Se lo spunto del film è poco più che un pretesto per ritornare al punto di partenza, con la corrispondenza tra la diversità proposta dai costumi del paese straniero a funzionare come stimolo per riscrivere le regole della propria esistenza, "Rompicapo a New York" rappresenta l'ultimo atto di una trasformazione, che ha visto Klapisch riciclare i temi portanti della sua poetica all'interno di una confezione da cinema d'esportazione, pronta a sacrificare il minimalismo narrativo e il gusto naïf dei primi film (Ognuno cerca il suo gatto) a favore di una correttezza politica e di un'empatia di facile presa. Così è infatti l'affinità e la condivisione che si respira nel corso del film, con questioni importanti come quella della fecondazione assistita, introdotta dalla decisione del protagonista di donare all'amica lesbica il seme che le consentirà di avere un figlio, soffocati dal lusso patinato e modaiolo degli interni radical chic e finto bohémien, così come dagli status symbol di una promozione sociale a cui nessuno, nonostante tutto, vuole rinunciare. Normalizzato da un paesaggio che sembra uscito dal catalogo di un'agenzia di viaggi e da una sceneggiatura che non riesce ad andare da nessuna parte, il vitalismo dei personaggi rimane imbrigliato nell'opportunismo della messinscena, lasciando la sensazione di un prodotto che ha da tempo oltrepassato la data di scadenza
cast:
Romain Duris, Cécile de France, Audrey Tautou, Kelly Reilly
regia:
Cédric Kaplish
distribuzione:
Academy Two
durata:
117'
produzione:
Opposite Field Pictures, Belgacom, Ce Qui Me Meut Motion Pictures
sceneggiatura:
Cédric Klapisch
fotografia:
Natasha Braier
musiche:
Christophe Minck