda, con scelta vincente della sceneggiatura, è l'amicizia che lega sin dai tempi del college (erano compagni di stanza) Collins a McAffrey; amicizia in parte screziata da antichi dissapori e da una vecchia relazione che Cal ha avuto con la moglie del deputato (una fragile ed affascinante Robin Wright Penn). Perché ciò che muove inizialmente la vicenda è proprio la volontà del giornalista di aiutare il vecchio amico a risollevare la propria immagine, dopo la morte dell'amante nella metropolitana. Ma nel susseguirsi degli eventi sarà la spasmodica ricerca della verità a mettere in crisi proprio la loro amicizia. Perché scelte e decisioni discutibili (di entrambi) possono essere necessarie ed allo stesso tempo nascondere errori ed ipocrisie.
Troppi colpi di scena arricchiscono un po' frettolosamente il finale. Ma rimane comunque la sensazione di aver assistito ad un lavoro solido, compatto e ben costruito, in cui - a conti fatti - nessuno può dirsi davvero del tutto innocente.