Lo sguardo di Radu Jude è sempre rivolto al passato. Si muove libero nell'ultrapresente, ma non smette di scavare nel solco di quello che è stato. E proprio come aveva fatto nel precedente "Uppercase Print" – storia vera del liceale Mugur Calinescu perseguitato fino al suicidio dalla Securitate che non gli aveva mai perdonato alcune scritte sui muri della città inneggianti alla libertà, alla democrazia e alla loro assenza ingiustificata – traduce le (grottesche) vicissitudini individuali in una (dolente) parabola umana che a ben vedere riguarda ognuno di noi. La malcapitata di turno stavolta è Emilia Cilibiu, stimata professoressa messa alla berlina dopo che un video privato in cui ha rapporti sessuali col suo compagno diventa virale su internet.
Il film si apre esattamente nel punto in cui la reputazione di Emilia va in frantumi, ovvero nel cuore del video hard e delle sue naturali manifestazioni. Un prologo di tre minuti scarsi in cui nulla viene risparmiato allo spettatore: siamo al centro di una performance da PornHub sfacciatamente amatoriale. Da qui, con una struttura divisa in tre episodi e un esodo (a sua volta tripartito) "Sesso sfortunato o follie porno" - vincitore dell'ultimo Orso d'oro a Berlino - ci porta nel cuore della giornata decisiva di Emilia, quella in cui dovrà difendersi dagli attacchi di chi non la ritiene più nella posizione di poter ricoprire un incarico di responsabilità nella società.
Radu Jude immerge la sua storia nella pandemia, non nasconde quello che il mondo è diventato, ma se possibile lo passa in rassegna mostrando quanto sia peggiorato. Il Covid19 non ci ha resi migliori, più disponibili verso gli altri, ma ha solo messo un bavaglio al rancore. La strada è a senso unico, come recita il cartello del primo capitolo, e occorre andare avanti nonostante tutto. Emilia non fa che camminare, un lungo movimento "da" e "verso" che sarebbe piaciuto a De Sica e Zavattini, e camminando presta il suo passo a una indagine sulla società che la circonda, sul mondo che scintilla fuori da sé. Continuamente la mdp di Jude intercetta il passaggio di Emi, l'accompagna per un breve tratto e poi si sgancia per aprirsi alla Romania di oggi con ampie panoramiche che danno lustro all'enorme ipermercato a cielo aperto che accudisce il nostro sguardo e i nostri desideri. Una simbologia da occasione che non si può rifiutare, da mordi e fuggi, che non ha altro significato che quello descritto dalle immagini scintillanti e dalla frasi roboanti che sbatte in faccia. Le vetrine traboccanti sono promesse d'altrove ("Penso che ladybug sia reale"), mentre il qui e ora ci dice che non si è più nemmeno nel diritto di camminare lungo un marciapiede perché qualcuno ha deciso di farne il parcheggio del proprio Suv.
Chi sono allora i giudici del presunto reato di Emi? O, più precisamente, in quale modello di società esercitano la loro morale? Tra le parole e la messa in pratica; tra l'etimologia di un termine e l'atto che da esso scaturisce, esiste una sconnessione che il secondo capitolo ("Breve dizionario di aneddoti, sogni e prodigi") alimenta attraverso un dizionario di parole chiave le cui definizioni universali – riportate in sovraimpressione – sono continuamente sconfessate dalle immagini che si srotolano davanti ai nostri occhi, andando a comporre uno straordinario quadro di tradimento e mistificazione. La verità è soltanto un riflesso distorto che, come lo scudo lucido di Atena nel mito di Perseo e della Medusa, ci impedisce di cogliere l'orrore perché c'è sempre una paura accecante che ci blocca. Per prendere coscienza della verità dobbiamo aspettare e confidare in una visione futura che sappia riprodurne l'effetto.
Ed ecco che "Sesso sfortunato o follie porno" disvela la propria natura d'apologo sull'immagine e sul piacere/bisogno del suo fraintendimento, sulla necessità di renderla qualcosa d'altro – sempre in senso deteriore – nascondendosi dietro il suo significato originario. La Casa del Popolo era la casa di Ceausescu, la Repubblica Socialista era una dittatura, la facciata del palazzo ospitava la propria nemesi. Uno scollamento irrecuperabile se non ci fosse il Cinema, ci dice Jude, a tentare un riequilibrio, come nella terza e ultima parte del film quando Emilia entra – ormai sta scendendo la sera – nel giardino della villa in cui il tribunale del popolo già schierato si prepara a farne carne da macello.
In una cornice naif di persone/personaggi caratterizzati da un'incrollabile fede nel proprio ruolo (ognuno indossa la divisa ufficiale della categoria che rappresenta) è avvenuta l'ultima prevaricazione umana. Il video privato di Emi, moltiplicato dalle spire dell'internet, non le appartiene più. Viene mostrato dalla madre di un'alunna per reiterare le accuse senza che l'insegnante abbia la forza di chiedere che la gogna non sia rinnovata. Tutti devono vedere perché tutti devono sapere: un semplice atto sessuale, quello che ognuno di noi compie naturalmente per poi naturalmente girarsi dall'altra parte e mettersi a dormire, è la minaccia mostruosa di un imminente attacco alla libertà e alla sicurezza delle prossime generazioni. La dittatura è sanitaria; il sesso non può in nessun caso essere amore, semmai morte. Non resta che mettere ai voti la permanenza di Emilia nel consesso degli uomini e accettare l'implacabile voce della maggioranza. Ci si può salvare oppure no. In ogni caso si deve abbassare la testa. A meno di non trovare la forza di trasformarsi in supereroi senza macchia e senza paura (chi di fellatio ferisce di fellatio perisce).
cast:
Katia Pascariu, Claudia Ieremia, Olimpia Malai, Nicodim Ungureanu
regia:
Radu Jude
titolo originale:
Babardeală cu bucluc sau porno balamuc
distribuzione:
Lucky Red
durata:
106'
produzione:
Paul Thiltges Distributions, Kinorama, Endorfilm
sceneggiatura:
Radu Jude
fotografia:
Marius Pandutu
scenografie:
Cristian Niculescu
montaggio:
Catalin Cristutiu
costumi:
Ciresica Cuciuc
musiche:
Jura Ferina, Pavao Miholjevic