Allungato sul tavolo, il profilo di Céline (l'eccellente Valentina Carnelutti) luccica tracciando una curva soffice, malinconica. L'ennesima storia sbagliata si è appena conclusa con un altro uomo in fuga dietro la porta e le lacrime soffocate nella penombra della cucina. Promettente attrice italo-francese, la trentenne scivola, tra sorrisi e soave inquietudine, da un ricevimento a un corso di danza, dall'ex marito alla scuola elementare della figlia attraversando una Roma (sugg)estiva, autentica, baciata da una luce intensa o sfuggente, umorale.
Dietro una curva, sul marciapiede opposto, dentro un ristorante o per un pugno di secondi di scarto, l'itinerario di Paolo (Angelo Orlando), un quarantenne fotografo, mite, ambiguo e disordinato, sfiora ripetutamente la giovane senza mai incrociarla: invisibile, costante presenza sempre mancata per un soffio di scirocco. Una sera, però, il caso stringe le loro traiettorie davanti il portone di un lussuoso palazzo e quando l'amore sembra finalmente distendersi, i due si allontanano di nuovo. Ma forse non tutto è perduto.
Il terzo film di Angelo Orlando, poliedrico artista salernitano (cabaret, teatro, letteratura, poesia...) trova faticosamente la via della distribuzione, seppur essenziale e autonoma, dopo ben tre anni. Curioso, ingiusto, comune destino dell'odierna cinematografia italiana non allineata, nonostante i riconoscimenti internazionali che, sempre più spesso, piovono su tali opere (in questo caso: Shangai, Bangkok, Tolosa, Mons, Roma).
Scritto in collaborazione con la stessa Carnelutti (ex compagna del regista), il soggetto di questa commedia agrodolce riflette un'urgenza comunicativa sincera, il desiderio di illuminare la confusa leggerezza che, spesso, circonda i quotidiani rapporti amorosi. Incapaci di riconoscere ciò che afferiamo e soprattutto di amare completamente e senza paura, ci nascondiamo dietro effimere maschere che non compromettano alcuna possibilità di eventuale fuga. Talora, però, l'amore è più ostinato e ci costringe a fare davvero i conti con i nostri sentimenti.
Se la messa in scena rispetta efficacemente le premesse, grazie anche a un insinuante tema musicale
ambient ("Behind the glass" di Saro Cosentino, affidato alla splendida voce dell'australiana Karen Eden) che sostiene ed enfatizza i punti-chiave, la sceneggiatura mostra qualche piccola ombra, perché pecca di eccessivo pudore limitandosi a illustrare il disagio senza mai "sporcare" la pellicola. L'indifferenza verso i personaggi suona, così, un po' stridente, stonata. Lelouch (citato esplicitamente), Sautet e Rohmer, dichiarate fonti d'ispirazione, non sembrano tanto adiacenti quanto le parole di Orlando avrebbero voluto suggerire.
11/05/2009