Fottiti tecnica, vaffanculo impianto! Comincia la festa
"Alla pietra", PGR
Gianni "Gipi" Pacinotti è noto per i fumetti. Molto meno per i film. Ma c'è una connessione fortissima fra il suo lavoro di fumettista e quello di regista. Gipi dice spesso di aver studiato ed essersi impegnato tantissimo per "disegnare bene" fino a metà anni novanta per poi liberarsi di tutto l'impianto tecnico e poter finalmente "disegnare male".
Ovviamente quella definizione è per lo più scherzosa, o meglio non corrisponde al vero. Gipi non disegna male, semplicemente disegna in maniera libera; si può dire che abbia introiettato tutte le regole a lui utili di tecnica per poterle ignorare. Così anche al cinema, in una carriera certo più breve e che, si spera, avrà ulteriori sviluppi. Gipi nel suo primo film, "
L'ultimo terrestre", "gira bene": si capisce lo sforzo per rientrare in certi canoni, si intravede la mano collettiva tipica del cinema. Da quel lavoro ne uscì un film molto buono, ignorato completamente dal pubblico, che si scostava sottilmente ma in maniera netta dal panorama italiano.
In "Smettere di fumare fumando" il regista decide deliberatamente di "girare male", di fare tutto da solo e con mezzi praticamente amatoriali per il cinema. Si dice che il film sia costato 350 euro (prezzo della GoPro con la quale gira quasi tutto, la Canon 5D, altra camera saggiamente utilizzata, immaginiamo fosse già di sua proprietà) il tutto in dieci giorni di riprese. Insomma, quello che potrebbero essere le tempistiche di un filmino delle vacanze. In tutto questo c'era anche una regola interna al lavoro, ogni giornata andava filmata, montata e musicata prima di quella successiva.
Il film infatti procede per capitoli, dal primo al decimo giorno. La trama semplicemente non esiste; Gipi decide di filmarsi dal giorno in cui smette di fumare in avanti, da due pacchetti di Camel blu a nemmeno una sigaretta. Il salto è enorme e tutto quello che succede è la conseguenza naturale di uno scompenso. Il delirio di un dipendente da nicotina che si vede mancare la terra sotto i piedi; per lo più è un delirio comico, da scemi, che diventa altro però.
Gipi mette in scena se stesso, ma paradossalmente diventa un personaggio del suo viaggio allucinato e la veridicità di quel che racconta svanisce a poco a poco. Gipi non è più Gipi, è il protagonista di una storia, è un personaggio di finzione. Quello che parte come una sorta di diario privato diventa una riflessione più ampia. In questo modo il film si apre e sconvolge: emerge tutta la bellezza, la riflessione sulle dipendenze, la capacità di costruire con materiale grezzo un processo filmico efficace.
C'è un passaggio che esplicita la libertà creativa : Gipi al telefono dice che il film è fatto solo per se stesso, come strumento per uscire dalla dipendenza. Non cerca un pubblico mentre gira, e quindi non ha vincoli di alcun genere. Infatti, così come è uscito in pochissimi festival, il film è sparito dalla circolazione. Mai distribuito, probabilmente per volere del regista stesso.
All'interno di una certa ottusità tutta critica durante il Torino Film Festival 30 ci si domandava se "Smettere di fumare fumando" fosse cinema. Quesito quanto mai ridicolo, come se il cinema fosse una questione meramente tecnica. Non solo è cinema quello di Gipi, ma un cinema potente tanto più perché povero nei mezzi. Un cinema ricco di idee che fa ridere (la scena dell'orso comprato all'Ikea su tutte "non c'è nessuna infanzia da ricordare, puppatemi la fava") e che ha una profondità proprio perché la evita, stemperando per esempio un dramma enorme ("siamo stupidi, possiamo scherzare su tutto" dice a un certo punto).
Il film nel suo procedere sfuma, svanisce, evapora. Non ha un finale proprio perché il viaggio allucinato dei primi giorni senza sigarette diventa semplicemente una vita normale. E lì Gipi preferisce glissare. Noi sentitamente ringraziamo.
15/11/2014