In "Monsoon Wedding" di Mira Nair l'attrice Tillotama Shome, al suo debutto cinematografico, interpretava una giovanissima domestica di nome Alice. Era timida e di pochissime parole, sognava coi film di Bollywood ma non era una sprovveduta; infatti, alla fine del carosello di vicende che caratterizzava la trama del Leone d'Oro di Venezia 2001, riusciva a coronare il suo sogno d'amore col simpatico ed eccentrico wedding planner. In "Sir", primo film di finzione per Rohena Gera (finora attiva come sceneggiatrice o documentarista), presentato a Cannes 2018, nella sezione "Settimana della Critica", e distribuito nelle nostre sale da Academy Two, Tillotama interpreta molti anni dopo un personaggio che potrebbe rappresentare una versione più matura di Alice. Ratna fa la domestica, è vedova, di poche parole, ma con la testa ben piantata sulle spalle. La sua storia agli spettatori italiani viene presentata come "Cenerentola a Mumbai" ma questo non va preso alla lettera perché di scarpette di cristallo, fate madrine, matrigne e sorellastre non si parlerà; ci potrebbe però essere un principe azzurro. Ashwin (protagonista di "Court" di Chatanya Tamhane, una delle rivelazioni di Venezia 2014), il giovane per cui Ratna lavora. Rampollo di una famiglia benestante, ha studiato in America ma è tornato a vivere in India dopo la morte del fratello. Ora lavora nell'impresa edile del padre e vive da scapolo benestante nel grande appartamento che si trova in un lussuoso quartiere di Mumbai vicino al mare. Della casa si prende cura Ratna, che a inizio film viene richiamata mentre sta trascorrendo qualche giorno nel villaggio natio, dove vive la sua famiglia, e in particolare l'amatissima sorella minore Choti, alla quale la protagonista paga gli studi, nella speranza che un domani possa avere qualche possibilità in più di quelle che ha avuto lei. Ratna, che viene descritta come una persona seria, generosa e discreta, deve tornare in città perché il previsto matrimonio di Ashwin, al quale lei si rivolge come si confà al suo rango con l’appellativo di Sir (signore), è andato a monte. Fra i due promessi sposi non c'era forse grande affetto (poco sorprende, visto che si trattava di un matrimonio combinato), ma a Rohena Gera questo non interessa più di tanto, visto che la fidanzata non appare neanche mai in scena, anche se si può considerare idealmente rappresentata da una tutta serie di ragazze (amiche, confidenti o anche partner di una sola notte) con le quali il protagonista maschile interagisce. Invece è il rapporto tra Ratna e Ashwin al centro della storia. A differenza dell'episodio di "Lust Stories" diretto da Zoya Akhtar anch’esso incentrato sul rapporto fra un datore di lavoro in procinto di sposarsi e la sua domestica, dove però i due sono legati da una relazione dove l'erotismo si sostituisce alle parole (la protagonista non pronuncia neanche una battuta), in "Sir" le dinamiche fra i due personaggi principali sono descritte al calor bianco e l’attrazione reciproca non sfocia mai in passione. La sceneggiatura, firmata dalla stessa regista, giustifica il (quasi) mancato idillio con le ancora insormontabili difficoltà di una relazione fra persone appartenenti a caste diverse (tema evidentemente ancora sentito nell'India odierna) e col fatto aggravante che Ratna è vedova, quindi una nuova unione per lei non è contemplabile (è vero che anche in tal senso la società indiana è oggi più aperta rispetto al passato, ma l'idea di un secondo matrimonio per una donna che ha perso il marito, specie nelle aree rurali, resta culturalmente poco accettabile). Del resto Ratna, che sogna in futuro di potere lavorare in una sartoria, non si fa illusioni riguardo ad una storia con Ashwin (quest'ultimo tutto è tranne che una persona che si approfitta di una donna pur non volendo rinunciare al sentimento che sta provando).
"Sir" in effetti non è un film che punta tutto sulla trama (gli eventi più drammatici restano rigorosamente fuori scena) ma si basa soprattutto sulla descrizione dei riti quotidiani che caratterizzano la vita della protagonista (gli altri domestici che lavorano nello stabile o che si intravedono durante il film aggiungono poco a livello drammatico ma servono a caratterizzare meglio il milieu cui Ratna appartiene). Non è un caso che alcuni recensori abbiano notato dei parallelismi col "Profumo della papaya verde", il film (anche quello risultato della combinazione di talenti asiatici e europei) che a inizio anni novanta rivelò il talento di Tran Anh Hung, e che ci mostrava come una ragazza bellissima e schiva riusciva a conquistare il cuore del giovanotto per cui lavorava e lo spettatore sostanzialmente prendendosi cura della di lui casa (anche se non mancano mai i detrattori quando si propone un cinema che non poggi su “sceneggiature di ferro”). Rohena Gera, pur potendo contare sulla fotografia di Dominique Colin, è meno interessata del collega vietnamita a sedurre il nostro sguardo con la bellezza delle immagini, confidando maggiormente sulla empatia che i suoi due personaggi suggeriscono allo spettatore. L'ultimo scambio telefonico nel quale Ratna si rivolge ad Ashwin chiamandolo finalmente per nome (e non più "Signore", come si confà nei confronti di un datore di lavoro) può essere interpretato come un’apertura positiva, anche se non sappiamo quale sarà il futuro dei due. Oltre a questo, fa piacere sottolineare che "Sir" si aggiunge all’elenco di opere recenti realizzate in India da registe donne (sia quando si parla di cinema autoriale, sia quando si pensa a quello di Bollywood, più commerciale), il cui numero è in deciso aumento rispetto al passato, e per il cinema indiano, uno dei poli produttivi più importanti del mondo, l'arrivo di queste nuove voci rappresenta un bel vento di cambiamento per tutte quelle società ancora reazionarie e patriarcali.
cast:
Tillotama Shome, Vivek Gomber, Divya Seth Shah, Geetanjali Kulkarni, Bhagyashree Pandit, Anupriya Goenka, Bachan Pachera
regia:
Rohena Gera
titolo originale:
Sir
distribuzione:
Academy Two
durata:
99'
produzione:
An Inkpot Films
sceneggiatura:
Rohena Gera
fotografia:
Dominique Colin
scenografie:
Parul Sondh
montaggio:
Jacques Comets
costumi:
Kimneineng Kipgen
musiche:
Pierre Avia