Notevole esordio alla regia di Choi Kook-he, "Split" è una storia di riscatto e di rivincita, capace di toccare le corde dell'emotività e di conquistare dunque, con una certa facilità, il consenso e il piacere del pubblico.
Yoo Ji-tae, attore già da tempo affermato nel panorama cinematografico sud-coreano, che molti riconosceranno per aver interpretato la parte dell'antagonista nell'imprescindibile "Old Boy" di Park Chan-wook, è qui Chul-yong: ottimo giocatore di bowling con un passato da grande campione agonistico, costretto, dopo un grave incidente stradale, a ritirarsi dall'ambiente professionistico e a ripiegare nel giro amatoriale, dove, grazie all'appoggio della complice Hee-jin, si dedica a truffe sportive al fine di racimolare qualche facile mazzetta.
La sua routine cambierà nel momento in cui il suo destino si incrocerà con quello di Young-hoon, giovane ragazzo autistico con seri problemi comportamentali, che dimostra tuttavia una naturale predisposizione per il bowling: sarà assieme a lui che Chul-yong saprà riscattare la sua carriera e la sua vita, combattendo lo storico avversario Toad, il quale da tempo lo trattiene in uno stretto giogo finanziario.
Kook-he dimostra da subito una certa predisposizione per la facile retorica e per le dinamiche narrative hollywoodiane, che puntano sulla forza di ogni seconda possibilità, di ogni storia di riscatto, sfiorando di tanto in tanto la ruffianeria pur di accaparrarsi il ben volere dello spettatore. L'esposizione delle vicende si avvale dunque di ogni mezzo concesso per risvegliare la sensibilità della platea: un antagonista mosso non tanto da motivazioni razionali e da competitività sportiva, ma da una certa qual mefistofelica malvagità; il drammatico passato del protagonista, la cui moglie incinta morì durante l'incidente che ne troncò la carriera; ma soprattutto la malattia mentale del giovane Young-hoon che, oltre a svolgere un ruolo determinante nella costruzione dell'aspetto emotivo del film, adempie allo stesso tempo al ruolo comico, facilmente ottenibile dalla sceneggiatura tramite l'inserimento dei rigidi schemi mentali autistici all'interno di svariate situazioni quotidiane (la stessa tecnica utilizzata nel "Rain Man" di Barry Levinson"). Ma il protagonista delle vicende rimane indiscutibilmente Chul, di cui il giovane e bizzarro giocatore rimane il principale aiutante, rinunciando al quale si rinuncerebbe tuttavia al principale elemento di intenerimento del pubblico.
Nonostante la buona abilità registica dimostrata e nonostante la tensione che le sfide sportive riescono a creare; nonostante la dinamicità e la discreta capacità di intrattenere il pubblico; nonostante le numerose soluzioni stilistiche ricercate (come l'utilizzo dello split-screen, che non sembra casuale se si guarda al titolo della pellicola), il regista sud-coreano cade talvolta nella retorica più grossolana e di cattivo gusto, in particolar modo nel finale, in cui il doveroso lieto fine è sottolineato e marcato con ogni mezzo possibile e in cui l'eroicità del protagonista si tinge di un'irrealistica epicità.
Opera tutto sommato discreta, che sicuramente raccoglierà il favore di numerosi spettatori, "Split" rinuncia ai temi complessi e scomodi per accomodarsi nella facilità di una certa qual demagogia di stampo americano, il cui cinema (soprattutto nel genere del film sportivo) ha sempre fatto suo il momento della redenzione, come momento culminante e centrale della propria epica.
cast:
Yoo Ji-tae, Lee Jung-hyun, Lee Da-wit, Jeong Seong-hwa, Kwon Hae-hyo, Mun Yeong-su, Yang Dong Tak
regia:
Choi Kook-hee
durata:
130'