Zampaglione si richiama alle atmosfere dei film che ha amato durante l'adolescenza ma segue anche i nuovi sviluppi che il genere ha avuto negli ultimi anni, indica Dario Argento e Lamberto Bava come numi tutelari (a quanto pare è stato Argento a suggerirgli di girare in inglese) e tutti, colpiti dal rinnovato interesse per l'horror, lo applaudono. Ma è tutto oro quel che luccica?
Per chi scrive, "Shadow" si sviluppa su una grammatica elementare, con una partenza da tranquillo weekend di paura fino all'orrore metaforico di "Non aprite quella porta" e quello più grandguignolesco di "Hostel", garantendo nient'altro che schemi risaputi.
Da un'opera seconda, e prima prova nel genere, non si deve cercare a tutti i costi la riscrittura delle regole, "Shadow" è però manchevole soprattutto sotto il profilo della personalità: Zampaglione non dirige male, conosce evidentemente bene i territori che batte, ma accoglie in sé troppe anime diverse che, in una durata minimale (un'ora e un quarto), non forniscono al film una direzione precisa. Il trattamento dei caratteri e dei dialoghi, tutti tagliati con l'accetta, avrebbero avuto bisogno di maggior definizione, per non parlare della recitazione che, fatta esclusione per l'inquietante Nuot Arquint (Mortis), lascia molto a desiderare; il film finisce poi per smentirsi proprio nell'aspetto che premeva a Zampaglione, cioè nella costruzione metaforica: l'autore romano cerca l'orrore della mente e ha avuto l'intuizione di materializzarlo tramite uno spauracchio scheletrico e bianchissimo - che non a caso di nome fa Mortis - anfitrione nel bunker, terribile cimitero di cimeli nazisti (foto, abiti, strumenti vari) e di filmati che si perpetuano nel buio (come quello che vede David, seguendo la luce del proiettore, che lo porta davanti all'Hitler immortalato da Leni Riefenstahl). Dunque un passato che ritorna e ci tortura, una memoria che ci schiaccia e ci tormenta: peccato che scegliendo di spiazzare il pubblico, questo apparato di segni e simboli non trovi nessi che li connetta, se non il pretenzioso twist ending a cui forse è dato anche il compito di spiegare le lacune della sceneggiatura.
Le idee che si intravedono fanno ben sperare per il futuro, ma per dichiarare che l'horror italiano è rinato, è meglio aspettare il prossimo film, magari più maturo e più coraggioso.
cast:
Jake Muxworthy, Nuot Arquint, Karina Testa, Ottaviano Blitch, Chris Coppola
regia:
Federico Zampaglione
distribuzione:
Ellemme Group distribution
durata:
75'
produzione:
Blu Cinematografica; Massimo Ferrero
sceneggiatura:
Federico Zampaglione; Domenico Zampaglione; Giacomo Gensini
fotografia:
Marco Bassano
montaggio:
Eric Strand
musiche:
The Alvarius; Francesco Zampaglione