Ondacinema

4.5/10

Daniele Ciprì realizza un documentario scritto e diretto insieme ai due protagonisti: Roberto D'Agostino e Marco Giusti vengono filmati camminando per le vie notturne del centro storico capitolino, oppure sono ripresi mentre chiacchierano amabilmente in un bar o su un magnifico terrazzo romano con uno dei tanti personaggi intervistati appartenenti al jet set del mondo dello spettacolo italiano. Carlo Verdone, Sandra Milo, Vladimir Luxuria ed Enrico Vanzina sono solo alcune dei numerosi talking heads che compaiono in questo lungometraggio e che raccontano brevi e autosufficienti aneddoti, legati unicamente dal contenuto volto a dipingere il quadro della scena underground e trasgressiva della città di Roma. Le interviste costituiscono l'asse portante del film e sono intervallate da varie tipologie di riprese: fotografie e filmati d'epoca finalizzati a illustrare ciò che viene raccontato (come i ritratti di Verdone in bianco e nero o le riprese che testimoniano le serate del locale "Muccassassina", raccontate da Luxuria, o del "Piper" durante gli anni Sessanta e Settanta); varie tipologie di riprese (da quelle aeree dedicate al centro storico della capitale, ai campi lunghi e lunghissimi che ritraggono le vie più iconiche della città eterna) che segnalano il passaggio da un racconto a un altro, svolgendo quindi il ruolo di demarcatori fra i "capitoli" del film.

Il termine intervista, tuttavia, è posto a sproposito dato che D'Agostino e Giusti si limitano ad ascoltare i brevi racconti e gli aneddoti proferiti dai vari personaggi che incontrano: annuendo divertiti, non cercano minimamente il contraddittorio o quantomeno l'approfondimento delle ragioni e delle verità narrate da chi hanno di fronte. Soprattutto, si mostrano appagati dal contenuto ascoltato, in particolare quando questo ha a che fare con un vago concetto di ribellione o di trasgressione, che durante il film viene via via declinato in locali gay-friendly, in aneddoti aventi a oggetto il salace e a tratti scabroso umorismo romano, in serate riguardanti cene con Berlusconi, in lunghe notte dedite all'alcool e alla baldoria come quelle raccontate da Ceccherini, oppure in night club in cui si praticano orge.

A ben vedere, a emergere durante la visione non è un fantomatico spirito trasgressivo ma, con fastidio crescente per lo spettatore, unicamente il senso del cattivo gusto e del kitsch. Quello che Ciprì, Giusti e a D'Agostino volevano forse trasmettere è il quadro di una città e, di riflesso, dell'intera società italiana, in perenne bilico fra la grandezza e la miseria, cioè fra (come suggerisce il titolo) la santità e la dannazione. Tutto ciò viene testimoniato dall'intermezzo dedicato al film "Roma" di Federico Fellini, da cui viene estrapolato il piccolo brano che vede la macchina da presa seguire Anna Magnani e, in fuori campo, si sente la voce del grande regista esclamare "Una Roma vista come lupa e vestale, aristocratica e stracciona", cioè altre coppie di aggettivi antinomici che descrivono il concetto, annacquato perché risalente a molto prima la pellicola citata datata 1972, che dovrebbero descrivere l'intento finale del lungometraggio. Purtroppo, chi scrive si sente di sottolineare solo i secondi aggettivi delle coppie antinomiche riportate, dato che il film si riduce a niente altro che a una carrellata di luoghi comuni vecchi e stravecchi, oltre che totalmente inadatti a descrivere il reale: Roma (e quindi l'intera Italia) è descritta come un enorme caleidoscopio diviso fra perbenismo cattolico e trasgressione sotterranea, pulsante di indomito vigore alternativo e animato da uno spirito mordace e incancellabile.

Stupidaggini: nell'epoca delle narrazioni deboli e debolissime, nel periodo storico in cui è de facto impossibile raccontare qualcosa riguardante la realtà, cioè realizzare un atto enunciativo forte, pronunciato da una voce che si prenda la responsabilità di delineare una schema, un pattern, un qualcosa capace di sintetizzare e rendere intellegibile la complessità del reale, ecco che la scappatoia diventa ancorarsi al racconto stereotipato, alla banalità delle contrapposizioni manichee e alla vecchia immagine del romano smargiasso estesa a tutta la nazione. Siamo nell'epoca in cui la narrazione (stereotipata, frammentata, ridotta a icona facilmente riconoscibile) ha definitivamente sostituito il reale e il tentativo di indagarlo. Al documentario, ovvero alla forma filmica adibita alla conoscenza e all'indagine della realtà, è subentrata la passeggiata notturna fra bar e la chiacchiera che sconfina nel pettegolezzo.

Tuttavia, rimane più di un dubbio: Daniele Ciprì è un grande e stimato regista che è stato capace di creare uno dei massimi capolavori italiani degli anni Novanta, "Cinico TV"; mentre D'Agostino, il vero protagonista di questo film, è un giornalista affermato e da sempre famoso per il suo carattere istrionico. Siamo di fronte a un voluto cortocircuito del racconto sottilmente dissimulato dagli autori di questo lungometraggio? Forse, "Roma, santa e dannata" mette volutamente in scena il paradosso del tentativo odierno di raccontare il reale, avvalendosi di narratori (i vari talking heads) volutamente sopra le righe che colloquiano con degli intervistatori altrettanto istrionici e, per questo, inattendibili.


06/12/2023

Cast e credits

cast:
Roberto D Agostino, Marco Giusti, Carlo Verdone, Vladimir Luxuria


regia:
Marco Giusti, Roberto D Agostino, Daniele Ciprì


distribuzione:
Altre Storie


durata:
91'


sceneggiatura:
Roberto D'Agostino, Marco Giusti


Trama
Roberto D'Agostino e Marco Giusti passeggiano per la città eterna gustando i racconti capitolini di vari personaggi del mondo dello spettacolo italiano.