A ben due anni di distanza dall'uscita internazionale e dall'anteprima al Festival di Roma, approda in sala "Romeo & Juliet", ovvero l'alternativa romantica ai pruriti sado-maso di "50 sfumature" per l'imminente San Valentino cinematografico.
Questa volta, l'onere dell'ennesimo adattamento è toccato al regista di solido mestiere Carlo Carlei e, soprattutto, alla penna posh dello sceneggiatore Julian Fellowes. Memori della lezione di Zeffirelli, i due hanno deciso di tornare a girare nelle location dove è ambientata effettivamente la celebre tragedia shakespeariana e hanno reclutato due interpreti adolescenti di buon nome (e bella faccia) per dare vita a un "Romeo e Giulietta" (pardon, "Romeo & Juliet") accademico e magniloquente, che pure non rinuncia a strizzare l'occhio a un pubblico di teenager.
Nulla a che vedere con l'estrosa operazione di riscrittura di Baz Luhrmann, dunque. Al contrario, l'ambizione dichiarata dagli autori stessi pare essere quella di avvicinare un pubblico giovane (o giovanilistico?) alla solennità della tradizione e alla poesia del testo originale, dimenticando però che inevitabilmente, come si dice, tradurre significa tradire. Così, nonostante i nobili propositi, questo "Romeo & Juliet" ampolloso e declamatorio sembra realizzato più per appassionare frigide maestrine di inglese, piuttosto che infiammare gli animi di studenti pubescenti.
La sceneggiatura, infatti, non riesce a trovare un valido compromesso tra rigore filologico ed esigenze commerciali: sebbene si sforzi di rimanere fedele alle parole del Bardo, è costretta a piegarsi malamente alle logiche (e ai tempi) del mercato cinematografico mainstream, col risultato di inanellare frettolosamente, uno dopo l'altro, scene topiche e dialoghi celeberrimi. L'effetto, piuttosto goffo, è da recita oratoriale. Strano davvero che responsabile di questo insipido e precipitoso carosello sia Julian Fellowes, premio Oscar per "Gosford Park" e creatore della blasonata serie tv "Downtown Abby": come dire, uno che di period movie e di racconti "affollati" dovrebbe intendersene.
A poco giova la ricostruzione solenne e accuratissima, tra broccati preziosi, palazzi rinascimentali e ambientazioni ineccepibili, con scorci polverosi di Mantova e Verona. E poco può anche il ricco cast, imbrigliato in questa sorta di bigino senza nerbo. I volenterosi protagonisti Hailee Stainfeld (ha grazia e freschezza, talento meno) e Douglas Booth (molto, troppo bello) si producono in innumerevoli primi piani sognanti e danno vita a due amanti sfortunati sì, ma senza troppi tormenti. Va meglio nel reparto adulti, con i veterani Paul Giamatti (Frate Lorenzo) e Lesley Manville (la Nutrice) impegnati a nobilitare con qualche cangiante sfumatura personaggi troppo spesso "di servizio".
Si aggiunga infine, a completare il disastro, che la pellicola è prodotta dalla Swarovski Entertainment, neonata divisione aziendale del celebre marchio di cristalli e bigiotteria che sembra perseguire indefessamente il medesimo cattivo gusto. La vetta si tocca verso il finale, quando, in una rivisitazione irriverente della Pietà michelangiolesca, Giulietta tiene in ventre il suo Romeo moribondo e viene (retro)illuminata da una luce abbacinante che moltiplica i riflessi di finestre e candele. Francamente troppo per la vista del povero Fra Lorenzo, che si accascia contro una colonna. Figurarsi per lo spettatore.
cast:
Hailee Steinfeld, Douglas Booth, Paul Giamatti, Lesley Manville, Ed Westwick, Kodi Smit-McPhee, Damian Lewis, Laura Morante, Natascha McElhone, Stellan Skarsgård
regia:
Carlo Carlei
distribuzione:
Good Films
durata:
118'
produzione:
Amber Entertainment, Swarovski Entertainment
sceneggiatura:
Julian Fellowes
fotografia:
David Tattersall
scenografie:
Tonino Zera
costumi:
Carlo Poggioli
musiche:
Abel Korzeniowski