Se c'è una cosa che odio sono i film. Non me li nominate nemmeno. (Holden Caulfield)
Uno dei film preferiti di Jerome David Salinger era "Lost Horizon" di Frank Capra, "Orizzonte perduto" ovvero Shangri-La, un luogo dove non si invecchia. La miglior interpretazione di "The Catcher in the Rye" l'intraducibile titolo del capolavoro di Salinger (semplificato in "Il giovane Holden") immagina un gruppo di bambini rincorrersi in mezzo a un campo di segale(rye) sull'orlo di un dirupo, mentre Salinger (the catcher) cerca di acchiapparli e salvarli così dalla corruzione, prima che finiscano nel dirupo dell'età adulta.
Anche se il giovane Holden Caulfield ribadisce il suo disgusto verso tutti i film senza distinzione ("Odio i film come il veleno, ma mi diverto un mondo a imitarli") Salinger fu un appassionato di cinema e a mio parere uno degli scrittori più cinematografici del ‘900.
Probabilmente è stato "My Foolish Heart" ("Questo mio folle cuore") di Mark Robson, troppo liberamente ispirato al racconto "Lo zio Wiggily nel Connecticut" che ha turbato Salinger al punto di ripudiare Hollywood e ogni proposta (da Billy Wilder a Elia Kazan a Jerry Lewis) di girare "Il giovane Holden", fino addirittura a creare nel 2008 una fondazione, la "J.D. Salinger Literary Trust", che tenesse lontani registi e produttori anche dopo la sua morte.
Quando nel 1951 uscì "Il giovane Holden" l'America ne fu travolta. Nessuno aveva mai osato prima schierarsi in modo così aperto contro la società americana; attraverso la voce di un adolescente Salinger si scaglia contro il potere costituito, contro i genitori, la scuola, il benessere, l'avidità, l'America è come un grande centro commerciale e Holden un giovane che vede oltre le vetrine, attraverso la merce esposta, il suo sguardo penetra nei retrobottega e ci mostra il disordine, o più semplicemente un altro ordine delle cose. Il linguaggio ironico, innocente e cinico, giovane eppure vissuto, è un linguaggio che si rivolge a tutti e a ognuno in particolare. Holden vive, è una creatura vivente. Il lettore non può che immedesimarsi e instaurare - il passo è breve - una specie di dialogo interiore ed esclusivo con l'autore. Fino al parossismo, se è vero che molto si è discusso del legame fra il romanzo e almeno tre episodi di cronaca nera (su tutti l'omicidio di John Lennon) quando l'assassino (Chapman) ha celebrato trionfalmente "Il giovane Holden" come una guida contro l'ipocrisia del mondo. Ma al di là di inquietanti casi limite, il romanzo di Salinger resta un libro rivoluzionario nel senso più puro, dove i bambini rappresentano il riscatto dalle convenzioni sociali. Fa un certo effetto vedere Philip Seymour Hoffmann (il documentario è del 2013) confessare di essergli stato riconoscente - a Salinger - e una volta finito il romanzo, aver subito provato il desiderio di volerlo incontrare. Quasi una citazione di uno dei pensieri più celebri di Holden, a proposito dei suoi scrittori preferiti : "Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira."
Anche Salinger fu travolto dal successo. Chiese che la sua foto venisse rimossa dal risvolto di copertina e dal retro dei libri. Pensava che la gente non dovesse sapere niente di personale di un autore. Dopo molti anni di incubazione "Il giovane Holden" diventa patrimonio pubblico e malgrado i suoi intenti ("a good book, non just a best seller") Salinger ha ragione solo a metà: il libro è più che buono ma vende milioni di copie e ancora oggi se ne vendono circa 250mila all'anno. Shane Salerno pone "Il Giovane Holden" al centro del suo documentario, proprio perché rappresenta il motivo che spinse Salinger a lasciare New York (1953)e ritirarsi a Cornish, sulle montagne del New Hampshire, lontano dai riflettori e sempre più restio a ogni contatto umano, soprattutto quando negli anni 60 il romanzo divenne oggetto di un vero e proprio culto di massa (l'ultimo racconto pubblicato, sul New Yorker, è del 1965; l'ultima intervista rilasciata al telefono nel 1974). Negli ultimi anni di vita Salinger diventa una figura quasi mitologica, qualche avvistamento immortalato col teleobiettivo (come quello alle poste, che apre il documentario) serve a placare gli occhi ma non il mistero. "Il tuo problema Joyce, è che ami il mondo" si spiegava Salinger, in modo indiretto, alla compagna Joyce Maynard. Seymour Hoffmann con un sorriso dichiara: "io lo capisco". La chiave del mistero di Salinger sta proprio nel comprendere come un uomo possa rinunciare al successo, quando chiunque rinuncerebbe anche a se stesso per ottenerlo.
Il documentario alterna due parti ben distinte fra loro: una che parte dalle foto scattate a un vecchio Salinger, presso l'ufficio postale di una cittadina nel Vermont, e ripercorre le fasi del suo progressivo isolamento; l'altra che invece racconta la vita di Salinger in ordine cronologico, dalla sua infanzia in collegio fino al successo de "Il giovane Holden", "I nove racconti" e poi "Franny e Zooey" e la "saga" della famiglia Glass. La narrazione alterna filmati (tra cui un inedito dell'agosto del 1944) e fotografie (che talvolta eccedono nel loro compito didascalico) ai contributi di circa 150 persone che hanno conosciuto Salinger o che condividono per lui la stessa passione: le testimonianze dei figli Matt e Margaret, dell'amico editore William Maxwell, di Jean Miller (ispiratrice di "Per Esmé") e Joyce Manards, le interviste di celebrità - oltre al già citato Seymour Hoffman - come gli attori Martin Sheen, Edward Norton, John Cusack, gli scrittori Tom Wolfe, Gore Vidal, Elizabeth Frank e A. Scott Berg.
L'evento che ha maggiormente segnato la vita di Salinger è stata la seconda guerra mondiale ("La seconda guerra mondiale ha fatto di Salinger, Salinger" - "Come la guerra civile ci ha dato Twain e Whitman, la seconda guerra mondiale ci ha dato Salinger"). Inizialmente rifiutato dai medici dell'esercito, Salinger viene infine arruolato nel controspionaggio, ovvero incaricato di reperire più informazioni possibili riguardo il territorio dove si muovevano le truppe.
Il fantasma della guerra comparirà in tutte le sue opere successive e lo perseguiterà l'incubo che sorprese i soldati americani a Dachau: i corpi ammassati, i prigionieri bruciati vivi nelle baracche. Come molti suoi commilitoni, anche Salinger sarà ricoverato dopo la guerra per esaurimento nervoso. Le immagini si riavvolgono (il campo di concentramento, i bombardamenti, lo sbarco in Normandia) ripercorrendo a ritroso le immagini della guerra.
La foto in basso al centro, scattata da Paul Fitzgerald (compagno di Salinger nel Corpo Antispionaggio e uno dei pochi che resterà sempre in contatto con lui) è l'unica che ritrae lo scrittore alle prese con "Il giovane Holden". Durante il "D-Day" portava con sé i primi sei capitoli e vien spontaneo pensare, senza voler anteporre l'opera all'essere umano, che sarebbe bastato nulla e "Il giovane Holden" non sarebbe mai esistito.
Per importanza e capacità di influenzare - nel bene e nel male - la vita di un uomo, le donne, vengono dopo soltanto alla guerra. Salinger subisce il primo colpo (tradimento) proprio al fronte, e ad infliggerglielo è Oona O'Neill, figlia del premio Nobel per la letteratura Eugene O'Neill, ragazza bellissima e brillantissima, che a un certo punto interrompe la corrispondenza con Salinger e si sposa con Charlie Chaplin.
Dopo la guerra Salinger lavora come una sorta di investigatore in uniforme incaricato di scovare nazisti e collaborazionisti e in Germania sposa in gran segreto una ragazza che era stata iscritta al partito nazista. Una mossa decisamente contraria sia alla morale che alla legge americana, che all'epoca vietava ai soldati di unirsi con ragazze tedesche. Un mese dopo essersi trasferiti in America, Salinger ottenne l'annullamento del matrimonio per inganno. Nel 1949 Salinger conosce Jean Miller, che al tempo ha 14 anni (Salinger ne ha 30) e ha inizio una storia che supererà con fatica e per brevissimo tempo la soglia platonica. Seguirà il matrimonio con Claire, da cui avrà due figli (Matt e Margaret) e un divorzio; altre storie, altre compagne, più giovani di lui, ma nessuna all'altezza della sua idea di perfezione. "L'idea di Salinger della perfezione, era la perfezione" (Maxwell).
Il primo gennaio del 1948 (il giorno del suo 29° compleanno) Salinger pubblica "Un giorno ideale per i pesci banana" ("Bananafish") il suo primo racconto dopo la guerra e soprattutto, dopo anni e anni e svariati rifiuti, riesce a pubblicare il suo primo racconto sul New Yorker. Sarà l'inizio di un'intensa collaborazione, che culminerà con la pubblicazione de "Il giovane Holden" e andrà avanti, ancora, fino al 1965. Poi l'isolamento, forse "un ottimo sistema per tenere le pubbliche relazioni", di certo un amplificatore del mistero.
Shane Salerno si è serbato il colpo ad effetto per il gran finale.
Pare che Salinger abbia continuato a scrivere assiduamente, pur senza pubblicare. Che abbia segnato le sue opere di rosso o verde, a seconda che fossero da rivedere o pronte per essere pubblicate. Dal 2015 al 2020 Salinger tornerà in libreria, con una serie di inediti: un romanzo in forma di diario di controspionaggio, una storia d'amore durante la seconda guerra mondiale, un manuale religioso, una cronistoria dettagliata della famiglia Glass e pare persino che tornerà anche il giovane Holden Caulfield. Come se mai se ne fosse andato.
cast:
Gore Vidal, Jean Miller, Joyce Maynard, A. Scott Berg, Elizabeth Frank, Tom Wolfe, Martin Sheen, John Cusack, Edward Norton, Philip Seymour Hoffman
regia:
Shane Salerno
titolo originale:
Salinger
distribuzione:
The Weinstein Company, Nexo Digital, Feltrinelli
durata:
120'
produzione:
The Story Factory
sceneggiatura:
Shane Salerno
fotografia:
Anthony Savini, Buddy Squires
montaggio:
Jeffrey Doe, Regis Kimble, Sabine Krayenbuhl, Langdon Page
musiche:
Lorne Balfe
Shane Salerno ripercorre la vita di J. D. Salinger attraverso un documentario che assembla fotografie, filmati e interviste inedite a circa 150 persone che hanno conosciuto personalmente Salinger o che si sono appassionati alla sua opera. Dall’infanzia in collegio, alle prime pubblicazioni su riviste, alla pubblicazione nel 1951 de “Il giovane Holden” un capolavoro divenuto “culto” negli anni 60. Profondamente turbato dal successo, Salinger abbandona New York e si ritira, in modo definitivo dal 1965 in poi, a Cornish, sulle montagne del New Hampshire, alimentando un mistero che non ha trovato pace neppure con la sua morte, il 27 gennaio 2010.